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Le fonti di polizia consentono di ricostruire l’universo del socialismo di epoca liberale a Bologna, dove tra il 1872 al 1913 vengono schedati 700 socialisti, per lo più appartenenti alle classi sociali più umili. Tra i soprusi subiti per opera della polizia, comune era l’esperienza del carcere. La strategia dello Stato liberale era quella di declassare l’opposizione politica a delinquenza comune, adoperando i delitti contro l’ordine pubblico che, senza connotare politicamente i reati, colpivano con efficacia le libertà di pensiero e di espressione. Il contributo più originale della fonte sta nella possibilità di indagare le categorie interpretative e l’universo mentale degli agenti di Pubblica sicurezza che giudicavano sulla pericolosità dei socialisti: ad essere temuta era la capacità di partecipazione alla vita pubblica, e per questo si voleva imporre uno stile di vita in cui prevalesse l’ambito privato. Vengono così delineati i luoghi comuni sul socialista “medio”, con attenzione al carattere di ambiguità proprio di ogni pregiudizio, compreso quello circa la subordinarietà della donna.

Parole chiave: socialismo, Stato liberale (1872-1913), ordine pubblico, Pubblica sicurezza, donna

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