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Claudia Giuliani

Il carteggio Pepoli nelle Carte Farini presso la Biblioteca Classense di Ravenna*

Le Carte Farini, ampio complesso documentario che raccoglie l’archivio di Luigi Carlo Farini (1812-1866) nella Biblioteca Classense di Ravenna, hanno sempre goduto di interesse e considerazione da parte del mondo della ricerca, in virtù del prestigio del grande uomo politico romagnolo che rivestì ruoli primari nelle varie fasi della battaglia risorgimentale, ricoprì incarichi di primo piano nello Stato pontificio a ridosso della vicenda della Repubblica romana, per divenire in seguito ministro del Piemonte, consigliere di Cavour, dittatore dell’Emilia, ministro del Regno, luogotenente del re a Napoli, fino a raggiungere la carica di presidente del Consiglio dei ministri tra la fine del 1862 e il 1863 (Nota 1).
Fra i principali protagonisti del liberalismo moderato risorgimentale, Farini fu però prima ancora un medico, fortemente volto alla riflessione di carattere “sociale” sulla sanità; gran parte della sua vita fu dedicata proprio all’esercizio della professione. Ha lasciato studi ragguardevoli di argomento medico, fra cui importanti quelli sulle implicazioni sanitarie della presenza di risaie, sulle febbri periodiche e sulla pellagra (Nota 2). Vita politica e attività in campo medico sono pertanto i principali nuclei tematici delle Carte Farini, fatta salva una cospicua documentazione di carattere famigliare.
Il primo recupero – ma non il più importante – delle carte del nostro, fu la pubblicazione di un carteggio nel 1878 in occasione dell’inaugurazione del Monumento nazionale a Farini, a cura di Francesco Miserocchi e Adolfo Borgognoni (Nota 3). Borgognoni, noto letterato ravennate, oggi dimenticato, interpreta in anni vicini ancora alla scomparsa di Luigi Carlo Farini, il desiderio, insito nelle cerimonie di inaugurazione del monumento, di portare alla luce un Farini ancora vivo nelle memorie, ma non sufficientemente celebrato. Con l’aiuto di un grande collezionista, soprattutto di memorie risorgimentali, anch’egli ravennate, Francesco Miserocchi, egli si adopera per ritrovare lettere di Farini. Arriverà con grande fatica e con l’aiuto dell’amico, come narra nella sua prefazione, a rintracciare 90 lettere di Farini a vari, scritte fra il 1831 e il 1853. Nella sua ampia prefazione Adolfo Borgognoni prefigura un primo “nocciolo” di quello che sarà l’epistolario fariniano, la cui finalità non sarà quella di servire ad una ricostruzione storica a «servigio degli uomini illustri», bensì alla storia, per la quale anche le minuzie fanno luce (Nota 4).
Le Carte Farini della Biblioteca Classense si sono venute costituendo non per la volontà o lungimiranza “storica” del produttore/autore, bensì grazie all’infaticabile lavoro di Domenico Farini, il figlio amatissimo di Luigi Carlo, a lui sempre molto vicino. Sappiamo che, al momento della morte, avvenuta nel 1900, Domenico Farini aveva lasciato disposizioni testamentarie molto precise alla moglie al fine di tramandare la storia di un casato così legato alle vicende dell’Italia, recuperando dall’oblio il padre con i documenti da lui raccolti e ordinati (Nota 5). Luigi Cesare Bollea nel suo Come fu compilato l’epistolario di Luigi Carlo Farini narra con appassionata partecipazione le ricerche di Domenico il quale «potè trarre copia non solo delle lettere paterne indirizzate ad altri uomini politici e conservate nei pubblici archivi, ma anche di quelle a lui dirette e tutte le carte del Risorgimento che gli parve conveniente di possedere per compilare quella storia dell’azione paterna ch’era in suo animo di scrivere» (Nota 6).
Domenico ebbe il permesso di copiare carte solitamente negate dalla Consulta degli archivi. A fornire lettere o copie o fascicoli d’archivio furono studiosi di varia estrazione e specialismo, non esclusivamente storici o politici: Nicomede Bianchi e Pietro Vayra per le lettere cavouriane, e poi, fra gli altri, l’artista Francesco Filippini, il ravennate Alessandro Testi Rasponi, il letterato Alessandro d’Ancona, Luigi Chiala, Francesco Crispi.
Domenico Farini non riuscì nel suo intento di scrivere in prima persona la storia del padre. Alla sua morte la moglie, Antonietta Faraggiana, d’accordo con l’erede, il nipote Antonio Beretta, affidò all’amico di famiglia Luigi Rava la pubblicazione del carteggio. Fra le fatiche di vari ministeri ed incarichi pubblici, fra il 1911 e il 1935, Rava pubblicò, corredate di apparato critico, le lettere del Farini «disperse in mezzo a molte carte, e raccogliendone da libri, opuscoli e riviste» (Nota 7). L’archivio venne arricchito grazie a continue ricerche, con lo stesso metodo che era stato di Domenico Farini, quello cioè di richiedere copie, quando i possessori non fossero disponibili alla consegna degli originali stessi.
Alla morte di Luigi Rava, avvenuta nel 1938, la famiglia lasciò alla Classense, seguendo il consiglio dell’ormai scomparso amico Corrado Ricci, la biblioteca, entro la quale si trovava ancora il carteggio Farini (Nota 8).
Nell’anniversario del 1960, i bibliotecari classensi Giuseppe Cortesi e Gaetano Ravaldini diedero alle stampe un inventario del carteggio, che fu impegnativa ed importante opera di valorizzazione (Nota 9). L’inventario, ancora oggi il più completo strumento per lo studio delle Carte Farini classensi, prende in esame una prima serie dell’archivio, suddividendola in una sezione di lettere del Farini a vari, in ordine cronologico, ed una sezione di lettere di vari a Farini, ordinate per corrispondente. Un’ulteriore partizione, di cosiddette “appendici”, comprende le redazioni manoscritte delle opere del Farini, sia politiche che mediche, oltre ad attestati, onorificenze e decreti. Una seconda serie del carteggio, ordinata per corrispondente dagli stessi bibliotecari attivi negli anni Cinquanta del Novecento, che se ne auguravano peraltro una rapida pubblicazione in un secondo volume, è stata invece recuperata solo alcuni anni fa, catalogata nella banca dati Sebina produx e in seguito riversata in Sebina Sbn (Nota 10).
La prima serie dell’archivio di Farini si compone ora di circa 4.500 lettere a cui si accompagnano, raggruppati per argomento nelle “appendici”, circa 700 testi per lo più manoscritti. La seconda serie si compone di 1.800 lettere circa, ordinate per corrispondenti e identificate nel catalogo da localizzazione e datazione. Di queste ultime, solo una ventina di lettere fanno esplicito riferimento a Farini quale corrispondente. Si tratta quindi di una serie costituita di quei documenti genericamente “relativi al Risorgimento”, che Domenico Farini ricercò allo scopo di ricostruzione storica magari anche solo indirettamente riferibile all’azione paterna.
Si impone qui una considerazione di metodo: la composizione “a posteriori” della raccolta, gli indubbi interventi di Rava e di altri, probabilmente gli stessi bibliotecari, hanno in qualche modo letteralmente scompaginato le carte. Carte originariamente contigue per una medesima provenienza sono ormai lontane. Nel caso in cui Domenico Farini avesse ottenuto copia (ma a volte si tratta di originali o di carte prodotte dalle segreterie) di interi fascicoli, non se ne è rispettata la contiguità. Ora solo complesse ricerche possono ricongiungerle.
L’indagine sulle carte relative a Gioacchino Napoleone Pepoli si offre come interessante campione di questa problematica, come vedremo. Suddivise fra la prima e la seconda serie, esse ripropongono il criterio di ordinamento già accennato: nella prima serie l’epistolario fra i due, nella seconda le lettere di Pepoli utili alla ricostruzione dei temi e delle circostanze che li coinvolsero, o comunque alla storia delle vicende risorgimentali. Di un certo interesse si potrebbe rivelare l’indagine sui criteri ispiratori della scelta delle lettere, cosa che qui non si è realizzata se non per brevi cenni.
Delle numerose lettere di Farini a Pepoli solamente quattro sono conservate fra le carte classensi, mentre dodici, più una circolare a stampa, sono le lettere di Pepoli a Farini. Nessuna di queste lettere è stata pubblicata da Rava nel suo Epistolario di Luigi Carlo Farini.
Due i momenti fondamentali di incontro fra i protagonisti: il 1848, anno di inizio della corrispondenza, e il 1859-60.
Al settembre del ‘48, rispettivamente ai giorni 8 e 9, si datano le prime missive del carteggio. Si tratta di lettere di Pepoli a Farini, che in quel momento a Bologna ricoprivano le cariche rispettivamente di colonnello della Guardia civica, impegnato nel riordinamento della polizia, e di rappresentante del Consiglio dei ministri quale commissario straordinario per le quattro Legazioni.
Il momento è importante, ma le lettere non sono altro che richieste che si richiamano a problematiche di ordine pubblico, e cioè domande di autorizzazioni per una processione e per la benedizione delle bandiere. Presso l’Archivio di Stato di Bologna si ritrova, non datata, una minuta di risposta certamente appartenente a tale carteggio (Nota 11). Le lettere di Pepoli, su carta intestata dello Stato maggiore generale della Guardia civica di Bologna, non autografe, una sola con protocollo (Nota 12), sono di tono ed approccio formale e attestano una scarsa conoscenza fra il giovanissimo vulcanico aristocratico bolognese e l’energico medico ravennate, dal burrascoso passato di esule, intento a ristabilire l’ordine nelle Legazioni.
Ben diverso il tono delle missive che incontriamo oltre un decennio dopo fra i due. L’approccio è cambiato, Pepoli appella ora Farini «mio caro amico», firmandosi «affezionatissimo vostro». Nel 1859 i due sono protagonisti di una fase cruciale e stretti da una collaborazione fattiva: Farini conferma a Pepoli il dicastero delle Finanze del Governo provvisorio delle Romagne. Nel novello Governo delle provincie dell’Emilia, poi, Gioacchino fa parte del Gabinetto presieduto da Farini. Nella fase finale del carteggio, e cioè nell’autunno del Sessanta, Farini si rivolgerà ormai a Pepoli col tono, se non del padre al figlio, del maestro all’allievo, con frequenti dichiarazioni di principio o consigli che rispecchiano il suo orientamento moderato e finalità didattico-esortative. Pepoli per suo conto non manca di riconoscergli autorità: «dovendo seguire la tua volontà ho sempre timore di non fare ciò che può tornarti opportuno. Non lasciarmi senza istruzioni, non lasciarmi all’oscuro su ciò che succede in Europa». La lettera, purtroppo una minuta non datata, comunque genericamente assegnabile al 1860, contiene interessanti riferimenti alla situazione dell’Umbria e del Lazio, e presumibilmente al periodo in cui Pepoli era regio commissario per conto del governo piemontese (Nota 13).
Le lettere, testimonianza di una scelta oculata da parte dei raccoglitori, gettano luce su una varietà di problematiche. Si veda ad esempio la missiva di Pepoli del 9 maggio 1859, dove, dietro la parvenza di una preoccupazione per l’ordine pubblico, si cela il desiderio di dare sostegno militare alla seconda guerra di indipendenza (Nota 14). Al Farini governatore delle Provincie modenesi, poi, il Pepoli chiede denaro per le truppe (26 luglio 1859), ma al dittatore dell’Emilia chiede consenso politico e sostegno al progetto delle province dell’Italia centrale (Nota 15). L’insieme del carteggio, sia della prima che della seconda serie, consente di cogliere abbastanza bene il passaggio di Pepoli dalla fase federalista e quella centralista.
Nell’autunno del 1859, ministro degli Esteri nel Governo provvisorio delle Romagne, Pepoli si spende moltissimo per la causa delle provincie unite dell’Italia centrale. Nella lettera del 21 settembre ad Emanuele Marliani, il più forte sostenitore, forse l’ideatore del progetto, l’aristocratico bolognese delinea con motivazioni logicamente argomentate la plausibilità della sua idea federalista, il Regno dell’Italia centrale appunto, che vedeva riunite Toscana Modena Parma e Legazioni, come parte di un forte Regno italiano, sotto lo scettro costituzionale del Re.
Scrive Pepoli: «ella non avrà bisogno di lunghe parole per convincere il ministro toscano che l’unione da noi proposta non è contraria ai diritti accordati dall’Assemblea al Re Vittorio Emanuele ed alla accettazione sua. Noi tutti invochiamo concordemente di far parte di un solo regno» (Nota 16).
Inizialmente Farini si mostra consenziente, per affermazione dello stesso Pepoli. Gli scrive infatti il 22 settembre: «V. E. essendo in perfetto accordo colle nostre idee, vorrà cooperare con tutta la sua autorità ad influenzare a ciò che siano rimossi gli ostacoli» (Nota 17).
Le lettere, purtroppo disseminate fra la prima e la seconda serie del carteggio fariniano, si dilungano sugli altri cooperatori del progetto. In Archivio di Stato di Bologna si ritrova una risposta del Marliani che fa riferimento al coinvolgimento di altri importanti personalità toscane, come Cosimo Ridolfi e Gino Capponi (Nota 18).
Il 10 ottobre 1859, da Modena, Farini invia a Pepoli copia di una nota circolare indirizzata dal governo agli incaricati di missioni politiche all’estero per difendere i voti delle provincie parmensi. A questa lettera, conservata in minuta, è allegato il Memorandum, anch’esso in minuta ricca di correzioni, relativo alla questione dei territori di Revere, Sermide e Gonzaga, rimasti incongruamente all’Austria dopo il trattato di Villafranca (Nota 19). Fra le lettere del Pepoli, la risposta al dittatore sulla questione delle provincie parmensi, datata al 18 ottobre: «gli interessi delle Provincie Parmensi non potevano essere difesi con maggior senno e abilità» (Nota 20).
Altro interessante tema ricostruibile dall’epistolario é il coinvolgimento nei fatti della città di Viterbo, nell’autunno del 1860, in cui i patrioti locali avevano ottenuto l’allontanamento della guarnigione pontificia (19 settembre), allargandosi sino alla Comarca. Pepoli è regio commissario generale per le provincie dell’Umbria. Forse a queste vicende aveva fatto riferimento Farini nel dispaccio al Pepoli del 4 ottobre, conservato in minuta? «Le truppe debbono concentrarsi per operazioni militari. Guai a noi se dovessimo sperperarle nelle guarnigioni. Non bisogna secondare tutte le convulsioni della paura. Si avviino per Dio e si battano contro quattro gendarmi: non possiamo far politica di sentimento. Farini» (Nota 21).
E ancora, il giorno successivo, 5 ottobre, il ministro Farini ordina che il commissario regio, Lorenzo Cesarini Sforza, venga investito di speciali poteri (Nota 22). Fra Farini, Cavour, Cesarini Sforza e Napoleone III, il Pepoli si preoccupa per la dignità del Governo sardo da un lato – «Non mi pareva decoroso che il commissario regio venisse cacciato dalle truppe pontificie» scrive in una lettera a Cavour allegata in fascicolo ad altra presumibilmente al Farini – e la tutela delle popolazioni ribelli dall’altro, delineando una strategia che mirava a non far scontrare i francesi con i sardi. Infine scriverà a Cesarini Sforza: «Ella può credere come mi riuscisse amarissima la notizia che forse Viterbo sarebbe occupato dai Francesi, e tutto il giorno ne rimasi addolorato, ma lasciando ai deboli lo smarrirsi veniamo ai fatti. Se i Francesi si presentano per occupare la città non opponga resistenza … si ritiri con tutti gli impiegati sardi…» non senza garantire che la città di Viterbo, «che giustamente si era rivendicata la libertà», fosse posta sotto la protezione della Francia, in modo che i francesi potessero proporsi come guardiani dell’ordine (Nota 23).
Il 6 ottobre 1859 con una lunga lettera a Napoleone III lo coinvolge nella sua strategia (Nota 24). Fra le proteste dei liberali, le truppe francesi entrarono a Viterbo l’11 ottobre 1860 (Nota 25). Purtroppo le lettere, così intimamente legate, non sono altrettanto coese nell’archivio. Anche qui i fascicoli si ritrovano scomposti a causa dell’ordinamento per corrispondente e dell’ordinamento in due serie del carteggio.
Molto belle le lettere, di una fase ormai “post federalista”, in cui troviamo Gioacchino Napoleone Pepoli, del tutto convertito alla causa sabauda, in missione diplomatica a Parigi presso Napoleone III, nei primi mesi del ‘60, intento a lavorare, a stretto contatto epistolare con Farini, per tenerlo al corrente di quanto sta maturando fra le potenze d’Europa a proposito delle vicende italiane, della modalità delle annessioni e delle elezioni da tenersi. Vibrante la raccomandazione a Farini di tenere sedate le Marche e l’Umbria per continuare ad avere con se la Francia:

Impedite ad ogni costo turbamenti nelle Marche e nell’Umbria! L’accomodamento proposto svanirebbe! E peserebbe una fatale responsabilità sopra quelli che avrebbero favorito l’ampliazione di un moto che deve aspettare a compiersi tempi non lontani. Costituiamo prima le provincie libere e poi proseguiremo (Nota 26).

Nel suo sempre strategico percorso, l’altro interlocutore è Cavour. Si tratta di cinque lettere a far data dal maggio 1859 all’anno 1860. Nel confidenziale rapporto che traspare fra i due vi è spazio per grande franchezza. Chiede, ad esempio, libertà d’azione «per meglio servire la causa italiana», non esita a spender franche parole per l’annessione della Savoia alla Francia «perchè la Savoia può essere necessaria al Piemonte, ma non all’Italia certamente» (Nota 27).
Le lettere Pepoli-Cavour appartengono naturalmente alla seconda serie del carteggio, nella quale, in sintesi, abbiamo lettere in cui è mittente Pepoli, destinatari il senatore di Bologna Carlo Bevilacqua, Marliani, Visconti Venosta, Cavour, Napoleone III. Da segnalare la lettera aperta a Bevilacqua, datata giugno 1857, copia di un testo ampiamente noto, e definita da Michele Rosi «una filippica contro il Papa» (Nota 28). Con ampio respiro anche stilistico, Pepoli contesta le eccessive spese sostenute in occasione della venuta a Bologna di Pio IX per «innalzare archi di legno e tribune addobbate e per incendiare fuochi d’artificio ed accendere torce elettriche», contestando altresì puntualmente la mancata segnalazione a Pio IX della necessità di importanti interventi e riforme concernenti l’occupazione austriaca sul territorio, le imposte, l’amnistia per i detenuti politici (Nota 29). Con chiaro intento il raccoglitore vuole servire con questa copia alla storia del Risorgimento.
Ed in questa stessa chiave saranno da leggere i testi di Gioacchino Napoleone Pepoli raccolti nel carteggio Farini, non direttamente riferibili a Luigi Carlo, testi a volte argomentati ed ampi, assai utili allo studio del personaggio. La provenienza dei documenti potrebbe individuarsi nel percorso delle carte Pepoli attraverso l’erede Ercole Gaddi Pepoli, comunque da verificare, o in recuperi da archivi, come dimostra l’appartenenza delle carte agli stessi fascicoli nell’archivio ravennate ed in quello bolognese, i cui legami bene si leggono anche nel campione di lettere qui esaminato (Nota 30).

 

NOTE:

*Il contributo è stato sintetizzato nella parte relativa alla descrizione ed alla storia della costituzione del carteggio Farini della Biblioteca Classense, che saranno oggetto di pubblicazione negli atti del convegno “Le legazioni di Romagna e i loro archivi fra Restaurazione e Risorgimento”, organizzato in occasione del 150° dell’Unità d’Italia. Torna al testo.

 

Nota 1. Per la biografia di Farini si veda: P. Zama, Luigi Carlo Farini nel Risorgimento italiano, Stab. Grafico F.lli Lega, Faenza 1962; N. Raponi, Luigi Carlo Farini, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 45, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1995, ad vocem; R. Balzani, Luigi Carlo Farini nella rivoluzione nazionale, in R. Balzani, A. Varni (a cura di), La Romagna nel Risorgimento. Politica, società e cultura al tempo dell’Unità, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 265-290. Torna al testo.

 

Nota 2. L. C. Farini, Sulle febbri intermittenti, memoria, Dalla tipografia Casali, Forlì 1835; Id., Sulla pellagra. Osservazioni teorico pratiche da servire ad una esatta monografia della medesima, in «Bullettino delle Scienze mediche pubblicato per cura della Società medico- chirurgica di Bologna», serie II, VI (1838); Id., Sulle quistioni sanitarie ed economiche agitate in Italia intorno alle risaie. Studi e ricerche, Tipografia Galileiana, Firenze 1845; per una biografia del Farini medico si veda L. Messedaglia, La giovinezza di un dittatore, Società editrice Dante Alighieri, Milano-Roma-Napoli 1914; R. Pasi, Maurizio Bufalini e Luigi Carlo Farini, due grandi medici romagnoli protagonisti del Risorgimento, Il Girasole, Ravenna 2002; R. Pasi, I medici e la cultura medica a Ravenna, Longo, Ravenna 2011, pp. 348-356 e passimTorna al testo.

 

Nota 3. L. C. Farini, Lettere, con una introduzione di A. Borgognoni, Tipografia Calderini, Ravenna 1878. Torna al testo.

 

Nota 4. Ivi, pp. I-LXII. È qui una polemica con i possessori che non consegnano le lettere per timore che siano poco importanti, ma pare innegabile anche una scarsa sopravvivenza di quello che si sarebbe dovuto configurare come un epistolario ben più ampio ed importante. Torna al testo.

 

Nota 5. L. Rava, Introduzione, in L. C. Farini, Epistolario per cura di L. Rava con lettere inedite di uomini illustri al Farini e documenti, Zanichelli, Bologna 1911-1935. Torna al testo.

 

Nota 6. L. C. Bollea, Come fu compilato l'epistolario di Luigi Carlo Farini. La rivendicazione postuma dell'onore di un onesto, Tipografia cooperativa Bellatore, Bosco e C., Casale 1912, p. 65. Torna al testo.

 

Nota 7. L. Rava, Introduzione, in L. C. Farini, Epistolario, cit., p. II. Torna al testo.

 

Nota 8. Altri luoghi di conservazione di carte fariniane sono gli archivi di Stato di Torino, Modena, Parma e Bologna, l’archivio del Museo del Risorgimento di Roma e altre raccolte minori. Torna al testo.

 

Nota 9. G. Cortesi (a cura di), Inventario delle Carte Farini, vol. I, S.T.E.R., Ravenna 1960. Torna al testo.

 

Nota 10. Cfr. Catalogo Classense nel Polo Romagnolo in http://opac.provincia.ra.it/SebinaOpac. La catalogazione del carteggio è stata effettuata da Maria Grazia Pipicella. Torna al testo.

 

Nota 11. Lettera Bologna, 8 settembre (luglio nel Cortesi) 1848 di G. N. Pepoli a L. C. Farini (G. Cortesi (a cura di), Inventario, cit., d’ora in avanti Cortesi, 2756), con risposta affermativa di L. C. Farini in Archivio di Stato di Bologna (d’ora in avanti ASBO) Gioacchino Napoleone Pepoli (d’ora in avanti Pepoli), b. 2, Fondo personale, Carteggio, Uomini politici, fasc. 3, Farini Luigi CarloTorna al testo.

 

Nota 12. Lettera Bologna, 9 settembre 1848 di G. N. Pepoli a L. C. Farini, su carta intestata della Guardia civica di Bologna, prot. 175.5 (Cortesi, 2757) Torna al testo.

 

Nota 13. Lettera s.l., [1860] di G. N. Pepoli a L. C. Farini (Cortesi, 2767). Torna al testo.

 

Nota 14. Lettera [Bologna], 9 maggio [1859] di G. N. Pepoli a L. C. Farini (Cortesi, 2758). Torna al testo.

 

Nota 15. Lettera [Bologna], 26 luglio 1859 di G. N. Pepoli a L. C. Farini (Cortesi, 2759). Torna al testo.

 

Nota 16. Lettera Bologna, [21 settembre 1859] di G. N. Pepoli a E. Marliani, Firenze, Carte Rava 2, Carteggi Risorgimentali, 1256, originale di pugno di Pepoli in ASBO, Pepoli, b. 16, Fondi aggregati, Ministero degli affari esteri del Governo provvisorio delle Romagne, fasc. 11, Emanuele Marliani in missione a Firenze, prot. n. 143 del 21 set. 1859. Torna al testo.

 

Nota 17. Lettera Bologna, 22 settembre 1859 di G. N. Pepoli a L. C. Farini (Cortesi, 2760). Torna al testo.

 

Nota 18. Lettera Firenze, 24 settembre 1859 di E. Marliani a G. N. Pepoli, in ASBO, Pepoli, b. 16, Fondi aggregati, Ministero degli affari esteri del Governo provvisorio delle Romagne, fasc. 11, Emanuele Marliani in missione a Firenze, prot. n. 172. Torna al testo.

 

Nota 19. Lettera Modena, 10 ottobre 1859 di L. C. Farini a G. N. Pepoli (Cortesi, 633). Torna al testo.

 

Nota 20. Lettera Bologna, 18 ottobre 1862 di G. N. Pepoli a L. C. Farini (Cortesi, 2762). Torna al testo.

 

Nota 21. Dispaccio Perugia, 4 ottobre [1860] ore 10 pom. di L. C. Farini a G. N. Pepoli (Cortesi, 719). Torna al testo.

 

Nota 22. Lettera Ancona, 5 ottobre 1860 di L. C. Farini a G. N. Pepoli (Cortesi, 720); originale in ASBO, Pepoli, b. 18, Fondi aggregati, Commissariato generale straordinario nelle provincie dell’Umbria, fasc. 73, Telegrammi di vari ministriTorna al testo.

 

Nota 23. Lettera Perugia, 5 ottobre 1860 di G. N. Pepoli a L. Cesarini Sforza unita ad una lettera a Cavour e ad una lettera senza destinatario, ma probabilmente a L. C. Farini (Cortesi, 2766). Torna al testo.

 

Nota 24. Lettera [Perugia], 6 ottobre 1860 di G. N. Pepoli a Napoleone III, Carte Rava 2, Carteggi Risorgimentali, n. 1257. Torna al testo.

 

Nota 25. Atlante storico-politico del Lazio, Laterza, Roma-Bari 1996, pp.114-115; A. Ruspantini, I fatti e i documenti del Risorgimento viterbese nell’anno 1860, Tip. Ceccarelli, Viterbo 1978. Torna al testo.

 

Nota 26. Lettera [Parigi, febbraio 1860] di G. N. Pepoli a L. C. Farini, (Cortesi, 2765); utile il confronto con “In mezzo alla folla è il Pepoli”. Il marchese Gioacchino Napoleone nel Risorgimento nazionale, Mostra documentaria a cura di S. Alongi, F. Boris, G. Marcon, F. Nicita, D. Tura, Archivio di Stato, Bologna 2011. Torna al testo.

 

Nota 27. Lettera [Parigi], 31 gennaio 1860 di G. N. Pepoli a C. Cavour, Carte Rava 2, Carteggi risorgimentali, n.1260/4. Torna al testo.

 

Nota 28. M. Rosi, Dizionario del Risorgimento Nazionale, Vallardi, Milano 1930-1937,  p.839. Torna al testo.

 

Nota 29. Lettera Bologna, [giugno 1857] di G. N. Pepoli a Carlo Bevilacqua, Bologna, Carte Rava II, Carteggi risorgimentali, n. 1255; sul tema e sul coinvolgimento di Pepoli si veda I. Veca, L’ultima illusione. Il viaggio di Pio IX in Romagna e lo sfaldamento dell’amministrazione pontificia (1857-1859), in R. Balzani, A. Varni (a cura di), La Romagna nel Risorgimento, cit., pp. 45-83. Torna al testo.

 

Nota 30. Debbo queste notizie alla cortesia di Salvatore Alongi, che ringrazio. Torna al testo.

 

Questo saggio si cita: C. Giuliani, Il carteggio Pepoli nelle Carte Farini presso la Biblioteca Classense di Ravenna, in «Percorsi Storici», Serie Atti Numero 1 (2012) [http://www.percorsistorici.it/numeri/serie-atti-numero-1/titolo-e-indice/13-numeri-rivista/serie-atti-numero-1/56-claudia-giuliani-il-carteggio-pepoli]

 

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