Alida Caramagno

Tradizione archivistica e opportunità politica nelle carte di Marco Minghetti

Custodito dalla Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna, il fondo Marco Minghetti costituisce un ricco e organico complesso documentario che testimonia la multiforme attività politica ed intellettuale del suo produttore. La figura di Marco Minghetti – fra i maggiori protagonisti del Risorgimento italiano, uomo della Destra storica, studioso di economia, legislatore accorto in materie finanziarie e di pubblica amministrazione, intellettuale raffinato ed autore di apprezzate opere di economia e politica (Nota 1) – è stata oggetto di numerosi studi che, attingendo al prezioso fondo documentario, hanno approfondito aspetti diversi della sua attività di saggista e uomo politico.
Nonostante si presentino come un complesso documentario ampiamente studiato, le carte di questo illustre bolognese possono tuttavia rivelare ancora elementi inediti se considerate sotto una diversa prospettiva. La ricostruzione della storia archivistica del fondo, degli eventi esterni e delle scelte personali che hanno determinato la selezione, l’aggregazione e le diverse fasi della sedimentazione dei documenti, si è rivelata un punto di vista di indubbio interesse per delineare nuovi percorsi di indagine storica. L’importanza di uno sguardo che si rivolga all’archivio nella sua totalità, che ne individui struttura ed articolazioni interne e indaghi i complessi ed a volte oscuri processi di formazione e sedimentazione delle carte, ha il pregio di far emergere vicende ed aspetti che sfuggirebbero ad una una sia pur approfondita analisi di singoli o gruppi di documenti.
La donazione delle carte Minghetti alla Biblioteca dell’Archiginnasio – disposta con legato testamentario dallo stesso Minghetti – avvenne in diverse fasi tra il 1887 ed il 1916 ad opera della vedova Laura Acton ed in misura minore del figliastro, il principe Paolo Beccadelli di Camporeale. Dopo il 1916 il fondo conobbe ulteriori incrementi di documentazione, ma le donazioni più cospicue, quelle che conferirono sostanzialmente all’archivio la sua attuale struttura, si condensano nell’arco cronologico indicato.
Il primo nucleo documentario pervenne alla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna nel maggio del 1887, quando la vedova Laura Acton diede esecuzione alle volontà testamentarie di Marco Minghetti, che così disponeva:

Prego la mia consorte usufruttuaria e mio figliastro erede [...] di esaminare i miei manoscritti, distruggere quelli che stimeranno inutili; e quelli che a giudizio loro possono essere di qualche interesse per gli studi e per la storia del mio tempo rimetterli alla Biblioteca Comunale, insieme a tutti gli autografi lasciatimi dal prof. Medici. Faccio eccezione dei miei Ricordi e documenti uniti, che resteranno in proprietà della mia consorte e, se piace a Lei, di mio figliastro (Nota 2).

I Ricordi ai quali il testamento fa riferimento sono le memorie redatte dallo statista nell’ultima fase della sua vita. Rimasto incompiuto per l’aggravarsi della malattia che lo condurà alla morte, il manoscritto ripercorreva gli anni dal 1818 al 1859 e, con un salto temporale di quattro anni, gli ultimi cinque mesi del primo ministero Minghetti (maggio-settembre 1864).
Il primo nucleo documentario nel quale Laura Acton riconobbe un «interesse per gli studi e per la storia» del suo tempo furono le carte relative ai lavori condotti sulla finanza italiana, come testimonia una lettera, non datata, ma collocabile tra il dicembre 1886 ed il gennaio 1887, inviata dalla donna al nipote Ernesto Masi:

Caro Ernesto,
[...] Frati [Luigi Frati, direttore della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ndr] è passato di qui da me giorni sono mentre mi trovavo a letto con infiammazione di gola che mi durò un giorno. Egli non lasciò indirizzo e disse che sarebbe ritornato, ed io non riesco a sapere ov’abita e temo che parta oggi: avrei voluto mostrargli i cartoni sui lavori di Finanza che mi parrebbero destinati alla Biblioteca di Bologna.

Nel maggio 1887 Laura Acton consegnò infatti alla Biblioteca dell’Archiginnasio 25 cartoni che raccoglievano la documentazione prodotta da Minghetti nel corso dell’attività svolta come ministro delle Finanze negli anni 1863-1864 (13 cartoni) e 1873-1876 (12 cartoni), e come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio nel 1869 (2 cartoni).
A questi pezzi si aggiunse nell’ottobre dello stesso 1887 «la preziosa raccolta di tutti gli scritti e delle stampe ricevute nella luttuosa circostanza della morte di lui, contenente 682 telegrammi, 183 lettere, di principi, magistrati, istituti, nonchè parecchie orazioni e commemorazioni funebri e un copiosissimo numero di giornali e di estratti d’essi riferentesi a tanta dolorosa perdita» (Nota 3).
Questo secondo nucleo documentario comprendeva documentazione a carattere commemorativo e celebrativo – lettere, telegrammi, manifesti, giornali e pubblicazioni a stampa – pervenuta alla vedova ed al figlio di questa Paolo Beccadelli di Camporeale nelle settimane immediatamente successive alla morte di Marco Minghetti.
Due decenni più tardi Laura Acton, «inteso il consiglio di illustri personaggi», prese accordi con il sindaco Luigi Tanari per la concessione al Comune di Bologna, e tramite questo alla Biblioteca dell’Archiginnasio, di molti altri manoscritti del defunto marito. Assistita da Emilio Visconti Venosta e Raffaele Faccioli «procedette alla raccolta e all’assetto dei manoscritti che restavano ancora presso di lei e nella sua residenza di Roma e nella villa di Mezzaratta». Si giunse così alla donazione «a più riprese», fra il 1908 ed il 1909 «dei numerosi, interessantissimi cartoni contenenti il ricco carteggio coi più illustri statisti e letterati del sec. XIX, i documenti della parte avuta da Minghetti nel governo dello Stato, gli scritti originali di politica, di sociologia, di storia ed arti belle e infine i ricordi personali dei viaggi e della vita politica» (Nota 4).
In particolare, il 23 maggio 1908 giunsero alla Biblioteca dell’Archiginnasio, «a titolo di deposito», 44 cartoni, che in una acclusa distinta redatta dal senatore Visconti Venosta, datata «Mezzaratta 22 maggio 1908», erano stati ripartiti secondo l’argomento in tre categorie (Nota 5). Il 17 dicembre 1909 vennero invece consegnati da Raffaele Faccioli 37 cartoni contenenti non meglio identificati “manoscritti”.
Tra il 1910 e il 1911, in concomitanza con le celebrazioni per il primo cinquantenario dell’unità d’Italia, il fondo fu oggetto di un consistente intervento di riordinamento che conferì alle carte quella che è in gran parte la loro attuale configurazione.
Nel 1910, «i manoscritti furono dal bibliotecario accuratamente ordinati, divisi secondo la materia in altrettante categorie» e «il Municipio, a testimoniare in quale pregio tenesse la ricca supellettile» e «in ossequio al desiderio manifestato da Sua Grazia donna Laura Minghetti», deliberò di collocarla nella sala VI destinata alle scienze giuridiche e sociali e «di intitolare la sala al nome di Marco Minghetti». Per rendere il locale idoneo ad accogliere il fondo, furono appositamente costruiti «eleganti mobili», nei quali vennero poste le 160 «sobrie e severe buste» in cui furono collocati i manoscritti.
Solo pochi mesi dopo l’inaugurazione della sala, l’ordinamento del fondo subì tuttavia delle modifiche in seguito ad un consistente incremento di documentazione dovuto a «doni o per acquisti da diverse origini», verificatisi probabilmente in occasione della ricorrenza del cinquantenario dall’unità d’Italia.
La nuova documentazione venne inserita in 20 nuovi contenitori che andarono ad incrementare le varie «categorie» in cui il fondo era stato ripartito nel corso dell’intervento di riordino. In questa occasione fu creata una nuova categoria, quella dell’Appendice, suddivisa a sua volta in Studi giovanili, I partiti politici e Corporazioni religiose. Poiché le buste che formavano le diverse categorie presentavano, oltre alla numerazione di corda in numeri arabi progressiva per tutto il fondo, anche una numerazione interna alla categoria in numeri romani, le nuove 20 buste riportarono un numero romano progressivo rispetto alla categoria di appartenenza, ma un numero di corda che, per non alterare la progressione delle buste, fu formato da numeri arabi seguiti da lettere.
Nel maggio del 1916, probabilmente preoccupato dal pericolo di una dispersione delle carte nel disordine degli eventi bellici, il figliastro Paolo Beccadelli diede «degno compimento» alla «meravigliosa e preziosa raccolta dei manoscritti di Marco Minghetti» consegnando alla Biblioteca le carte ancora in suo possesso costituenti «un altro bel complesso di lettere, documenti, appunti del grande cittadino bolognese» (Nota 6).
Quest’ultimo nucleo documentario comprendeva, assieme a studi di carattere politico e filosofico, «l’autografo dei Ricordi sulla Convenzione di settembre», quella parte cioè delle memorie dello statista relativa al primo ministero Minghetti, nonchè «lettere, telegrammi, rapporti, tutti originali, che legano alla celebre convenzione, quantunque con diverso sentimento, gli uomini più grandi d’allora, da Garibaldi a Mamiani, da Lamarmora a d’Azeglio, da Crispi a Costantino Nigra» (Nota 7).
Il fascicolo che raccoglie questo ricco corpus di documenti citati da Marco Minghetti nello scritto autobiografico conserva anche una significativa nota redatta da Emilio Visconti Venosta, con ogni probabilità nel 1908 in occasione della ricognizione effettuata sulle carte Minghetti per offrire una consulenza a Laura Acton sui documenti che avrebbero potuto essere consegnati alla Biblioteca dell’Archiginnasio:

Documenti importanti e che servirono alla redazione dei Ricordi, i quali furono scritti in base ad essi. Dovrebbero essere conservati, almeno per qualche tempo, presso il P[rinci]pe di Camporeale, pel caso di polemiche sollevate dalla pubblicazione dei Ricordi sulla Convenzione di Settembre 1864.
V[isconti] V[enosta] (Nota 8).

L’autografo era stato infatti pubblicato a cura del figliastro nel 1899 con il titolo dato da Minghetti La Convenzione di settembre: un capitolo dei miei ricordi (Nota 9), dove il sottotitolo fa riferimento ai più noti Miei ricordi, l’opera nella quale confluirono le memorie relative agli anni 1818-1859, pubblicate anch’esse postume, per i tipi della casa editrice Roux di Torino, tra il 1888 ed il 1890 (Nota 10). Alcuni rimandi interni ai due testi collocano la scrittura del primo volume dei Miei ricordi intorno al 1882 (Nota 11) e intorno al 1885 la redazione della Convenzione di settembre (Nota 12).
Poiché al 1885 risale l’aggravarsi della malattia che condurrà Minghetti alla morte nel dicembre dell’anno successivo (Nota 13), si può ragionevolmente ipotizzare che la redazione dei Ricordi sia stata interrotta a quella data per lasciare il posto al racconto di uno dei momenti più difficili del suo mandato politico, ovvero la caduta del suo primo ministero in seguito alla firma della Convenzione di settembre.
Il complesso documentario donato nel 1916 dal principe di Camporeale fu collocato in 4 buste che andarono a costituire la nuova serie delle Aggiunte, all’interno della quale venne collocata anche una bozza manoscritta della Convenzione di settembre allestita per la stampa, della quale l’editore Cesare Zanichelli fece dono alla Biblioteca dell’Archiginnasio nel marzo 1914.
Della donazione Camporeale facevano parte anche alcuni documenti rinconducibili al lavoro redazionale condotto da Paolo Beccadelli sul testo de La Convenzione di settembre ai fini della pubblicazione. Tra questi si rivelano di particolare interesse tre lettere, due di Costantino Nigra ed una di Emilio Visconti Venosta, dirette al principe di Camporeale, che a loro si era rivolto per un parere sul testo del manoscritto, in ragione degli stretti legami da questi avuti con Minghetti e dell’importante ruolo politico e diplomatico giocato nelle trattative che condussero alla stipulazione della Convenzione. Se Costantino Nigra scriveva da Vienna il 17 febbraio 1899 «ho letto d’un fiato l’interessantissimo racconto, che anche ora, dopo tanto tempo, mi commuove profondamente. Non ho correzioni da fare, nè schiarimenti da aggiungere. La narrazione è limpida e chiara, e per quanto è mia notizia, fedele»; da Milano Emilio Visconti Venosta il 14 aprile 1899 rispondeva in questi termini al principe di Camporeale che gli aveva inviato le bozze di stampa dell’opera:

Troverà in un foglietto, qui unito, alcune lievi modificazioni di forma che le proporrei. Esse mi furono suggerite, direi dal senso istintivo di certe suscettibilità che ben conosco. Ella ne giudicherà, tanto più che in questo lavoro, che Ella chiama di smussamento, siamo penetrati dello stesso spirito, di non ferire, senza necessità, certi punti delicati, di non dare una parola per pretesto e di rendere, insomma, più accetta la dimostrazione di Minghetti intorno alla vera portata di quest’atto politico che fu la Convenzione.

Quale fosse l’entità del «lavoro» sul testo che Camporeale definiva «di smussamento», in quale misura fosse necessario intervenire sull’opera per «non ferire […] certi punti delicati» e «certe suscettibilità», è possibile desumerlo attraverso un confronto testuale tra il manoscritto autografo di Minghetti, la bozza manoscritta donata dall’editore Zanichelli alla Biblioteca dell’Archiginnasio, e il testo a stampa nella sua versione definitiva.
Rimandando ad altra sede l’analisi puntuale delle discordanze tra i testi (Nota 14), si offre qui una breve riflessione sulla natura delle modifiche al manoscritto operate da Beccadelli e sugli esiti che il principe si prefiggeva di raggiungere.
Gli interventi sul testo di Minghetti ad opera di Beccadelli sono di diversa entità: se in alcuni casi si tratta di «lievi modificazioni», come le definiva Visconti Venosta, in altri vi è una sostanziale rielaborazione del testo con il fine di emendarlo, da un lato, dalle affermazioni che avrebbero potuto suscitare irritazione nei protagonisti ancora in vita di quelle vicende politiche, dall’altro dalla narrazione di alcuni episodi di politica interna ed estera che avrebbero potuto dar luogo ad imbarazzo “istituzionale”.
Il confronto fra i testi rivela interventi di censura più complessi ed articolati in corrispondenza di quei luoghi del racconto in cui Minghetti tratta delicati temi di diplomazia interna ed estera, la cui divulgazione ad opera di un autorevole esponente del governo avrebbe causato non pochi disagi agli eredi della classe politica moderata la cui egemonia si era affermata nei primi anni del Regno d’Italia.
Camporeale mette in atto una muniziosa revisione del testo rielaborandolo attraverso omissioni di singoli termini ed intere frasi, innesti di periodi scritti di proprio pugno e sapienti sintesi atte a smorzare scomode riflessioni di Minghetti, come ad esempio quella sulla grettezza municipalista del governo piemontese.
Le affermazioni di Minghetti censurate da Camporeale sono un’eloquente espressione delle profonde mutazioni storiche intervenute nel lungo e complesso processo che condusse alla formazione di un sentimento nazionale italiano. La diffusa avversione verso il governo di Torino e il malcelato disinteresse della classe politica piemontese verso le tradizioni e le autonomie locali, sentimenti che avevano insidiato la solidità del giovane Stato italiano, apparivano nel volgere del nuovo secolo come spettri di un passato poco nobile che si voleva superato e concluso.
La costruzione dell’identità nazionale aveva bisogno di una memoria epurata, che evocasse il Regno costituzionale sabaudo come conclusione obbligata del lungo cammino risorgimentale verso l’unità della nazione. In questo senso le “correzioni” di Camporeale al racconto di Minghetti vanno interpretate come il tentativo di riabilitare l’azione politica del patrigno attraverso una rievocazione storica consonante con quella dell’ideologia moderata e della costruzione storiografica del consenso ad essa.

 

NOTE:

 

Nota 1. Le riflessioni contenute nella presente comunicazione costituiscono una sintesi di un più ampio contributo sulla storia delle carte Minghetti dal titolo La memoria corretta. Interventi di “smussamento” in un’opera postuma di Marco Minghetti, pubblicato all’interno della miscellanea di studi Spigolature d’archivio. Contributi di archivistica e storia del progetto “Una città per gli archivi”, a cura di A. Antonelli, Bononia University Press, Bologna 2011, pp. 113-144. L’intervento di riordino ed inventariazione delle carte Minghetti si inserisce infatti all’interno del progetto “Una città per gli archivi” promosso dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Il progetto, avviato nel 2008, ha come scopo la valorizzazione e la conservazione di un complesso di circa 200 nuclei documentari bolognesi prevalentemente prodotti tra Otto e Novecento. Oltre a numerosi saggi, Minghetti è autore di tre importanti volumi: Della economia pubblica e delle sue attinenze colla morale e col diritto, F. Le Monnier, Firenze 1859 (3a ed. 1881); Stato e chiesa, U. Hoepli, Milano 1878; I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell’amministrazione, Nicola Zanichelli, Bologna 1881 (che conobbe molte edizioni successive). Nicola Matteucci ha sottolineato come si tratti di «tre grandi opere che ormai la memoria storica ha, in grande misura, dimenticato» (Cfr. N. Matteucci, Marco Minghetti, un liberale dimenticato, in Id., Filosofi politici contemporanei, Il Mulino, Bologna 2001, pp. 187-218). Torna al testo.

 

Nota 2. Archivio di Stato di Bologna, Atti dei notai del distretto di Bologna, Archivio del notaio Ferrari Francesco, 1886, Testamento di Marco MinghettiTorna al testo.

 

Nota 3. Biblioteca Comunale dell’archiginnasio di Bologna (d’ora in poi BCABO), Archivio, anno 1887, tit. III, prot. n. 232, Luigi Frati al sindaco di Bologna Gaetano TacconiTorna al testo.

 

Nota 4. A. Sorbelli, La sala Minghetti nella Biblioteca dell’Archiginnasio, in «L’Archiginnasio», V (1910), pp. 54-55, citazione a p. 53. Torna al testo.

 

Nota 5. La distinta di Emilio Visconti Venosta, uno fra i più intimi amici e collaboratori di Marco Minghetti, recita: «N. 44 Buste o Cartoni d’archivio Minghetti | Distinta | N. 7 (orizzontali color violetto) contengono Studi sull’ordinamento del Regno d’Italia e Telegrammi del 1860-61 | N. 23 (verticali color legno meno uno verde) Studi diversi, lettere fra le quali alcune di Sua Maestà la Regina Margherita | N. 14 detti “Lettere 1832-1858”, Viaggi, Banca papale, Onorificenze Contumelie etc.» (in BCABO, Archivio, anno 1908, tit. III, prot. n. 198). Sullo stretto legame che univa Marco Minghetti ad Emilio Visconti Venosta cfr. il breve ritratto del Minghetti tracciato da Federico Chabod in Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, 2 voll., Laterza, Bari 1965, vol. II, pp. 703-704. Si segnala che nella lettera con la quale il 31 gennaio 1910 Albano Sorbelli, allora direttore della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, rispondeva alla richiesta del sindaco Luigi Tanari di avere «brevi notizie sui manoscritti Minghetti che si conservano nella Biblioteca», i cartoni donati nel 1908 risultavano essere 47 e non 44 (cfr. BCABO, Archivio, anno 1910, tit. III, prot. n. 18 del 13 gennaio 1910). Torna al testo.

 

Nota 6. Cfr. BCABO, Archivio, anno 1916, tit. III, prot. n. 456 del 19 maggio 1916, Il direttore della Biblioteca Albano Sorbelli al sindaco di Bologna Francesco ZanardiTorna al testo.

 

Nota 7. IbidemTorna al testo.

 

Nota 8. BCABO, Fondo Speciale Marco Minghetti, b. 175, Aggiunte III.Torna al testo.

 

Nota 9. M. Minghetti, La Convenzione di settembre. Un capitolo dei miei ricordi, pubblicato per cura del principe di Camporeale, N. Zanichelli, Bologna 1899. Torna al testo.

 

Nota 10. M. Minghetti, Miei ricordi, 3 voll., L. Roux, Torino 1888 (vol. I, Anni 1818-1848, vol. II, La guerra e gli episodii politici degli anni 1848-49, vol. III, 1850-1859). Torna al testo.

 

Nota 11. Tra i molti riferimenti contenuti nel testo che permettono di dedurre un termine post quem per la redazione dell’opera (cfr. M. Minghetti, Miei ricordi, vol. I, Anni 1818-1859, L. Roux, Torino 1888-1890, pp. 96, 133, 134 n. 1, 136) si segnala in particolare un passo che più di altri consente una datazione puntuale: «Di questi giorni leggo che nel discorso di Pasteur al suo ricevimento dell’Accademia francese, parlando del suo antecessore Littré, cita alcuni brani sulla pace scritti da esso nel 1850. Ciò mi ha ricordato lo spirito della gioventù parigina già da più anni innanzi» (cfr. p. 136). Pasteur viene nominato membro dell’Accademia francese il 27 aprile 1882. Vi è ancora un altro flebile indizio del fatto che Minghetti nel 1882 abbia ripreso in mano alcuni documenti del suo archivio per redigere i Ricordi. Il 30 giugno 1882 Minghetti trasmetteva a Giovanni Gozzadini una lettera che a lui era stata affidata nel giugno 1848 dalla defunta moglie di questi, Maria Teresa di Serego Allighieri Gozzadini, perchè la consegnasse al fratello in quegli anni residente a Verona. Minghetti accompagnava l’invio della lettera a Gozzadini con queste parole: «Pregiatissimo sig. conte, rovistando certe mie antiche carte ho trovato la lettera qui acclusa, e m’è parso che a Lei si appartenga per ogni ragione. Primieramente io non ebbi allora occasione di presentarla, e l’avrei dovuta restituire. E poi mi pare così alta, così nobile e così semplice che ben raffigura l’anima eletta di chi la scrisse, e potrebbe, almeno nella sua prima parte illustrarla in una sua biografia» (cfr. BCABO, Fondo speciale Gozzadini, Raccolta Gozzadini, ms. GOZZ. 442, Minghetti Marco, lettera del 30 giugno 1882). La lettera trasmessa da Minghetti venne poi effettivamente pubblicata da Giovanni Gozzadini nella seconda edizione della biografia dedicata alla moglie: [G. Gozzadini], Maria Teresa di Serego-Allighieri Gozzadini, 2ª ed. ampliata, con prefazione di Giosuè Carducci, Zanichelli, Bologna 1884, pp. 237-238. Pasquale Villani colloca la compilazione dei Miei ricordi in un arco temporale più ampio che si estende «tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta» (cfr. P. Villani, Marco Minghetti: la dimensione europea. I viaggi, le esperienze, le amicizie fino al 1859, in R. Gherardi - N. Matteucci (a cura di), Marco Minghetti statista e pensatore politico. Dalla realtà italiana alla dimensione europea, Il Mulino, Bologna 1988, pp. 106-112, citazione a p. 107). Si segnala infine quanto annotava l’editore Roux nell’Avvertenza posta in apertura al primo volume: «In qual tempo siano stati scritti questi Ricordi non è notato da Minghetti in alcuna pagina del suo manoscritto; però dalla lettura appare evidente che essa fu preparata e cominciata dopo il 1876, quando il Minghetti per la evoluzione parlamentare del marzo di quell’anno si ritrasse dal Governo, e parve volersi raccogliere in disparte né più frammettersi nel vivo delle politiche agitazioni» (cfr. M. Minghetti, Miei ricordi, cit., Avvertenza). Torna al testo.

 

Nota 12. È possibile individuare nel testo de La Convenzione di settembre molti passi utili alla datazione dell’opera, fra i quali citeremo come più esplicito quello contenuto a p. 181: «Questo telegramma fu da alcuni interpretato come un’approvazione esplicita data al trattato, e intorno a ciò corse una polemica l’anno scorso (1884) fra il De Cesare e il Chiala» (ma cfr. anche La Convenzione di settembre, cit., pp. 3, 27, 217). Torna al testo.

 

Nota 13. Marco Minghetti morì il 10 dicembre 1886 per un tumore all’intestino. Cfr. N. Del Bianco, Marco Minghetti. La difficile unità italiana. Da Cavour a Crispi, Franco Angeli, Milano 2008, p. 283 e A. Berselli, Luigi Carlo Farini, Marco Minghetti, Luigi Federico Menabrea, La navicella, Roma 1992, p. 132. Torna al testo.

 

Nota 14. Cfr. A. Caramagno, La memoria corretta. Interventi di “smussamento” in un’opera postuma di Marco Minghetti, cit. Torna al testo.

 

Questo saggio si cita: A. Caramagno, Tradizione archivistica e opportunità politica nelle carte di Marco Minghetti, in «Percorsi Storici», Serie Atti Numero 1 (2012) [http://www.percorsistorici.it/numeri/serie-atti-numero-1/titolo-e-indice/13-numeri-rivista/serie-atti-numero-1/57-alida-caramagno-tradizione-archivistica]

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