Elisabetta Arioti e Salvatore Alongi
Introduzione
La giornata di studi “Eroi in carta. Dall’archivio di Gioacchino Napoleone Pepoli e di altri protagonisti del Risorgimento”, svolta a Bologna il 21 ottobre 2011 presso l’aula Prodi del complesso di San Giovanni in Monte, ha coinciso non soltanto con le celebrazioni dei 150 anni dalla proclamazione del Regno d’Italia, ma anche col 130° anniversario della scomparsa del marchese Gioacchino Napoleone Pepoli.
Il 26 marzo 1881 Gioacchino Napoleone Pepoli, protagonista del Risorgimento dai moti del 1848 fino al compimento dell’indipendenza delle Romagne nel 1859 e alla loro annessione al Regno di Sardegna nel 1860, moriva a Bologna, lasciando per testamento alla figlia maggiore Letizia, oltre a un considerevole complesso di beni mobili e immobili, anche il proprio archivio personale allo scopo «di far pubblicare tutte le lettere e corrispondenza».
Di fatto questo interessante materiale documentario, alla cui sistemazione il Pepoli aveva dedicato una cura non certo occasionale, è rimasto per più di un secolo confinato in ambiti di conservazione strettamente familiari, quindi assai poco consultato e anzi decurtato mediante smembramenti forse non del tutto opportuni. Soltanto il recente acquisto da parte della Direzione generale per gli Archivi, che l’ha destinato all’Archivio di Stato di Bologna, città d’origine del casato dei Pepoli, e il conseguente intervento di inventariazione realizzato con fondi ministeriali, ha consentito di riproporre all’attenzione della comunità scientifica un personaggio che, col solo atto di esistere, si era posto al crocevia di molteplici esperienze politiche, italiane ed europee. Gioacchino Napoleone, infatti, se da parte di padre discendeva da una delle più illustri famiglie del patriziato bolognese, dal lato materno apparteneva alla “nuova aristocrazia” affacciatasi prepotentemente sulla ribalta internazionale durante l’epopea napoleonica: suoi nonni erano infatti Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte.
L’archivio personale, che testimonia tra l’altro delle vastissime relazioni intessute dal personaggio nel corso della sua pluridecennale presenza sulla scena politica e sociale italiana e bolognese, consente quindi di ritornare con migliore cognizione di causa su molte delle questioni ancora aperte intorno alla sua personalità, al suo pensiero, alla sua produzione intellettuale (dai saggi statistici ed economici ai testi teatrali), in passato spesso affrontate in un’ottica esclusivamente celebrativa o comunque ridotta e parziale.
La giornata di studi a esso dedicata ha inteso quindi collocarsi nel contesto di una nuova stagione di studi sul patrizio bolognese, che privilegi un approccio più critico, quasi filologico, partendo per l’appunto da questa nuova fonte primaria ora finalmente a disposizione dei ricercatori.
La giornata è stata articolata in due sessioni. Con le relazioni presentate nel corso della sessione mattutina, presieduta dal direttore del Museo civico del Risorgimento di Bologna, Otello Sangiorgi, si è inteso offrire agli intervenuti un quadro il più possibile ampio e completo del contesto politico, culturale ed economico nel quale Gioacchino Napoleone Pepoli e gli altri protagonisti del Risorgimento bolognese si trovarono ad agire e operare.
Dopo la prolusione introduttiva, pronunciata da Elisabetta Insabato, della Soprintendenza archivistica per la Toscana, in cui è stata fornita un’ampia riflessione sull’uso e il ruolo che le carte private ebbero per i protagonisti e i più diretti testimoni del Risorgimento italiano, nonché sui successivi “usi e abusi” da parte della storiografia, e individuati alcuni elementi comuni nelle diverse vicende della loro trasmissione documentaria (La memoria del Risorgimento: i protagonisti del processo di unificazione nazionale e i loro archivi personali), hanno fatto seguito i contributi di Fiorenza Tarozzi, docente di storia dell’Italia contemporanea all’Università di Bologna (Politica e società nella Bologna risorgimentale), Francesca Boris e Diana Tura, archiviste dell’Archivio di Stato di Bologna (I Pepoli a Bologna e in Europa), Giorgio Marcon, archivista dell’Archivio di Stato di Bologna (Carlo Pepoli esule. Gli scritti in prosa), Patrizia Farinelli, funzionario della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia (La Palazzina Pepoli detta “Palazzina delle vedove” in Bologna), Marina Calore (Gioacchino Napoleone Pepoli drammaturgo e uomo di teatro) e Bernardino Farolfi, docente di storia economica all’Università di Bologna (Gioacchino Napoleone Pepoli e i problemi economici dell’Italia unita).
La sessione pomeridiana, coordinata dal direttore dell’Archivio di Stato di Bologna, Elisabetta Arioti, è stata invece interamente dedicata alla riflessione di carattere più strettamente archivistico e comparativo.
Oltre che sul fondo personale di Pepoli, di cui ha parlato Salvatore Alongi, l’archivista libero professionista che ne ha curato l’inventariazione («In quanto a me non desidero che di scrivere». Le carte di Gioacchino Napoleone Pepoli all’Archivio di Stato di Bologna), l’attenzione è stata, infatti, focalizzata sugli archivi di altri personaggi di primo piano che, soprattutto negli anni cruciali in cui si dava assestamento alla nuova compagine statale (1861-1864), rappresentarono i principali corrispondenti del marchese: Urbano Rattazzi, Carlo Luigi Farini e Marco Minghetti. Succedutisi alla guida del governo dopo la scomparsa del conte di Cavour, essi hanno rappresentato altrettanti formidabili esempi di soggetti produttori di “archivi-immagine” che in tempi più o meno recenti sono stati oggetto di importanti interventi di descrizione ed edizione.
Su L’archivio di Urbano Rattazzi è intervenuta, con una relazione che purtroppo non è stato possibile pubblicare in questa sede, Rosanna Roccia del Centro studi piemontesi di Torino, mentre Claudia Giuliani della Biblioteca Classense di Ravenna ha illustrato Il carteggio Pepoli nelle carte Farini presso la Biblioteca Classense di Ravenna. Alida Caramagno, archivista libero professionista, ha parlato infine di Tradizione archivistica e opportunità politica nelle carte di Marco Minghetti conservate presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna.
Gli interventi di Paolo Franzese, direttore dell’Archivio di Stato di Perugia (Gioacchino Napoleone Pepoli e il Commissariato generale straordinario dell’Umbria) e Francesca Fantini D’Onofrio, direttore dell’Archivio di Stato di Padova (Gioacchino Napoleone Pepoli commissario per la provincia di Padova; contributo non presente in questi atti) hanno infine arricchito il dibattito sulla formazione del Regno d’Italia con il bagaglio di riflessioni e conoscenze scaturito dai recenti interventi di riordinamento e inventariazione dei complessi documentari prodotti dai due organi di governo provvisorio, entrambi presieduti dal marchese Pepoli rispettivamente nel 1860 e nel 1866.
Il richiamo a queste due magistrature è stato ancora più opportuno se si considera la prassi, largamente in uso tra gli uomini politici del XIX secolo e non solo, di trattenere presso di sé e conservare nei propri archivi personali la documentazione prodotta dagli uffici pubblici dei quali rivestivano la titolarità. A seguito degli incarichi ricoperti, Pepoli entrò difatti in possesso dell’archivio della Sezione, poi Ministero degli affari esteri del Governo provvisorio delle Romagne, di una cospicua porzione dell’archivio del Commissariato generale straordinario nelle provincie dell’Umbria e dell’archivio del Commissariato straordinario per la provincia di Viterbo, complessi oggi conservati accanto alle carte personali.
L’incontro di studi, organizzato in collaborazione con il Museo civico del Risorgimento di Bologna, l’Istituto per la storia del Risorgimento italiano – Comitato di Bologna, e l’Associazione nazionale archivistica italiana – Sezione Emilia-Romagna, era inserito nel programma della VIII edizione della Festa internazionale della storia ed è stato affiancato dalla mostra “In mezzo alla folla è il Pepoli. Il marchese Gioacchino Napoleone nel Risorgimento nazionale”, organizzata presso l’Archivio di Stato di Bologna dal 24 settembre al 23 ottobre. In essa è stato possibile esporre, oltre a un’ampia e articolata selezione di materiale documentario (documenti del fondo personale e ulteriori testimonianze coeve come pubblicazioni, manifesti, giornali e cimeli), anche alcune opere d’arte concesse in prestito dalla Pinacoteca nazionale di Bologna (due piatti in bronzo dorato, già appartenuti a Gioacchino Napoleone e raffiguranti i suoi nonni materni, Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte, nonché il bozzetto del suo ritratto realizzato dal pittore Antonio Muzzi) e dal Museo civico del Risorgimento (il busto in gesso patinato realizzato da Carlo Monari e la riproduzione del quadro di Muzzi La cacciata degli austriaci da Porta Galliera l’8 agosto 1848, nel quale l’artista, chiamato proprio da Pepoli a realizzare una tela commemorativa dell’evento, immortalò il nobiluomo alla testa della Guardia civica).
Le immagini dei materiali esposti nella mostra saranno presto visibili nel nuovo sito dell’Archivio di Stato di Bologna, attualmente in corso di realizzazione.