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Federico Chiaricati

Dal tramonto all’alba. Il neofascismo in Europa oggi. Resoconto di una serata di riflessione


Il 18 novembre 2011 si è svolto, presso la Casa della conoscenza di Casalecchio di Reno (BO), un incontro intitolato Dal tramonto all’alba. Il neofascismo in Europa oggi, organizzato dalla sezione Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia)-Antifascisti di Casalecchio di Reno Marino Serenari e dal Gruppo consiliare del Partito democratico di Casalecchio di Reno. La serata, che ha visto come ospite Andrea Mammone, docente di Storia alla Kingston University di Londra, è frutto di una lunga riflessione scaturita dai tragici eventi che hanno insanguinato la Norvegia nell’estate 2011. Il discorso, sviluppato a tre voci da Andrea Mammone, Antonella Micele (esponente del Partito democratico) e da chi scrive in qualità di rappresentante del direttivo Anpi, ha preso il via proprio dall’analisi degli avvenimenti violenti di Utoya.
Mentre Simone Gamberini, sindaco di Casalecchio di Reno, e Michele Zanoni, segretario della sezione Anpi, hanno spiegato il perché di una serata dedicata a un tema, quello del neofascismo, che sembrerebbe secondario rispetto ad argomenti che godono di un’attenzione mediatica notevolmente maggiore (si pensi alla crisi economica o alle recenti dimissioni del governo Berlusconi), ma che in realtà, a fronte di avvenimenti tragici, per non dire subdoli e sotterranei, è importante analizzare e capire, Antonella Micele si è giustamente chiesta perché fatti come quello di Utoya, o l’insorgere di movimenti come Casa Pound in Italia, ma non solo, sono potuti accadere. Forse le forze dell’antifascismo hanno abbassato la guardia, o hanno sottovalutato la pericolosità di movimenti che lavorano senza sosta e sfruttano ogni piccolo spazio di manovra che viene loro concesso per mostrarsi, alle volte anche in maniera particolarmente violenta. Diviene quindi di primaria importanza organizzare iniziative come quella che si è tenuta a Casalecchio, proprio per definire come e dove le organizzazioni democratiche antifasciste debbano riprendere un lavoro che probabilmente si è interrotto, o non è stato svolto in maniera decisa. L’idea di fondo di Antonella Micele, quindi, è quella di cercare, dove possibile di arginare e bloccare movimenti che seppur non dotati di un ampio bacino di militanti, possono essere comunque molto pericolosi, anche dal punto di vista culturale.
Chi scrive, invece, ha ritenuto di fare una piccola riflessione sul senso della lotta e dell’attivismo antifascista di oggi. Davanti a chi sostiene che l’antifascismo non ha più una sua ragion d’essere in quanto il Partito nazionale fascista non esiste più, l’Anpi deve contrapporre una riflessione su cosa fu esattamente il fascismo, quello del Ventennio e quello “repubblichino” di Salò, in particolare per quanto riguarda il mondo del lavoro. L’idea di base è che la lotta antifascista, quando il fascismo esisteva ed era al governo, non si svolse solo sulle montagne o nelle pianure, ma anche nei posti di lavoro, nelle fabbriche in particolare. Il senso di quella lotta non era solo cacciare via l’oppressore nazista e fascista, ma cercare, attraverso nuove relazioni lavorative, di cambiare la società, in un senso più democratico. Anche le lotte condotte dopo la guerra, furono portate avanti con lo stesso spirito degli anni 1943-45 ma con una carta in più, cioè la Costituzione. Oggi, quindi, l’antifascismo, se vuole sopravvivere e non rimanere legato solo ed esclusivamente a commemorazioni storiche, deve cercare di portare tutto il valore della Costituzione repubblicana nei posti di lavoro, anche con l’aiuto delle istituzioni sindacali, partitiche, cooperative e associative democratiche del paese, perché è anche in questo modo che il volto della società cambia in un senso più democratico.
Andrea Mammone, prendendo spunto anche dalla recente pubblicazione italiana di Un paese normale? (Nota 1), ha fornito una propria lettura della tragedia norvegese indicando come l’attentatore, Anders Behring Breivik, nonostante abbia avuto numerosi contatti con l’estrema destra europea, non si possa definire tout court un neofascista, perché privo di alcuni elementi del neofascismo classico, si pensi all’appoggio che darebbe, nel suo memoriale, a Israele. Ciò che emerge dalla vicenda, però, è una rete europea neofascista, dotata di una idea di transnazionalità. Non a caso il memoriale scritto dal terrorista norvegese porta il titolo 2083 – Una dichiarazione europea d’indipendenza. Il problema di un’analisi dei movimenti neofascisti non solo più in un contesto nazionale (che diventa riduttiva, in particolare dopo il 1945) viene evidenziata da Mammone in un suo intervento riguardante i numerosi contatti tra il fascismo italiano e francese dal 1968 in avanti (Nota 2). Il caso del Movimento sociale italiano (Msi) è emblematico: la formazione politica è considerata come punto di riferimento da tutti gli altri partiti estremisti europei (molti dei quali adottano anche un simbolo simile, come il Front national francese). I militanti neofascisti si pongono anche, e soprattutto, come alternativa culturale alla sinistra; è in questo modo che continuano a svilupparsi e diffondersi le dottrine di personaggi quali Evola o De Benoist che hanno portato alle contemporanee farneticazioni di Breivik. Ciò che quindi Mammone ha evidenziato, riprendendo il discorso di Antonella Micele, è come le amministrazioni locali e governative, i media e gli studiosi di scienze sociali abbiano trascurato la rete estremista interna. Appena arrivata la notizia degli attentati, infatti, ci si è concentrati sul terrorismo islamico, senza considerare l’estrema violenza dei movimenti neofascisti e neonazisti, in particolare in Austria ed Europa Orientale, nonché la stessa forza elettorale di questi partiti e movimenti. Arrivando al caso specifico italiano, Mammone ha sottolineato una prima debolezza non tanto del pensiero antifascista nella Penisola, ma della struttura italiana repubblicana, che non è ancora riuscita a fare i conti con il proprio passato. Non solo non vi è mai stata una “Norimberga italiana” per i crimini fascisti, ma nemmeno il passato coloniale sembra essere stato analizzato compiutamente, in particolare tutto il suo portato di lutti e atrocità in paesi come la Somalia. Anzi, spesso l’italiano colonizzatore viene rappresentato come portatore di civiltà e libertà, il “costruttore di strade e ponti”. Certamente vennero costruite infrastrutture, ma al prezzo di migliaia di morti.
Stimolata anche da alcune domande da parte del pubblico, nel corso della serata è emersa anche la necessità di parlare del fenomeno della Lega nord, un partito, come viene sostenuto in Un paese normale? da Martina Avanza, che è riuscito a far passare la violenza verbale xenofoba come qualcosa di folkloristico. Questo perché all’interno della Lega convivono varie anime, tra cui l’area vicina a Mario Borghezio, ex militante dell’estrema destra e ora europarlamentare della Lega nord. Come ricordato da più parti, l’azione di Mario Borghezio è perfettamente in linea con una strategia, quella dell’estrema destra, di entrare nei gangli della vita democratica europea e occupare posizioni strategiche. Sono note le indicazioni in questo senso di Borghezio a un gruppo di giovani militanti dell’estrema destra francese, riportate nel documentario Ascenseur pour le fachos. Ma in Italia non solo la Lega è attraversata da correnti di destra radicale. Uno dei partiti fondatori dello stesso Popolo delle Libertà fu Azione Sociale di Alessandra Mussolini, partito dichiaratamente neofascista sebbene privo di un bacino elettorale molto ampio.
Il tema trattato a conclusione del dibattito ha riguardato invece la presenza di simboli come svastiche o croci celtiche in luoghi di aggregazione popolare e giovanile come gli stadi. È stato anche osservato come ormai Predappio viva del turismo nostalgico, e si possano trovare numerosissimi negozi con gadget che richiamano direttamente il fascismo (a differenza dei paesi di lingua tedesca, dove per qualche anno la casa natale di Hitler ospitò una biblioteca e dove oggi si può notare la targa «Für Frieden, Freiheit und Demokratie nie wieder Faschismus. Millionen Tote Mahnen», cioè «Per la pace, la libertà e la democrazia, mai più fascismo. Milioni di morti ce lo ricordano»). Sia nel caso degli stadi che in quello di Predappio siamo davanti a un fenomeno di banalizzazione della politica e dei suoi simboli, una banalizzazione che peraltro si riscontra anche nel mondo cattolico e nella sinistra (basti pensare all’immagine di Guevara). La politica diventa un oggetto di consumo, come una maglietta o un marchio su un cappellino, e viene venduta in luoghi come negozi, supermercati o stadi senza che il significato più profondo dei simboli impressi sulla stoffa possa essere analizzato fino in fondo. È anche in questo modo, quindi, che l’estrema destra riesce a farsi notare, a far parlare di sé, oltre che attraverso azioni populiste e/o violente.
La serata, organizzata per cercare di capire come il neofascismo sia potuto sopravvivere nella storia e nella società italiana ed europea, ha fornito alcuni spunti di discussione e riflessione sul modo in cui le istituzioni democratiche, nate dalla lotta antifascista, possono arginare e combattere la rinascita di questo movimento.

 

NOTE:

 

Nota 1. A. Mammone, N. Tranfaglia, G. A. Veltri (a cura di), Un paese normale? Saggi sull’Italia contemporanea, prefazione di Tiziana Ferrario, Dalai, Milano 2011 (ed. or. A. Mammone, G. A. Veltri (eds.), Italy Today. The Sick Man of Europe, Routledge, London 2010). Torna al testo

 

Nota 2. Mi riferisco in particolare all’articolo di Andrea Mammone, The Transnational Reaction to 1968: Neo-fascist Fronts and Political Cultures in France and Italy, in, «Contemporary European History», 17/2 (2008), pp. 213-236. Torna al testo

 

 

Questo contributo si cita: F. Chiaricati, Dal tramonto all’alba. Il neofascismo in Europa oggi. Resoconto di una serata di riflessione, in «Percorsi Storici», 0 (2011) [http://www.percorsistorici.it/component/content/article/10-numeri-rivista/numero-0/37-chiaricati-dal-tramonto-allalba]

 

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