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Le armi della Rsi (1943-1945), «Quaderni bresciani», 20 (2010), pp. 3-156

(Roberta Mira)

Il numero monografico di «Studi Bresciani» dedicato alla Repubblica sociale italiana (Rsi) raccoglie una serie di contributi su alcuni dei diversi corpi armati che popolavano la Repubblica di Salò, dalla Guardia nazionale repubblicana, il cui ruolo è qui ricostruito da Mimmo Franzinelli; alla Decima Mas, che Alessandro Massignani affronta mettendo in evidenza un aspetto meno conosciuto come quello dei compiti di intelligence affidati alla formazione di Valerio Borghese; passando per la formazione delle divisioni dell’esercito di Salò, collocata da Marino Viganò nel più ampio quadro degli avvenimenti dell’estate 1944; e le SS italiane con un’analisi di Riccardo Caporale sul corpo militare e sulle modalità di trasmissione della memoria e dell’esperienza dei volontari italiani delle SS sia nella storiografia che nella memorialistica.
Tutti i contributi, partendo ognuno da un caso specifico, pongono in evidenza le difficoltà interne della Repubblica sociale, la competizione fra i vari corpi, il rapporto non privo di scontri con l’alleato tedesco e il prevalente impiego delle strutture militari e di polizia della Rsi nella repressione dell’opposizione interna e della Resistenza partigiana che appare come il compito precipuo di Salò, quasi l’unico motivo su cui basare il prosieguo della propria esistenza.
Il volume è aperto dal denso contributo di Dianella Gagliani – quasi un’introduzione agli altri saggi – nel quale, attraverso il caso delle Brigate nere (Bn), l’autrice si interroga sul numero effettivo di aderenti e di combattenti su cui Salò poteva contare. Un problema non di piccolo conto se si pensa che alla forza numerica di un certo corpo della Repubblica sociale si connette direttamente una valutazione del fenomeno Rsi nel suo complesso. Non a caso anche in altri contributi ci si pone la domanda relativa alla consistenza delle formazioni militari e di polizia della Repubblica di Salò (Massignani; Caporale). È come se l’autrice ci invitasse a domandarci se abbia senso utilizzare termini quali esercito o polizia senza che questi siano supportati da una valutazione delle effettive forze in campo, valutazione da cui dipendono una corretta collocazione nel quadro storico dei termini stessi e delle strutture a cui essi rimandano e, al contempo, la possibilità di interpretare il peso della Rsi nel contesto in cui si sviluppò, le sue dinamiche interne, la sua storia.  Gli interrogativi si fanno più stringenti quando si tratta delle Brigate nere, nate direttamente dalla trasformazione del Partito fascista repubblicano in una forza militarizzata, con il compito specifico di combattere gli oppositori interni della Rsi e di incarnare il prototipo dei fascisti e del fascismo, il «modello dei modelli dei combattenti» di Salò (p. 15).
Gagliani ci mostra come un’analisi che incroci le fonti quantitative con quelle qualitative permetta allo storico di fare chiarezza su alcuni punti oscuri e di svelare i “depistaggi” introdotti ad arte nella documentazione e nella memorialistica. I dati circolati sulle Brigate nere sia al momento della loro costituzione e fino al 1945, sia nelle narrazioni successive alla seconda guerra mondiale sono stati, infatti, in molti casi gonfiati, in un rapporto che secondo l’autrice è prossimo a quello di uno a dieci. Gagliani, recuperando le informazioni disponibili sul numero di iscritti al Partito fascista repubblicano e sui fascisti che si arruolarono effettivamente nelle Brigate, svela come vi fu una notevole discrepanza non solo con il dato diffuso da Giorgio Pisanò – 110.000 brigatisti neri – ma anche con l’obiettivo di 50.000 effettivi che si sarebbero dovuti avere sulla base della creazione di 48 Brigate, ciascuna di 1.000 uomini, di un comando generale e dei servizi. Secondo Gagliani le Bn avrebbero avuto una forza effettiva aggirantesi fra le 11.000 e le 16.000 unità.
Tale quadro emerge dal confronto delle fonti e in special modo dall’esame di quelle qualitative, le quali fanno risaltare le difficoltà incontrate ovunque sul territorio della Rsi a mobilitare nelle Brigate gli iscritti al partito. Non solo le Brigate nere non corrisposero numericamente all’orizzonte che Mussolini e gli altri vertici del partito si erano posti con la loro creazione, ma anche su un piano di qualità dei combattenti il continuo oscillare dei comandi tra l’arruolamento su base volontaria e la coscrizione, la possibilità per i singoli fascisti di sottrarsi alla mobilitazione mediante favori e, viceversa, la decisione di entrare nel corpo per cercare occasioni di guadagno, la brutalizzazione determinata dall’estrema violenza, il passaggio nelle Bn di elementi non selezionati e non “credenti”, le differenze locali talvolta evidenti fecero delle Brigate nere un sistema composito che nella realtà dei fatti spesso si discostava dal modello presente sulla carta.
In chiusura del numero Daniele Mor e Fabio Ghidini danno conto di un’importante operazione compiuta dalla Fondazione Micheletti che ha informatizzato e messo a disposizione on line il patrimonio documentario rappresentato dai notiziari della Guardia nazionale repubblicana (Gnr), una delle strutture principali della Repubblica sociale. I notiziari, redatti quotidianamente per Mussolini e per i vertici militari e politici di Salò dal comando generale della Gnr, si basavano sulle notizie provenienti dalle diverse sedi provinciali della Guardia, suddivise per temi quali lo spirito pubblico, l’atteggiamento della popolazione, l’attività partigiana e antipartigiana, gli scioperi e restituivano un’istantanea e, allo stesso tempo, una interpretazione degli avvenimenti che segnavano la vita della Repubblica sociale. La Fondazione Micheletti ha provveduto alla digitalizzazione e indicizzazione di quasi 15.000 carte e al loro caricamento on line per agevolare l’accesso e la fruibilità dell’archivio Gnr, elaborando un database per la ricerca per data, località, ente, persona e sezione tematica. La ricchezza di tale materiale è indubbia, così come le potenzialità per la ricerca storica che derivano da questa operazione di informatizzazione delle fonti. La riproposizione nel volume di parte di un saggio di Pier Paolo Poggio e Gianni Sciola, apparso per la prima volta nel 1986 nell’annale Micheletti su La Repubblica sociale italiana e dedicato ad analizzare le modalità con cui i notiziari della Guardia approcciano la questione operaia (qui P. P. Poggio, Operai e comunisti nei notiziari della GNR), offre un esempio delle analisi che si possono condurre sui notiziari e di come questa fonte sia per gli storici uno strumento di indubbio rilievo per "leggere" l’Italia del periodo 1943-1945.

 

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