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Tito Menzani, Risorse di qualità e sostenibilità ambientale. Il Consorzio Cave Bologna fra successi di ieri e sfide di oggi (1961-2011), Clueb, Bologna 2012, pp. 135
(Matteo Troilo)
Nel 1961, l’edilizia era uno dei settori di punta della cooperazione bolognese, e per evitare le strozzature lungo la sua filiera, le principali cooperative di costruzione decisero di dare vita ad un’impresa deputata all’escavo degli inerti e alla loro lavorazione per la produzione di calcestruzzo. È passato mezzo secolo ed il Consorzio Cave Bologna – oggi noto anche come Concave – continua ad essere un competitor importante in questo settore, basti pensare che il suo fatturato annuo raggiunge i 10 milioni di euro.
Di questa vicenda imprenditoriale tratta il libro Risorse di qualità e sostenibilità ambientale. Il Consorzio Cave Bologna fra successi di ieri e sfide di oggi, 1961-2011 (Bologna, Clueb, 2012), scritto da Tito Menzani, docente di storia economica nell’ateneo bolognese e buon conoscitore della storia industriale emiliano-romagnola, tanto che da diversi anni è un interlocutore del mondo imprenditoriale in qualità di consulente scientifico e culturale.
Inizialmente, gli impianti del Consorzio Cave erano a Casalecchio di Reno, presso via Garibaldi, ma nel 1976 vennero spostati a Bologna, in via Zanardi, al confine con Castel Maggiore. Dopo un decennio, la sede legale sarebbe stata fissata proprio in quest’ultimo comune, nella prestigiosa cornice di Villa Melloni, in località Trebbo di Reno.
Come spiega Menzani, la storia del Consorzio Cave è stata contraddistinta da un forte impegno in termini di sostenibilità. La figura del cavatore era stata spesso associata a quella di un profittatore, che si preoccupava di estrarre ghiaia dal sottosuolo, lasciando «ferite» sul territorio. Il Consorzio Cave si è sforzato di modificare quest’immagine, con un comportamento virtuoso, di grande rispetto per le comunità; le cave esaurite non sono mai state abbandonate, ma – opportunamente riallestite – sono state destinate ora a parco pubblico, ora a cassa di espansione, fino a un recente impiego come sede di una centrale fotovoltaica.
Il volume, che compare nella collana Esperienze ed immagini cooperative, curato dal Centro italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale, è ricco anche di immagini storiche e corredato da un’appendice statistico-documentaria molto ampia che fornisce un quadro aggiuntivo di tutto rispetto. Nel complesso, quindi, si tratta di una ricerca che – come molto spesso avviene – è stata promossa in occasione di un anniversario, ma che è assolutamente andata al di là di un fine celebrativo, per fornire un contributo euristico su una realtà ad oggi ignorata dalla storiografia.
In effetti, sono numerosi i piani interpretativi che Menzani sviluppa nel suo lavoro. Innanzi tutto la struttura societaria – passata da consorzio a cooperativa –, ma anche la dislocazione geografica, con cinque cambi di sede, cave sempre nuove, e il trasferimento dell’impianto da Casalecchio a Bologna. Poi, naturalmente, si sono aggiornate le tecnologie, con soluzioni iniziali all’insegna del contenimento dei costi che sono state sostituite con macchinari più moderni fino ad avere oggi un impianto assolutamente all’avanguardia.
Ma l’aspetto centrale, sul quale l’autore si è maggiormente concentrato, è stata la maturazione di una sensibilità ambientale. Nei primi anni sessanta, i cavatori si preoccupavano solamente di estrarre ghiaie dal suolo o dal letto dei fiumi, senza considerare che a lungo andare la loro azione erosiva avrebbe potuto provocare dei danni ambientali. Il Consorzio Cave Bologna ha rappresentato in largo anticipo una coscienza ecologica che ha consentito di coniugare l’attività estrattiva e la produzione dei conglomerati con il rispetto del territorio. La sostenibilità è diventata l’imperativo dell’azione imprenditoriale e ha rappresentato il valore aggiunto più tangibile per gli stakeholders.
Oggi, il Consorzio Cave Bologna si distingue nel panorama regionale per professionalità, competenza e – ancora una volta – sensibilità etica. Il pay-off «risorse e ambiente» continua a dare conto di questo binomio, che non deve essere considerato solamente una sinergia virtuosa, ma il vero motore della sua azione concreta. Perché il Consorzio Cave Bologna non scava se non ha già un progetto di riutilizzo dell’area interessata, non interviene sul territorio senza consultare la comunità che lo abita, non intende l’efficienza come esclusivamente funzionale al profitto ma anche all’azione sociale, mutualistica e solidaristica.
L’estrazione degli inerti e gli impianti di lavorazione degli stessi possono creare dei disagi, ma sono delle attività irrinunciabili. E il Consorzio Cave Bologna – ci spiega Menzani – non solo si preoccupa di ridurre al minimo queste criticità, ma svolge un’importante azione compensativa a beneficio dei cittadini che risiedono nei comuni dove opera.