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Raffaella Biscioni, Alessandro Luparini, Tito Menzani, L’impresa della cooperazione. Sessant’anni di storia di Legacoop Ravenna, 1950-2010, Longo, Ravenna 2013

(Francisco José Medina Albaladejo)

 

A livello internazionale, le storiografie di vari paesi stanno riflettendo sul ruolo sociale ed economico che le imprese cooperative hanno avuto nel corso dell’età contemporanea. Nate in Inghilterra a metà del XIX secolo, si sono rapidamente diffuse in vari territori e in differenti settori merceologici, fino a diventare un’importante realtà in gran parte dei paesi del mondo. Oggi, quindi, gli storici spagnoli, brasiliani, inglesi, tedeschi, giapponesi e italiani – solo per limitarci ad alcune tra le tante scuole storiografiche – stanno approfondendo i molteplici aspetti di questo percorso di sviluppo e trasformazione. In questo, la storiografia italiana è sicuramente all’avanguardia e ha saputo indicare importanti piste e metodologie di ricerca.
Il volume qui recensito affronta un caso di storia locale, ma è importante per tre motivi. Innanzi tutto si concentra sulla provincia di Ravenna, in assoluto uno dei contesti italiani a maggior vocazione cooperativistica. Secondariamente, non sceglie quale oggetto d’indagine un’impresa o un insieme di imprese, bensì una struttura di rappresentanza, e quindi un network che – come si spiega poi nella ricerca – ha avuto un ruolo decisivo nell’orientare le scelte operate dal movimento in questa porzione di territorio. In terzo luogo, i tre autori hanno competenze differenti e complementari e hanno saputo organizzare il lavoro dando luogo ad un approccio metodologico tanto interessante quanto innovativo, che ora veniamo subito ad illustrare.
L’idea della ricerca è nata in occasione del sessantesimo anniversario della nascita della Lega delle cooperative della provincia di Ravenna (oggi Legacoop Ravenna), ma la sua attuazione non è stata certo all’insegna di una piatta celebrazione di questo organismo. Si tratta di una ricerca storica rigorosa e puntuale, che ha utilizzato un enorme volume di fonti inedite, e che ha contribuito a chiarire (naturalmente, in maniera critica) le varie fasi che hanno portato la Lega provinciale ad accompagnare la crescita del movimento.
Il primo contributo, intitolato La Lega delle Cooperative di Ravenna. Le vicende politiche e la città, è di Alessandro Luparini, studioso di storia politica già collaboratore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in Ravenna e provincia e attualmente in forza alla Fondazione Casa di Oriani, sempre a Ravenna. Questa sezione del libro ci introduce nel contesto sociale e politico del secondo Novecento ravennate, con particolare attenzione alla fase del miracolo economico e degli anni settanta. In questo lungo periodo, infatti, appaiono molto più marcati i contenuti politici della cooperazione rispetto a quelli esclusivamente economici e quindi la Lega provinciale svolse una fondamentale funzione di raccordo con i principali partiti legati a questo segmento del movimento, e cioè il Partito comunista, il Partito socialista e il Partito repubblicano. Luparini ricostruisce dettagliatamente l’interessante dibattito che si svolse all’interno della Lega, che rimanda a un contesto di importanti scelte concrete, in termini di investimenti e di radicamento sociale, e di interferenze ambientali riconducibili al clima da guerra fredda, e dunque eccentriche al fatto cooperativo vero e proprio.
Il secondo contributo, invece, è di Tito Menzani, che insegna storia economica e storia dell’impresa all’Università di Bologna e che da oltre dieci anni si occupa di storia del movimento cooperativo. Il suo saggio, Lavoro, sviluppo, democrazia. Legacoop Ravenna fra modelli d’impresa e organizzazione economica (1950-2010), è invece incentrato sul versante imprenditoriale della cooperazione. In particolare, in una prima parte viene ricostruita l’evoluzione quantitativa del movimento ravennate del secondo Novecento, in termini di imprese, addetti, soci e fatturato; si tratta di una fotografia diacronica lungo alcuni benchmarks temporali che non era mai stata compiuta prima, nonostante i numerosissimi contributi sul movimento romagnolo, che quindi va a colmare una lacuna storiografica. Nella seconda parte, invece, Menzani si dedica all’analisi dell’organizzazione della Lega provinciale in termini di servizi alle associate e soprattutto di costruzione di un modello economico alternativo a quello convenzionale. In tal senso, la Lega fu molto più che una semplice e periferica organizzazione di rappresentanza, arrivando a governare e coordinare – insieme alla simmetrica Federazione delle cooperative, che aveva compiti consortili e finanziari – un sistema cooperativo organico e integrato, in cui rapporti formali e informali costituivano un collante imprescindibile.
Il terzo ed ultimo contributo – Fotografia e immagine pubblica della cooperazione ravennate (1950-1983) – è di Raffaella Biscioni, studiosa di storia della fotografia e docente di Storia e tecnica della fotografia e degli audiovisivi all’Università di Bologna, sede di Ravenna. Anche questa sezione è particolarmente originale perché analizza l’evoluzione dell’autorappresentazione del movimento, a partire dalle scelte adottate della Lega provinciale, e attraverso una content analysis del suo house organ. Si tratta effettivamente di pagine che implementano le conoscenze pregresse attraverso un nuovo angolo d’osservazione e che costituiscono quindi un valore aggiunto nell’economia complessiva della ricerca.
Il volume è introdotto dalle considerazioni di Giovanni Monti e di Lorenzo Cottignoli, noti dirigenti della cooperazione ravennate (e nazionale) che da anni stanno svolgendo un encomiabile compito di tutela della cultura cooperativa e di promozione della ricerca storica, per rafforzare il movimento dal punto di vista identitario e per fornire ai manager, ai lavoratori e ai soci di oggi (ma anche ai semplici cittadini) la consapevolezza di un percorso evolutivo con radici profonde. Segue una presentazione della ricerca di tre studiosi della cooperazione, e cioè Dante Bolognesi, all’epoca direttore della Fondazione Casa di Oriani, Maurizio Ridolfi, ordinario di storia contemporanea all’Università della Tuscia, e Fabio Fabbri, ordinario di storia contemporanea all’Università di Roma Tre.                        
In conclusione si tratta di un libro che molto aggiunge in termini di conoscenze alle vicende storiche della cooperazione romagnola, ma soprattutto che propone un metodo d’indagine che potrebbe essere replicato su altri territori. Si tratta di tenere la lente sugli organi di rappresentanza del movimento per cogliere la loro funzione proattiva e propositiva rispetto al tessuto economico e politico di riferimento, composto di imprese cooperative e di relativa classe dirigente; il tutto da tre punti d’osservazione dati dalla storia politica, dalla storia economica e dalla storia della comunicazione. 

 

   (traduzione di Matteo Troilo)

 

 

 

 

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