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Angelo Ventura, Il fascismo e gli ebrei. Il razzismo antisemita nell'ideologia e nella politica del regime, prefazione di Sergio Luzzatto, Donzelli, Roma 2013, pp. 180

(Simona Salustri)

 Ventura

Siamo soliti guardare con una certa diffidenza ai volumi che propongono la riedizione di articoli e contributi già comparsi su riviste o in atti di convegno. Non raramente a queste pubblicazioni sottendono motivazioni accademiche o finalità strettamente editoriali. Non è questo il caso. Il libro di Angelo Ventura, come ben sottolinea l’articolata introduzione curata da Sergio Luzzatto, evidenzia un elaborato percorso di analisi dedicato alla relazione tra questione ebraica e fascismo. Tra il 2001 e il 2004 Ventura, professore emerito di Storia contemporanea presso l’Ateneo di Padova ed esperto conoscitore della storia della sua Università nel Ventennio fascista, ha dedicato diversi contributi al tema della persecuzione antiebraica in Italia.
Ancora a metà degli anni Novanta la storiografia era legata alle conclusioni raggiunte da Renzo De Felice nel suo ormai trentennale Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo che, seppur in parte aggiornato dallo stesso autore nelle diverse edizioni e approfonditamente analizzato da Ventura in uno dei saggi contenuti in questa raccolta, volevano l’antisemitismo come marginale nell’ideologia fascista, nato dalla necessità mussoliniana di rafforzare l’alleanza con la Germania nazista. Nuovi studi proprio a partire dagli anni Novanta – ricordiamo i lavori di Pietro Nastasi, Giorgio Israel e Roberto Maiocchi – hanno permesso di rivedere le tesi di De Felice a partire dall’ambito scientifico, mettendo in evidenza come nel corso degli anni Trenta il mondo accademico italiano avesse accolto i maggiori fautori dell’antiebraismo nelle sue molte correnti di pensiero: da quella biologica a quella esoterico-tradizionalista, attraverso la definizione nazional-razzista. È quindi emerso, grazie a studi su singoli settori e con analisi sempre più articolate, come l’antisemitismo fascista avesse rappresentato una componente fondamentale nell’ideologia del Ventennio. L’idea di stirpe presente nel primato della nazione e nella definizione di Stato etico erano proprie del fascismo sin dalle origini, elementi intrinsechi dell’ideologia del movimento, e quindi l’adesione al razzismo hitleriano fu una naturale evoluzione di un antisemitismo primordiale. Ventura si è inserito in questo dibattito arricchito dal lavoro di Michele Sarfatti Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzioni.
Con il suo intervento dal titolo La svolta antiebraica nella storia del fascismo italiano Ventura ha messo in evidenza l’accelerazione alla risoluzione della questione ebraica impressa dal fascismo nel 1938 attraverso la pubblicazione delle leggi razziali: il regime aveva l’esigenza diplomatica di rinsaldare i rapporti con Hitler, ma il substrato sul quale poggiava la politica razzista era di natura dottrinaria. Razzismo e antisemitismo, o le due concezioni presenti non sempre insieme, erano parte integrante dell’ideologia fascista e su di esse si fondava l’elaborazione del corpus di leggi antiebraiche e le scelte politico-ideologiche sottese alla loro elaborazione.
L’osservatorio privilegiato dell’analisi di Ventura è rimasto in molti contributi l’Università di Padova che in parte riflette il più generale mondo accademico italiano. Nel ricostruire le vicende del suo Ateneo, l’autore ha tracciato le linee della scrupolosa applicazione di una farraginosa legislazione antisemita, dimostrando ancora una volta il preciso intento perseguito dal regime. Quello che però maggiormente è emerso dalla vicenda padovana è il contesto entro il quale le leggi del 1938 vennero applicate. Burocrazia, da un lato, supportata e applicata dai poteri accademici senza la benché minima opposizione da parte dei docenti ariani, e resistenza “affettiva” di alcuni, come dimostra la vicenda che legò il rettore Carlo Anti, ligio alla normativa ma nel privato sostenitore dell’amico e collega Tullio Terni – stimato anatomista, fondatore e direttore dell’Istituto di Istologia ed embriologia della Facoltà di Medicina –. A Terni Ventura ha dedicato pagine importanti, mettendo in evidenza l’esclusione degli ebrei dalla vita del paese che da professionale divenne rapidamente civile, per trasformarsi in molti casi in eliminazione fisica, colpendo non di rado anche coloro che, allontanati dopo il 1938 perché ebrei, avevano in precedenza apertamente appoggiato il regime.
Il percorso di Ventura su questi temi, oltre ad avere un valore intrinseco, ha aperto la strada ad approfondimenti specifici sull’antisemitismo italiano, argomento su cui bisogna continuare a riflettere per capire non solo il peso reale dell’esclusione degli ebrei dalla vita civile, culturale e politica del paese, ma per chiarire sempre meglio le finalità e la natura del totalitarismo italiano.

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