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Disponiamo di apprezzabili studi sul fronte interno italiano nel corso della Grande Guerra, anche se non si può dire che il tema abbia riscosso un grandissimo interesse fra gli storici. Disponiamo anche di ottimi studi sulla storia dell'Azione Cattolica (Ac) in quegli anni. Ma, dopo le pregevoli e pioneristiche ricerche di Cecilia Dau Novelli, scarsa attenzione è stata dedicata al tema dell’enorme attivismo delle donne organizzate dall'Azione Cattolica. Eppure, come è ormai noto, le donne furono grande parte del fronte interno e le cattoliche furono parte imponente della mobilitazione femminile. L'Unione donne di Ac riuscì infatti a  coinvolgere migliaia di donne  fino a quel momento restie a qualsiasi azione al di fuori della casa, e ad accreditarsi a livello istituzionale come la struttura femminile maggiormente significativa, pronta a porre da parte il laico Consiglio nazionale delle donne italiane, fino a quel momento punto di riferimento centrale per il governo liberale.
Tutto ciò merita di essere considerato alla luce delle nuove domande che pone la storiografia. Le schiere femminili cattoliche compatte e ben organizzate che si pongono sulla scena nazionale nel corso del conflitto infatti forniscono enorme quantità di "manovalanza sociale" per la guerra e hanno il ruolo di  accreditare definitivamente tutto il mondo cattolico sulla scena nazionale, ponendo in secondo piano il taglio patriottico e rivendicativo-femminista di tante che stavano impegnandosi nel fronte interno.
Ma gli aspetti più interessanti da indagare riguardano la capacità di penetrazione dell’azione di propaganda di guerra cui le cattoliche vengono sollecitate e che esse stesse mettono in campo, nonché i modi e l'intensità con cui esse riescono a connotare il mondo delle assistenze di guerra, antefatto del futuro welfare state, all’interno del quale assumono un ruolo di primo piano.
La loro azione propone una immagine ideale dell'italiana, obbediente e operosa, intenta a "servire" piuttosto che a rivendicare,  espressione di una vasta capacità di proselitismo  che  anticipa il futuro coinvolgimento di massa  dell’epoca fascista e  annuncia  una forma di modernità "all'italiana", ovvero segnata da forti connotazioni familiste, tradizionaliste e conservatrici.
In questo senso l'intenso impegno sociale di queste attiviste può costituire un angolo di osservazione prezioso per rispondere alla domanda cruciale che poneva Guido Formigoni qualche anno fa riguardo alla capacità del ricco complesso di attività messe in campo dal laicato cattolico di influire sulla coscienza degli italiani.

 

Parole chiave: donne, cattolicesimo, Italia, prima guerra mondiale

 

Profilo

Beatrice Pisa, laureata nella facoltà di Scienze Politiche di Roma “Sapienza”, ove ha insegnato Storia contemporanea, Storia dell’integrazione europea e Storia delle donne, è autrice di vari saggi e testi sulla Storia dell’irredentismo, della prima guerra mondiale, dell’integrazione europea e sulla Storia delle donne.

 

 

Catholic Women in the War (1908- 1919)

This paper describes the action of the Unione Donne di Azione Cattolica during the first world war and its great ability to involve thousands of women till then reluctant of any action outside home and to apply for accreditation as the most important female association.
During the war catholic women, compact and well organized, provide large amount of social work and definitively accredit the catholic world at the national level, placing in a second floor the secular feminism.
Catholic women assume a leading role in the assistances of war, antecedent of the future welfare, influencing it widely.
Interpreters of a close interplay between modernity and tradition, accentuate the self-giving of women’s engagement in the conflict, accompanying and at the same time shaping a form of the modernization charged of contradictory aspects.

 

Keywords: Women, Catholicism, Italy, WWI

 

Biography

Beatrice Pisa, graduated in Political Science at the University of Rome "La Sapienza". She has taught Contemporary History, History of the European Integration and Women's History at the Faculty of Political Science of the University of Rome "La Sapienza". She has written several essays and books on the History of Irredentism, of WWI, of the European Integration and on Women's History.

 

 

 

La Prima guerra mondiale ha rappresentato un’importante cesura per la storia militare, politica, sociale ed economica. Diversi studiosi hanno infatti dimostrato come la Grande guerra è stata anche un conflitto industriale in cui la qualità e la quantità della produzione ha contribuito a sancire la vittoria finale. In Italia la guerra del 1915-18 ha rappresentato anche un volano per lo sviluppo industriale contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo di società come la Fiat, la Piaggio, l’Ilva e l’Ansaldo. Tuttavia, l’opinione pubblica accusava che tale sviluppo era avvenuto anche grazie ai  sovrapprofitti realizzati da molti fornitori di prodotti a uso bellico.
Si trattava di accuse fondate? In caso affermativo, quali erano state le cause profonde che le avevano originate? Tra il 1920 e il 1923 la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra affrontò lo spinoso problema dei sovrapprofitti svelando gli opachi rapporti creatisi nella straordinaria contingenza della Grande Guerra. Grazie al fondo omonimo, reso consultabile solo negli ultimi anni e conservato presso l’Archivio storico della Camera dei Deputati, in cui sono conservate più di ottocento relazioni riguardanti “pescecani industriali”, e analizzando il fondo Ministero Armi e Munizioni, Contratti (Archivio Centrale dello Stato) è possibile oggi ricostruire il fenomeno del sovrapprofitto con cui approfondire lo studio di alcune delle trasformazioni economiche e sociali che hanno influenzato il mondo mentale e culturale italiano, oltre ad aver creato un nuovo rapporto tra Stato e industria.
Si tratta di un innovativo approccio verso lo studio del rapporto tra il fronte e il fronte interno che contribuisce ad aprire nuove scenari di ricerca e offrire ulteriori spunti per affrontare il dibattito su Stato e industria privata. Analizzando il caso di studio dell’industria aeronautica italiana, ricostruiremo infatti non solo l’origine del sovrapprofitto ma anche alcune delle ripercussioni che tale “illecito guadagno” ebbero nel dopoguerra e sul sistema economico e industriale italiano.

 

Parole chiaveGrande Guerra, soprapprofitto, Commissione parlamentare d’inchiesta, pescecani industriali, industria aeronautica

 

Profilo

Fabio Ecca è laureato in Storia e società presso il Dipartimento di Studi Storici, Geografici e Antropologici dell’Università degli Studi Roma Tre ed è attualmente dottorando in Storia e Scienze filosofico-sociali presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Si è occupato di storia del fascismo e dell’antifascismo e collabora nella ricerca storica con l’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (Anppia). Ha pubblicato Cristo si è fermato a Eboli? I confinati politici a Eboli e Aliano (Gedit edizioni, Bologna 2009) e Gino Girolimoni. Una mostruosa storia romana (Palombi editori, Roma 2014). È membro della redazione della rivista Cinema e storia (Rubbettino, Soveria Mannelli). 

 

Politics, business and malfeasance in Italy in the Great War 

World War One has been a fundamental caesura in the military, political, social and economic history. Several historians have showed that the Great War was an industrial conflict too, in which the quantity and quality of production contributed to the final victory. In Italy the Great War also represented the driving force for industrial development and definitely contributed to the growth of companies like Fiat, Piaggio, Ilva and Ansaldo. Nevertheless, the public opinion accused this growth of having occurred thanks to the “over-profit” realized by many suppliers of war material.
Were these accusations well-founded? If so, which deep causes originated them? From 1920 to 1923 the “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle spese di guerra”  broached the thorny subject of over-profit and revealed the veiled relations established in the extraordinary circumstance of the Great War. Thanks to the documents collection of the same name, that can be consulted only since the last years and  kept in the “Archivio storico della Camera dei Deputati”, in which more than 800 reports concerning the industrial profiteers (“sharks”) are preserved, and by examining the Ministero Armi e Munizioni, Contratti (Archivio Centrale dello Stato) documents collection, it is now possible to reconstruct the case of over-profit. This can be useful to investigate the study of some of the economic and social transformations that have influenced the Italian mind and cultural world, and have created a new relation between Government and industry.
It is a new approach in the study of the front and the home front, which helps to open new research scenarios and to offer further ideas to go through the debate on Government and private industry. In analyzing the study case of Italian Aeronautical industry, the aim is to reconstruct not only the origin of over-profit, but also some of the consequences that this illegal profit had in the postwar period and on the Italian industrial and economic system.

 

KeywordsGreat War, Over-profit, Parliamentary Committee of Inquiry, Industrial Profiteers, Aeronautical Industry

 

Biography

Fabio Ecca graduated in History and Society at the Department of History, Geography and Anthropology of the Third University of Rome and he is currently doctoral student in History and Philosophical and Social Sciences at the University of Rome "Tor Vergata". His works focuse on fascism and anti-fascism and he collaborates with the Association of the Italian Anti-fascist Political Percescuted (Anppia). He has published Cristo si è fermato a Eboli? I confinati politici a Eboli e Aliano (Gedit edizioni, Bologna 2009) and Gino Girolimoni. Una mostruosa storia romana (Palombi editori, Roma 2014). He is member of the editorial staff of the review «Cinema e storia» (Rubbettino, Soveria Mannelli, Catanzaro). 

 

 

Uno sguardo di medio periodo su Trieste e immediati paraggi negli ultimi decenni prima della deflagrazione della guerra mondiale e durante il conflitto consente di osservare alcuni fenomeni presentatisi nello stesso arco di tempo in buona parte dell’Europa centro-orientale, di cui la Venezia Giulia, per la sua natura plurinazionale, sembra essere un compendio. L’osservazione viene condotta a partire da due scuole, espressione di due diverse comunità: la scuola popolare di una frazione rurale ai margini del centro urbano, frequentata principalmente da bambini sloveni figli di contadini o di braccianti impiegati in città, e la scuola reale, un istituto medio paragonabile ad un istituto tecnico o a un liceo scientifico, luogo di formazione dei figli della classe media di lingua italiana. Due diversi prospettive, per condizioni sociali ed età, di vivere i mutamenti sociali e la realtà del conflitto, entrambe tuttavia estranee ai coevi processi in atto nel Regno d’Italia, pronto a entrare in guerra per l’annessione anche di Trieste.

 

Parole chiave: Trieste, Mitteleuropa, nazionalizzazione, storia dal basso, scuola, prima guerra mondiale

 

Profilo

Andrea Dessardo, nato a Trieste nel 1984, l’11 febbraio 2014 ha conseguito presso la LUMSA di Roma il titolo di dottore di ricerca (XXVI ciclo) in Teorie, storia e metodi dell’Educazione, discutendo, sotto la supervisione del prof. Giuseppe Tognon, la tesi Una nazione e nuove frontiere. Trento e Trieste 1918-1923. Storia politica e sociale dell’istruzione. È attualmente cultore della materia in Storia della pedagogia presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università degli Studi di Udine.
È laureato in Scienze politiche e internazionali presso l’Università degli Studi di Trieste, avendo discusso con il prof. Raoul Pupo e la prof.ssa Liliana Ferrari una tesi pubblicata nel 2010 dall’Istituto regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia come «Vita Nuova» 1945-1965. Trieste nelle pagine del settimanale diocesanoPer le Edizioni Meudon del Centro Studi «Jacques Maritain» di Portogruaro (VE) ha pubblicato le opere di narrativa Cinque racconti (2009), Come la spuma del mare (2009) e Stazioni intermedie (2010). È giornalista pubblicista dal 2005 e dal 2008 è segretario di redazione del trimestrale «Dialoghi» (Editrice AVE, Roma).

 

 

Inside and outside Italy. Nationalization processes and First World War in two schools in Trieste

A medium term look over Trieste and its immediate neighbourhood during the last decades before the Great War outbreak and during the War permit to observe some phenomena, which appeared in the same time in a large part of Central-Eastern Europe, of whom the Julian March, by its multinational character, seems to be a summary.
The observation is led from the point of view of two schools, expressions of two different communities: the rural suburban elementary school attended especially by the children of Slovenian farmers and breadwinners, and the Realschule, a techno-scientific high school for the education of the Italian middle-class’ offspring. Two different perspectives, by social status and age, from where to experience social changes and war everyday life, they both anyway extraneous to the processes at the same time occurring in the Kingdom of Italy, ready to enter the war for the annexation of Trieste too.

 

Key-words: Trieste, Central Europe, Nationalization, History from below, Education, First World War

 

Biography

Andrea Dessardo was born in 1984 in Tieste; he has obtained his PhD in Theories, history and methods of Education in 2014 at LUMSA in Rome, defending the thesis Una nazione e nuove frontiere. Trento e Trieste 1918-1923. Storia politica e sociale dell’istruzione (tutor prof. Giuseppe Tognon). He currently collaborates with the Humanities Department of the University of Udine as expert of History of Pedagogy.
He graduated (MA) in Political and International Science at the University of Trieste. His MA thesis (tutors prof. Raoul Pupo and prof. Liliana Ferrari) has been published with the title «Vita Nuova» 1945-1965. Trieste nelle pagine del settimanale diocesano in 2010 by the Regional Institute for the History of the Liberation Movement in Friuli Venezia Giulia. He has written the works of fiction Cinque racconti (2009), Come la spuma del mare (2009) e Stazioni intermedie (2010), Ed. Meudon, Centro Studi «Jacques Maritain», Portogruaro (Venice). He is freelance journalist since 2005; since 2008 he is secretary of the editorial staff of the review «Dialoghi» (Ed. AVE, Rome).

Abstract

Twentieth century demonstrated previously unseen examples of internal policies. Innovative approaches in forms and methods of policy became widespread in totally different areas, beginning from organized people mass destructions, and up to creation of social state. WWI, as many other wars of the Twentieth century, was a big polygon of implementation of new technologies and forms of internal policy.
In my article I wish to analyze the main principles of modern policy in sphere of organized population movement: deportations and resettlements. Such actions, firstly experienced by state mechanisms during the wartime, become widespread in the politics of the Twentieth century.
Galicia, on the eve of WWI  borderland between Austria-Hungary and Russia  was a front-line area of the Eastern front. The front line wasn’t static here during the war, and different parts of Galicia often changed their jurisdiction from Austrian to Russian and vice versa. Both these regimes tried to use local population for its own needs and to punish opposition. Organized migrations were one of the instruments of such policy. Thus, Galicia could be a good example of modern population movement techniques. A number of key processes in this area are discussed in subsequent parts of the essay. The most important are soldier’s mobilizations, internment of suspected civil population, including the creation of first concentration camps, deportations of social or national groups, organized and spontaneous resettlement of refugees, deployment of prisoners of war.
The analysis of the Galician situation is essential in European perspective firstly because both Austria-Hungary and Russia used similar approaches to population movement, just addressing it to different strata of society; secondly because mass population movement policy was tested in a multinational society during wartime. After the end of WWI it became widespread all over Europe. 

 

Keywords: First World War, Galicia, displacement, European modernity, refugees

 

Biography

Serhiy Choliy, PhD, born 1988 in Novosilky (Kyiv region), Ukraine. From 2003 to 2008 he studied history at Taras Shevchenko National University of Kyiv, Ukraine (BA and MA study). Starting from 2008 he began his doctoral study at the same university. It was combined with international research projects in European countries: associated fellowship at DK "Austrian Galicia and its Multicultural Heritage", Vienna University; IVF research fellowship at Geographical Research Institute, Hungarian Academy of Sciences, Budapest etc.
 2013 he successfully defended his dissertation titled The Formation of the Austro-Hungarian Armed Forces as a Component of Internal Policy of the Habsburg Monarchy, 1868-1914 and is currently a lecturer at National Technical University of Ukraine "Kyiv Polytechnic Instittute"

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La valutazione storica del primo conflitto mondiale in Italia ha spesso visto una netta differenza tra una gestione Cadorna caratterizzata da una cieca applicazione delle norme disciplinari militari nelle unità al fronte e nella zona di guerra, e da una marcata tendenza da parte dei militari ad ampliare la propria sfera d'azione nei territori ad essi sottoposti, ed una gestione Diaz molto più attenta al benessere del soldato ed ai rapporti con le autorità civili. Differenza che si sarebbe concretizzata in una sorta di pacificazione tra comandi militari e soldati nel corso dell'ultimo anno di guerra, ponendo fine agli episodi di rivolta (ancorché limitati) registratisi alla vigilia di Caporetto. Sulla base della corrispondenza del comando della 2ª (poi 5ª) Armata italiana col comando supremo e con le unità e uffici dipendenti tra novembre 1917 e novembre 1918 (conservata presso l'archivio storico dell'esercito), il contributo si propone di problematizzare tale visione. I documenti d'archivio esaminati delineano infatti un quadro nel quale alle iniziative di welfare e propaganda rivolte ai militari si affianca una costante applicazione di strumenti repressivi e polizieschi che coinvolgono anche la popolazione civile e mirano a colpire tutte le espressioni di dissenso rispetto alla continuazione del conflitto. Non solo: viene alla luce una costante preoccupazione dei comandi militari per quanto accade all'interno del paese, specialmente per le attività disfattiste attribuite a socialisti e cattolici, in una identificazione tra nemico esterno ed interno che richiama le invettive cadorniane e arriva a prefigurare la comunità nazionale esclusiva del fascismo.

 


Parole chiave
:  p
rima guerra mondiale, Italia, Cadorna, Diaz, disciplina, repressione

 

Profilo

Jacopo Lorenzini ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Storiche, con lode e in co-tutela con l'Université Paris VII – Denis Diderot, presso l’Università di Bologna nel 2012. Attualmente è dottorando all'Università di Siena, con una tesi su L'élite militare nella nazione; Il caso italiano in prospettiva comparata 1861-1915. Ha pubblicato articoli su war and society nell'Italia liberale e sul ruolo dell'esercito italiano nel quadro di legittimazione nazionale della monarchia sabauda, oltre ad un volume di sintesi sull'Italia nella prima guerra mondiale in chiave comparativa, previsto in uscita entro la fine del 2014.

 

Defeatists and Traitors. Italian Commands and the "Inner Enemy" (November 1917 - November 1918)

A major issue that had always been marked in the historiography of Italy's Grande Guerra is the difference between the two chiefs of the general staff which commanded the royal army during the conflict. If Luigi Cadorna is depicted as a stubborn, cold-hearted man who retained the disciplinarian issues as the core of his leading task, his successor Armando Diaz is presented as a soldier's friend, caring over all about the well-being of his men. Under general Diaz leadership during the last year of the war, therefore, we read in many great war histories that a sort of pacification took place between commands and trench soldiers. Pacification which led to the italian victories on the river Piave (June 1918) and at Vittorio Veneto (October-November 1918). Using the correspondence of the italian reserve army command (2nd, then 5th) with the general headquarter and his units and bureaux, we're going to deepen and challenge that vision, highlighting how the repressive action (regarding both the soldiers and the population in the rear areas) has to be considered a permanent feature of the italian war.

 

Keywords: First World War, Italy, Cadorna, Diaz, discipline, repression

 

Biography

Jacopo Lorenzini is currently a history PhD student at Siena University. His main research theme is the professional and cultural formation of the italian officers from the Risorgimento to the rise of the fascist regime. He wrote several articles relating to war and society in liberal Italy, and about the importance of the military for the national legitimation process of the House of Savoy. A synthesis book about the First World War will be published by end of 2014.

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