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Fabrizio Colliva

Quelle antenne sui tetti. Memoria ed epopea delle Tv emiliano-romagnole

 

Quando nel 2003 per la tesi di laurea inizio ad occuparmi di principi costituzionali e disciplina dell’assetto radiotelevisivo, trovo l’interesse di Iride Tv (televisione nata come TV della Festa nazionale de «l’Unità» di Bologna) e poi di Nessuno Tv e Red Tv per realizzarne un documentario. Grazie a quel lavoro conosco tanti pionieri di quelle prime Tv libere e in molti mi spronano ad occuparmene in maniera più specifica: il documentario Pezzi d’etere, infatti, si limita a raccontare l’intricato sviluppo legale dell’assetto radiotelevisivo senza una connotazione territoriale.
A distanza di dieci anni riprendo in mano quel lavoro e spronato da alcuni colleghi che nelle emittenti locali sono cresciuti, decido di approfondire la storia delle prime Tv locali concentrandomi geograficamente sull’Emilia Romagna e temporalmente sul periodo 1972-1990 e cioè l’anno in cui la legge Mammì interviene con grave ritardo a regolamentare la materia.
Lo scopo di questo nuovo documentario è quello di recuperare una memoria che si è affievolita, che è stata fisicamente cancellata come gli archivi di quelle stesse emittenti.
È difficile credere che di una storia relativamente recente non sia rimasto quasi nulla: di un passato remoto o remotissimo abbiamo numerose testimonianze e documentazioni scritte e visive, mentre di programmi televisivi di appena trenta, quaranta anni fa non rimane nulla.
A differenza della Tv di Stato, infatti, le Tv locali non hanno né i mezzi né l’esigenza di costituire un archivio: l’archivio è un costo insopportabile per una piccola emittente, occorre un archivista, si devono acquistare nastri sempre nuovi mentre è prassi consolidata riutilizzare gli stessi più volte, cancellando le registrazioni precedenti. Se qualcosa sopravvive è solo grazie alle registrazioni casalinghe magari fatte per caso o per errore – evento assai raro – considerando che fino a metà degli anni Ottanta sono poche le famiglie che si possono permettere un videoregistratore.
Non aiuta nemmeno la rapida obsolescenza dei supporti videomagnetici e la loro scarsa affidabilità: se ancora a fatica si possono trovare cassette e videoregistratori U-Matic (all’ossido) ed U-Matic Sp o Bvu (al metallo), formati a bobina aperta come 1 pollice o ¼ o ½ di pollice sono rapidamente deteriorati e non esistono più apparecchiature in grado di leggerli, per non parlare di sistemi a cassetta come Vcr, Betamax, Video2000.
In sostanza si è salvato solo ciò che è stato riversato in passato, prima del deterioramento dei supporti o degli apparecchi di lettura.
Nella quasi totalità dei casi rimangono solo i ricordi dei protagonisti e qualche vecchia fotografia in una scatola da scarpe: storie di sedi Tv ricavate nei garage, negli appartamenti, con lo studio nel salotto e la regia in cucina, luoghi ormai dimenticati, oggi tornati alla loro funzione originaria senza più traccia del loro singolare passato.
A metà degli anni Settanta è frequente che le TV abbiano origine da gruppi di antennisti che per aumentare il lavoro installano piccoli ripetitori da pochi Watt che rilanciano i programmi a colori della Tv Svizzera italiana o di Capodistria, invogliando così il potenziale pubblico a far aggiungere nuovi rebbi alle antenne per ricevere programmi diversi dalla Rai: è il caso della Antre costituitasi nel 1973 a Bologna.
Da lì poi crescono le esperienze più strutturate di Tv con un proprio palinsesto originale.
Sono gli anni caratterizzati dal cosiddetto “Far West dell'etere” dove chi per primo occupa una frequenza di fatto se ne appropria. I giornali specializzati riconoscono fin da subito una dignità a queste piccole emittenti, dedicando alla loro programmazione qualche pagina graffettata; anche la Rai riformata, con le sedi regionali, cerca di offrire un servizio più vicino al territorio e alla sua popolazione, che lo richiede comunque a gran voce. Al potere del mezzo credono anche i gruppi di interesse, le cooperative, il mondo cattolico.
In ognuna delle città della regione c’è almeno un’emittente vicina al Partito comunista e, anche se non direttamente espresso, c’é anche un contraltare di matrice cattolica.
Nel giro di pochi anni nascono muoiono, cambiano nome e proprietà decine di piccole Tv; molte si fanno sedurre dai network nazionali, che comprano rami d'azienda per fagocitarne le preziose frequenze e in pochi continuano l'avventura.
È difficile orientarsi fra queste informazioni eterogenee raccolte, in alcuni casi, in maniera organizzata da qualche appassionato che ha aperto un blog o un sito. Una cosa è certa: già nella fase di indagine preliminare capiamo che un po’ tutti si considerano i veri pionieri e un po’ tutti pensano di essere stati i primi a impiantare una Tv locale.
Da giugno 2014 iniziamo a raccogliere informazioni e contatti per rintracciare i testimoni ed i protagonisti di quelle avventure.
Ad ottobre iniziamo le interviste.
A Bologna incontriamo Maurizio Martini oggi imprenditore nell’ambito audiovisivo.
Martini inizia a collaborare con TeleradioBologna. La sede è in via Caduti di Cefalonia, le risorse scarsissime ed il modo di fare televisione assai approssimativo: i film 16 millimetri si noleggiano da distributori di Verona perché il mercato bolognese è esclusivamente rivolto alle sale cinematografiche che usano il 35 millimentri,  e sono di regola quelli che costano meno: western e vecchi classici; accanto al proiettore sono sempre pronti due cartelli: “fine primo tempo” e “ci scusiamo per l’interruzione”: almeno una rottura della pellicola è probabile.
Il costo tecnico più alto della televisione è rappresentato dai trasmettitori valvolari e si cerca di regolare i ripetitori su frequenze ricevibili dagli impianti già adatti per Tele Capodistria e la Tv Svizzera Italiana.
Il ruolo della radio per i fatti bolognesi del 1977 lo ricordano tutti: radio Alice ha un impatto ed un’importanza fondamentale, ad un certo punto le autorità – come noto – intervengono perché attraverso la radio ed il telefono si organizza la rivolta. La Tv è di gran lunga più lenta, e nonostante l’impegno (Martini per poter riprendere fra i lacrimogeni chiede agli agenti della Polizia qualche goccia di collirio) le immagini hanno bisogno di tempo per essere editate e trasmesse nelle varie edizioni del Tg.
Fino al 1990 poi la diretta è fortemente limitata dalla legge: l’impossibilità di utilizzare ponti di interconnessione radio rappresenta un grave limite per le emittenti che della diretta possono avvantaggiarsi per raccontare gli avvenimenti. Per Martini è la mancanza di chiarezza legale che impedisce investimenti veri e la creazione dei presupposti per uno sviluppo armonico di questo mercato, almeno a livello locale.
A Reggio Emilia incontriamo il giornalista Rai – oggi in pensione – Pierpaolo Cattozzi.
Cattozzi decide di fondare Telereggio nell’estate del 1972, quando sull’Europeo legge un articolo su Telebiella: dopo una visita a Peppo Sacchi in Piemonte, a Ottobre partono le trasmissioni via cavo di Telereggio, ma la registrazione al tribunale come testata giornalistica a mezzo video avviene nel marzo del 1973. Fin da subito l’emittente aderisce all’associazione A21 ispirata all’articolo 21 della Costituzione che sancisce la libertà di espressione.
Un aiuto importante viene dall’industria elettronica: la giapponese Akai fornisce a costi molto competitivi le apparecchiature (telecamere, videoregistratori da mezzo pollice) a Telereggio e ad altre emittenti locali del circuito A21.
La Tv si occupa di fatti vicini alla gente, e basta poco per attirare l’attenzione e la curiosità del pubblico: un microfono al centro di un salottino è più che sufficiente per “il salotto di Telereggio”, dove Pierpaolo Cattozzi intervista personaggi noti e meno noti di Reggio Emilia. Anche se la Rai in quel primo periodo sembra disinteressarsi al fenomeno, Maurizio Costanzo trae ispirazione per sua stessa ammissione da quei salotti televisivi locali e parte con “Bontà loro” – quello che diventerà il capostipite del genere talk.
Telereggio viene diffusa attraverso un cavo di duecento metri che collega un appartamento del centro di Reggio Emilia, in Piazza Garibaldi, ai negozi sottostanti (un bar, un self service e un negozio di articoli sportivi) ma è chiaro che per avere una diffusione significativa occorre passare all’etere.
Cattozzi inizia a sperimentare le trasmissioni senza cavo inserendosi dalle undici di sera sulle frequenze di Capodistria che vengono liberate in orario notturno: il segnale di Telereggio riattiva i ripetitori che si dovrebbero riaccendere solo il giorno dopo e illumina un’area molto vasta che arriva oltre il Veneto. Ma non può durare a lungo. 
Così Cattozzi si rivolge agli studenti dell’Università di Pisa che hanno costruito un trasmettitore da 1 KW con la polarizzazione verticale: questo, che apparentemente è un handicap, poiché per ricevere il segnale si deve aggiungere un’antenna specifica, orientata in modo diverso da quelle già esistenti, si trasforma in un empirico sistema di rilevazione dell’ascolto: “quelle antenne sui tetti” sono la prova più evidente che il pubblico si è attrezzato per ricevere Telereggio.
Ben presto però anche per Telereggio, come già per Telebiella arrivano i guai e c’è il sequestro degli studi sulla base di una “soffiata” anonima.  La causa che ne deriva coinvolge altre emittenti in tutta Italia, e porta alla storica sentenza della Corte Costituzionale numero 202 del 1976 che sancirà – di fatto – la legittimità delle emittenti private in ambito locale.
Finalmente nella piena legalità, Telereggio si trasferisce in via Masaccio e diventa più matura, con un proprio palinsesto: sport, film con Edwige Fenech e Renzo Montagnani e – nei periodi elettorali – politica locale, sempre, ci tiene a precisare Cattozzi, con la massima imparzialità. Ma per motivi economici Cattozzi decide di cedere Telereggio alla Lega delle Cooperative della provincia di Reggio Emilia; gli viene proposta la direzione ma rinuncia e dopo poco tempo viene chiamato da Carlo Venturini, titolare di una tipografia che stampa “miniassegni” (sostitutivi delle monete alla fine degli anni Settanta), a dirigere Retemilia, «la prima emittente cattolica nella regione più rossa d’Italia», come titola «il Resto del Carlino» in un articolo dell’epoca. La Curia reggiana dà il suo appoggio ma senza investire risorse finanziarie.
A tenere a battesimo la nuova televisione è un emozionato monsignor Ruini nel salotto televisivo di Cattozzi che per stemperare la tensione gli chiede che impressione faccia, da poco nominato vescovo ausiliare, indossare lo “zuccotto” (anziché zucchetto) lapsus che mette a proprio agio il prelato.
A Parma incontriamo Luigi Alfieri, che ci parla della sua esperienza ad EuroTv: l’emittente nasce in un freddo garage nel 1977. Alcuni imprenditori comprano le attrezzature senza però partire con la programmazione: la concessionaria di pubblicità Europubblicità, cerca  di salvaguardare l’investimento fatto ma le risorse non bastano per pagare dei professionisti quindi si scommette su una squadra di una decina di ragazzi fra i 19 ed i 23 anni. Si punta subito sullo sport e la prima intervista viene fatta ad un semi sconosciuto Carlo Ancelotti.
Dopo poco approda ad EuroTv Carlo Drapkin – fondatore della prima radio italiana – Radio Parma, portando una ventata di professionalità. Per Alfieri e gli altri giovani giornalisti sarà un maestro.
C’è la totale libertà di espressione: ci si sente liberi di spaziare a piacimento, senza una vera e propria linea editoriale. Sono anni di anarchia, dove si commettono anche errori, ma da quegli errori si impara.
In quel periodo tutti devono occuparsi di tutto: Luigi Alfieri riesce ad intervistare Pertini in maniera fortuita ad una visita ad un caseificio. È molto raro riuscire ad intervistare il Presidente per via del severo ufficio stampa diretto da Antonio Ghirelli ma la tensione si allenta ed Alfieri riesce addirittura a mettere una mano sulla spalla di Pertini.
Le attrezzature sono primordiali e ci si ingegna anche a costruire in casa il tele-cinema: una scatola di legno dove da un lato c’è il proiettore e dall’altro l’obiettivo della telecamera.
Oltre ai film (molti western) ci sono programmi di bridge, di medicina, di cicloamatori, di gastronomia come quello con la signora Alda che si affanna ai fornelli nelle tipiche ricette emiliane. Non mancano anche gli spogliarelli notturni: la gente è curiosa di vedere come sta cambiando la mentalità un po’ bigotta diffusa fino a quel momento. Per le emittenti rompere il tabù del sesso in televisione significa più prosaicamente maggior pubblico.
Negli stessi anni a Parma nasce Tv Parma, che non ha problemi economici, è di proprietà della gazzetta di Parma ed ha come editore di riferimento l’Unione degli industriali di Parma, mentre nei primi anni Ottanta EuroTv viene comprata da Callisto Tanzi che la trasforma nella testa di ponte dell’omonimo network. L’operazione è fatta con l’intento di promuovere una precisa parte politica: la Democrazia cristiana di De Mita. Le cose cambiano e la linea editoriale diventa chiara. Le risorse finanziarie sono ingenti ma nonostante questo non bastano, e nel 1987 la redazione si scioglie chiudendo l’avventura di EuroTv.
A Bologna incontriamo Roberto Salani, la sua passione per l’audiovisivo nasce nel 1971 quando è uno dei primi iscritti al Dams e poi partecipa a un corso pioneristico promosso dalla Regione Emilia-Romagna tenuto da Roberto Faenza, autore del libro Senza chiedere permesso, un manuale per imparare a rivoluzionare l’informazione.
Il primo incontro con la tecnica è con apparecchi videomagnetici da mezzo pollice della Sony. Da quel corso nasce l’esperienza di un’unità mobile di produzione video finanziata dal Comune di Ferrara.
Nel maggio del 1980 Salani lascia la sua città natale Ferrara per lavorare all’emittente televisiva del Partito comunista bolognese Punto Radio Tv. Il direttore è Angelo Guzzinati, giornalista de «l’Unità», gli studi sono in via Barberia 15 a Bologna. Salani è il capotecnico e organizza una squadra di giovanissimi operatori. A giugno del 1980 a Ustica cade l’aereo dell’Itavia ed è un test importante per un’emittente che pone l’informazione al primo posto. Tina Alboresi e Roberto Salani vanno in aeroporto ed incrociano un equipaggio dell’Itavia che in modo secco, afferma al loro microfono essersi trattato di un missile.
Poche settimane dopo, sabato 2 agosto alle 10.25 è un momento destinato a cambiare per sempre l’informazione: dopo appena quindici minuti dallo scoppio della bomba Enzo Cicco e Giorgio Lolli sono i primi ad arrivare in stazione a Bologna, prima ancora dei vigili del fuoco. Appena finisce una videocassetta si corre in bicicletta nella vicina sede di via Barberia per metterla in onda. Punto Radio Tv raccoglie fin da subito le prime testimonianze in cui si parla dell’odore acre dell’esplosivo, quando ancora circola la versione dello scoppio di una caldaia.
Alla fine del 1983 l’esperienza di Punto Radio Tv, visti i costi alti, termina. Al suo posto nasce NTV, negli stessi studi ma con il sostegno dell’azionariato popolare. Ntv diventa regionale, il pubblico viene invitato a contribuire economicamente. Lo sforzo produttivo è notevole: nascono diversi programmi come la trasmissione informativa di politica nazionale di Emanuele Rocco, ex giornalista Rai, o come Liscio, gasato on the rock con l’insolita coppia Beppe Starnazza alias Roberto Freak Antoni e Raul Casadei o ancora altri programmi con gli artisti del Gran Pavese Vito, i Gemelli Ruggeri, Susy Blady e Patrizio Roversi.
Anche l’avventura di Ntv però, termina dopo soli due anni e di lì a poco dalle sue ceneri nasce Rete7, di proprietà della Lega Coop, che si trasferisce al diciannovesimo piano delle torri di Kenzo Tange e successivamente nella più adeguata sede di via Stalingrado accanto al Parco Nord. 
Per risparmiare sui diritti piuttosto cari dei film, Rete7 stringe un accordo con Tele Capodistria per ripetere la trasmissione di pellicole che però suscitano qualche perplessità, essendo film sulla lotta partigiana jugoslava in lingua originale sottotitolati in italiano e tedesco.
Il consiglio di amministrazione ed il direttore cambiano e oltre alla componente comunista subentrano altre componenti, fra cui quella socialista.
Roberto Salani traguarda tutti questi passaggi come referente tecnico.
Particolare è il ricordo delle 100 ore di diretta televisiva del lupo solitario, la maratona in diretta dalla Festa nazionale de «l’Unità» di Bologna del 1987 che vede protagonista Patrizio Roversi e Susy Blady con tutti gli artisti loro amici nel tentativo di entrare nel Guinness dei primati. Anche uno sconosciuto Elio (poi Elio e le storie tese) si esibisce per una notte intera  con la canzone più lunga della storia.
Sempre a Bologna incontriamo Sergio Marzocchi, oggi direttore di produzione dell’Antoniano di Bologna. Ci dà appuntamento proprio all’Antoniano, nell’archivio dei nastri magnetici dove ci mostra il funzionamento di un videoregistratore da 1 pollice di venticinque anni fa. Marzocchi ha iniziato a lavorare in televisione subito alla fine del servizio militare, nel 1981: il padre viene a sapere da amici del calcetto che a Punto Radio Tv cercano un giovane con la patente di guida.
Già dalla prima visita all’emittente Marzocchi rimane stupito vedendo all’opera la saletta di montaggio dove stanno assemblando il documentario ad un anno dalla strage alla stazione. Lo aspetta una lunga gavetta: il primo compito è quello di predisporre le fasce pubblicitarie trasferendo su nastro la sequenza degli spot pubblicitari in base ai contratti con gli inserzionisti.
L’altro compito che gli viene assegnato è quello di assistente operatore: deve seguire il cameraman con un pesante videoregistratore collegato con un cavo alla telecamera e un faretto portatile a batteria. Marzocchi ricorda la circostanza in cui involontariamente abbaglia con il cineflash Carmelo Bene alla conferenza stampa all’Holiday Inn per la presentazione della serata in memoria delle vittime della strage alla stazione.
Nei primi anni non è facile capire che seguito ha l’emittente: quando la troupe esce molte persone la riconoscono ma altrettante chiedono «dove si vede poi questa Punto Radio Tv?». Il segnale viene irradiato da Barbiano solo su alcune zone di Bologna e non tutti riescono a riceverla.
Anche il lavoro di tecnico in un’emittente privata è particolare e non sempre è chiaro ad amici e parenti di che cosa si tratti esattamente.
L’informazione di Punto Radio Tv è concentrata su Bologna e la redazione televisiva si appoggia a quella de «l’Unità», anche fisicamente molto vicina.
Come per le altre Tv locali, lo sport è il contenuto di punta: la principale trasmissione ha in studio come ospite fisso il capitano del Bologna Franco Colomba e molto spazio è dedicato anche al basket con Fortitudo e Virtus. Le trasmissioni autoprodotte si concentrano dalle sei del pomeriggio in poi, mentre i programmi acquistati all’esterno sono poco più che un mero riempitivo, comprati con maggiore attenzione al costo che alla qualità.
Anche Sergio Marzocchi come Roberto Salani, vive il passaggio ad Ntv: l’approccio cambia, Ntv si caratterizza per essere ancora più vicina alla gente, anche perché è la gente stessa a finanziarla con l’azionariato popolare; c’è un maggiore coinvolgimento di personaggi emergenti che hanno poi fatto un percorso professionale importante, gli artisti del Gran Pavese Varietà, Gianni Cerqueti nella redazione giornalistica – oggi commentatore Rai della nazionale di calcio – il comico Paolo Rossi, che conduce un contenitore settimanale.
Lo sforzo produttivo cresce per mantenere il passo con la qualità richiesta, ma dopo due anni, l’avventura si interrompe e prosegue con Rete7: in un primo momento si propone come network regionale con il centro a Bologna e diverse redazioni decentrate (una rimane in via Barberia, mentre l’emissione e la produzione si trasferiscono all’ultimo piano della torre della Lega Coop); questo assetto però non è destinato a durare e ben presto si ricompatta tutto nell’unica sede del Parco Nord. Una delle ultime esperienze di Marzocchi nelle Tv locali è la sigla per la trasmissione di punta Il pallone nel 7: i tecnici dell’emittente, si riprendono mentre giocano a calcio in un campetto adiacente alla nuova sede, montando poi le immagini con alcune riprese del pubblico allo stadio Dall’Ara.  
Le riprese del documentario continueranno nei prossimi mesi, con altri testimoni e curiosità.

 

Il documentario – prodotto da Filandolarete S.r.l e dall’associazione culturale Squeezezoom bottega con il contributo della Film Commission della Regione Emilia Romagna e con la collaborazione del Master in Comunicazione storica dell'Università di Bologna – verrà presentato entro il 2015.
Alla realizzazione del documentario collaborano Veronica Alvisi, Dario Collina, Matteo Lenzi, Davide Nannoni e Luigi Zambonelli.
L'ideazione e la regia sono di Fabrizio Colliva, freelance nell’ambito audiovisivo, fondatore nel 1999 dell'associazione culturale Squeezezoom bottega, referente tecnico per Altratv.tv con cui ha realizzato la regia di numerose dirette Web “a Rete Unificata”, regista ed autore fra gli altri del documentario Pezzi d’etere (2003, Nessuno Tv) e Finché la guerra non sarà passata… Rifugiarsi, sopravvivere, resistere in grotta (2014, Gsb-Usb e Squeezezoom bottega in collaborazione con Arci, Anpi Savena e Centro Sociale La Terrazza di Ponticella) e dal 2003 collaboratore del Comune di Bologna per il portale Flashvideo.it e la Web Tv Codec.Tv.

 

Questo contributo si cita: F. Colliva, Quelle antenne sui tetti. Memoria ed epopea delle Tv emiliano-romagnole, in «Percorsi Storici», 3 (2015) [www.percorsistorici.it]

Questo contributo è coperto da licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia

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