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Saverio Ferrari, I denti del drago. Storia dell’Internazionale nera tra mito e realtà, BFS Edizioni, Pisa 2013, pp. 176

(Federico Chiaricati)

 

Il nuovo lavoro di Saverio Ferrari si concentra sul progetto elaborato, a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, dai partiti e movimenti neofascisti e neonazisti allo scopo di costituire una rete transnazionale che potesse servire da centro decisionale per le varie realtà nazionali. Il merito di questo libro è duplice; da un lato decostruisce il mito dell’Internazionale nera, mito che, come sostiene l’autore, «si è alimentato in particolare nel primo dopoguerra con la paura del ritorno sulla scena dei protagonisti del passato fascista e nazista» (p. 143). Dall’altro Ferrari esegue anche un’interessante opera di “sprovincializzazione” del nazifascismo come fenomeno europeo nell’analisi di quelle formazioni (OAS - Organisation de l’armée secrète, Ordre et Tradition e Jeune Europe) che si affrancarono dai raggruppamenti legati al reducismo riuscendo a interagire direttamente con i fenomeni politici contemporanei, come la decolonizzazione (Ferrari dedica infatti molta attenzione alla guerra d’Algeria, vista come un vero e proprio spartiacque).
Riguardo al primo punto, come nota l’autore nelle sue conclusioni, l’Internazionale nera è esistita solo come centro di coordinamento, ma come struttura sovranazionale coesa e organizzata è rimasta perlopiù nelle intenzioni. Addirittura si è potuto constatare come siano esistite contemporaneamente più Internazionali nere, diversamente articolate e con visioni anche contrastanti fra di loro (si possono ricordare i motivi di attrito riguardanti la questione mediorientale o l’atteggiamento da tenere nei confronti degli Stati Uniti, ma non mancarono anche conflitti legati alla leadership personale).
A fronte di queste osservazioni diventano però centrali le analisi svolte, grazie anche ad un ampio uso di fonti giornalistiche e materiali d’archivio, sulle formazioni cui si è accennato in precedenza (OAS, Aginter Press/Ordre et Tradition e Jeune Europe). Ferrari, sostenendo che le origini dell’OAS risalgono circa al 1958, individua una triplice radice dell’organizzazione: l’inizio della guerra algerina (1954), la frustrazione per la sconfitta di Dien Bien Phu (1954) e la progressiva politica di disimpegno dall’Algeria da parte di De Gaulle dopo che questi aveva ottenuto l’appoggio alla presidenza da parte di un Comitato rivoluzionario di salute pubblica costituitosi ad Algeri nel 1958. Si può quindi capire come le radici costitutive dell’OAS fossero profondamente legate ad una realtà non più eurocentrica, nonostante i richiami all’uso della croce celtica (uno dei simboli dei volontari francesi delle Waffen-SS). Dopo la decapitazione dell’organizzazione (che in un paio di anni aveva ucciso più di duemila persone) molti dirigenti si rifugiarono, attraverso la Spagna, in Portogallo. Qui solo nel 1974, con la “Rivoluzione dei garofani” si scoprì un enorme archivio presso gli uffici dell’Aginter Press che conservava documenti relativi a un centro di reclutamento e addestramento dell’organizzazione fascista Organisation d’action contre le communisme International braccio militare di  Ordre et Tradition. Di estremo interesse, oltre alla presenza di un documento intitolato Notre action politique relativo alla strategia di Ordine Nuovo in Italia («infiltrazione, informazione e pressione dei nostri elementi sui nuclei vitali dello Stato»), sono i contatti e le attività svolte in Africa per assicurare la “presenza bianca” nel continente. Contatti non solo con Nazioni occidentali, ma anche con Sudafrica, Gabon e Rhodesia, coi quali si era progettato un golpe nella Repubblica congolese del presidente Massemba-Debat.
Ferrari utilizza un approccio simile per analizzare le radici dello sviluppo del neonazismo britannico, visto come risposta ad un flusso crescente di manodopera proveniente da India e Pakistan (nel 1957 venne fondata la White Defence League e nel 1958 il National Labour Party). Il Regno Unito acquisirà una posizione preminente solo con gli anni Ottanta (insieme al Front National francese, ma per diversi motivi), con la costituzione del raggruppamento Blood and Honour. Questa organizzazione fonda le proprie radici nella deriva neonazista di una parte del movimento skinhead inglese. Leader carismatico fu infatti Ian Stuart, fondatore del gruppo Skrewdriver e ispiratore dell’associazione RAC (Rock Against Communism). Il movimento, che come detto aveva alla sua base una identità già transazionale (quella skinhead) e che in breve tempo allacciò contatti (anche attraverso le tifoserie calcistiche) con molti paesi europei ed extraeuropei (in Italia con il Fronte Veneto Skinhead), rimase però profondamente legato al carisma di Ian Stuart. Quando questi morì improvvisamente nel 1993 il movimento si avviò verso una stagione di divisioni.
Sulla scia di Blood and Honour anche negli Stati Uniti si sviluppò sul finire degli anni Ottanta una scena neonazista particolarmente violenta, la Hammerskin Nation. Insieme a Combat 18 (vera e propria organizzazione armata e già protagonista di omicidi e atti squadristici) e ad Alba Dorata in Grecia queste organizzazioni possono essere definite le più significative e durature degli ultimi anni.
In conclusione, il lavoro di Ferrari, oltre a narrare gli sviluppi storico-politici e culturali del neofascismo e del neonazismo, riesce a raccontarne le vicende in una prospettiva allargata. I paesi europei, infatti, pur conservando il ruolo di centri di aggregazione, perdono la propria specificità storica e culturale. In questo senso, la strategia della tensione in Italia si inserisce in un più ampio panorama culturale internazionale e si intreccia non solo alle frizioni della guerra fredda, ma anche alle vicende legate alla decolonizzazione e al variegato movimento terzomondista. Il merito del libro è quindi quello di fornire una conoscenza ampia degli sviluppi del neofascismo internazionale e, contemporaneamente, di porre al lettore l’esigenza di analizzare storicamente e culturalmente il movimento antifascista degli ultimi trent’anni.



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