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Gli interventi assistenziali delle donne avevano una lunga tradizione, ma l'intreccio tra assistenza, solidarietà, cooperazione tra donne e la rivendicazione dell’uguaglianza civile, giuridica e morale con l'altro sesso caratterizzava il secolo XIX.
A partire dalla lotta contro i regolamenti di prostituzione, si formarono, nella seconda metà del secolo, associazioni di donne impegnate nel recupero delle prostitute e nella tutela delle lavoratrici migranti.
Il nostro contributo presenta un primo esame degli interventi specifici e della collaborazione tra tre di queste società, nei primi decenni della loro attività: Fédération internationale des amiés de la jeune fille - la sola presente significativamente  anche in Italia - Travellers Aid Society for Women and Girls, e Jewish Association for the Protection of Girls and Women.
Le tre  associazioni iniziarono la loro attività negli  anni Settanta-Ottanta del XIX secolo, e presentano importanti tratti comuni: attività di solidarietà verso le sorelle più povere e più sventurate; affermazione del diritto delle donne a istruzione e lavoro; opposizione alla prostituzione regolamentata e contrasto al traffico di donne e minori.
Queste associazioni crearono una rete internazionale di protezione (case d’accoglienza, sorveglianza alle stazioni e ai porti, uffici di collocamento), con iniziative comuni a livello nazionale e internazionale. Aderirono alla International Vigilance Association, che nasceva alla fine del XIX secolo per combattere la “tratta delle bianche”.
Impegnate nella promozione del genere femminile, sostenevano un’uguale educazione morale per i due sessi; chiedevano agli Stati interventi di tutela delle lavoratrici madri e delle lavoratrici migranti, l’introduzione dei reati di tratta e di sfruttamento della prostituzione, e una legislazione che contrastasse violenza e sfruttamento a danno dei minori. Le tre associazioni facevano parte dell’International Women’s Council, mentre le Amiés e la Travellers Aid aderivano all’International Abolitionist Federation, che si batteva per l’abolizione dei regolamenti di prostituzione, che proteggevano ì bordelli e toglievano alle prostitute i più elementari diritti. Le differenze riguardavano essenzialmente le scelte di natura politico-culturale. In particolarte, per il maggiore protagonismo femminile affermatosi in ambito protestante, le Amiés (presenti in tutta Europa) e la Travellers Aid Association (in Gran Bretagna e negli Usa) s’impegnarono con decisione nelle battaglie per l’uguaglianza dei sessi, e tra loro militarono numerose suffragiste.

 

Parole chiave: donne, filantropia politica, regolamenti di prostituzione, lavoro femminile, Europa, Stati Uniti, XIX secolo, gender studies

 

Profilo:

Laura Savelli è ricercatrice confermata presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del sapere dell’Università degli studi di Pisa. Studiosa del socialismo e del mondo del lavoro femminile, ha partecipato a diversi gruppi di ricerca e convegni di rilievo nazionale e internazionale.
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni legate ai gender studies, tra cui la curatela di un vasto corpo d’inediti della storica Franca Pieroni Bortolotti.
È socia fondatrice della Società Italiana delle Storiche e della Società Italiana di Storia del Lavoro e responsabile della collana “Storie di donne e di uomini” per la casa editrice Felici.

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Il saggio è incentrato sulla figura di Sarah Moore Grimké (1792-1873), considerata, assieme alla sorella Angelina Emily, tra le prime suffragiste e abolizioniste americane.
Cresciuta nella piantagione del padre, un noto giudice, Grimké combatté sin dalla prima infanzia contro il sistema educativo “differenzista”, in base al quale solo ai figli maschi veniva impartita un’istruzione approfondita. Coltivando di nascosto la propria passione per gli studi umanistici e giuridici, ella si improvvisò pure, clandestinamente e appena adolescente, educatrice della “sua” schiava “domestica”.
Senza mai rinnegare la fede cristiana, che fu anzi alimentata dalla conversione, in età matura, alla comunità quacchera, Grimké espose, nel lucido epistolario rivolto a Mary S. Parker (la presidente della Boston Female Anti-Slavery Society), le ragioni della sua causa per l’emancipazionismo femminile. Le quindici Letters on the Equality of the Sexes and the Condition of Woman furono dapprima pubblicate sul «New England Spectator» (1837), e poi apparvero sul periodico abolizionista «Liberator» nel 1838. Grimké utilizzò l'analogia tra donne e schiavi (un’analogia cui fecero ricorso anche Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft) e sottolineò l'importanza della riforma educativa e del diritto di voto, quali precondizioni per una cittadinanza autentica e inclusiva. I discorsi di Grimké, i suoi scritti e dibattiti contribuirono a fare di lei una figura nota, sebbene assai spesso duramente criticata, anche nel panorama politico del tempo.

 

Parole chiave: donne, suffragismo, emancipazionismo, abolizione della schiavitù, sorelle Grimké, XIX secolo, Stati Uniti, gender studies

 

Profilo:

Serena Vantin, laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, è dottoranda in Sociologia, Storia e Cultura politica all’Università di Pisa. Si occupa di storia del pensiero politico, di storia dei diritti umani e di storia delle teorie del giusfemminismo. Tra le sue pubblicazioni: I diritti sociali in tempo di crisi, in «Rivista di Filosofia del Diritto», 2 (2015); Le violenze domestiche nelle riflessioni di Catharine MacKinnon. Un tentativo di applicazione entro il contesto legislativo e giurisprudenziale europeo, in «Diritto e Questioni pubbliche», 1 (2015).

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Berlino, 19 gennaio 1919. Per la prima volta in Germania (e tra le prime in Europa), le donne tedesche sono chiamate al voto. “Chiamate”, nel senso letterale del termine: reclamate dall´abbondante propaganda governativa e politica per l´elezione dell´Assemblea Nazionale, richiamate al “dovere” di cittadine dal senso civico della neonata Repubblica di Weimar, ma anche dall´innegabile curiosità della politica verso le preferenze delle nuove elettrici. La partecipazione al voto fu elevatissima e l´elettorato femminile, che superava numericamente quello maschile, ebbe un peso importante nella scelta dell´Assemblea; mai più nella Repubblica di Weimar fu raggiunta quella quota, anzi essa scese costantemente. Parallelamente crebbe, però, la presenza della donna nella sfera pubblica, quasi le avesse aperto, il diritto di voto, le porte d´una più ampia partecipazione alla collettività. Mentre l´interesse per la politica e della politica diminuiva, sembrava crescere quello della società dei consumi: dai manifesti elettorali, figure di donne si moltiplicarono tre le accattivanti immagini pubblicitarie nei ruggenti anni Venti, “die goldenen Zwanziger.” Il saggio propone una riflessione sul ruolo della donna nella sfera pubblica partendo dal rapporto tra propaganda e pubblicità nella Repubblica di Weimar.

 

Parole chiave: donne, manifesti politici, Repubblica di Weimar, diritto di voto, Germania, gender studies

 

Profilo:

Tania Rusca ha studiato all'Università di Genova e a ll'Università di Bonn e ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in storia contemporanea. Vive e lavora a Bonn e si occupa di propaganda durante la Prima guerra mondiale, di storia d'impresa, di propaganda nei manifesti politici di Weimar e della questione di genere in Germania. Ha pubblicato Tra il partito e la strada. Manifesti politici nella Repubblica di Weimar (1918-1932).

 

«Mädchen und Frauen, Raus aus dem Finsternis!». German Women and Political Parties between Propaganda and Advertising during the Weimar Republic

On the 19th of January 1919, German women were called for the first time to vote for the election of the Nationalversammlung, the national council which should rule the new born “Weimar Republic”. They were really “called”, not just because of the universal suffrage, but especially because of the political propaganda of the parties, which tried to gain the votes of the feminine electorate: in that time, voting women outnumbered voting men. And women enthusiastic took part to those elections: their voting quote was very high, but from that moment on, it decreased constantly. Nevertheless, simultaneously to this decrease, one can observe the growth of the female participation in the social life, especially in the cities, and of the representation of women in the commercial advertisement: from the political posters, women moved to the appealing pictures of the advertisement of the “gold Twenties”. The essay proposes a reflection about the role of the women in the society, moving from the relationship between political propaganda and commercial advertisement in the Weimar Republic.

 

Keywords: women, political posters and propaganda, Weimar Republic, voting right, Germany, gender studies

 

Biography:

Tania Rusca, has studied ath the University of Genova and Bonn and has obtained a PhD in Contemporary History. She lives and works in Bonn. Her research topics include Enterprise-History, propaganda during the First World War and in the Weimar years, gender studies in Germany. Among her publications: Tra il partito e la strada. Manifesti politici nella Repubblica di Weimar (1918-1932).

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L’indagine riguarda l’ingresso delle donne nel sindacato nell’immediato dopoguerra, con particolare riferimento all’area milanese. Il caso locale è significativo tanto da assumere valenza generale, perché caratterizzato da un tessuto produttivo di tipo industriale e da una folta presenza di manodopera femminile, bisognosa di rappresentanza. Il desiderio di cittadinanza femminile veniva infatti assolto, a pochi mesi dall’allargamento del suffragio, dall’attivismo sindacale e forniva alle donne una scelta di campo ideale e politico, sovente espressa con la doppia militanza nel sindacato e nei partiti che ad esso facevano riferimento. Fanno da sfondo la divisione sindacale del 1948, che acuisce le differenze tra confederazioni, e le grandi trasformazioni dell’organizzazione sociale e degli stili di vita, che interessano l’area industriale nel ventennio post-bellico.
Per delineare la presenza e comprendere l’evoluzione del ruolo delle sindacaliste, si prendono in considerazione i percorsi biografici e di carriera, in un costante confronto con quelli dei colleghi maschi. Si analizza, quindi, la divisione sessuata del reclutamento, della struttura organizzativa e della gestione del potere. Si indaga, infine, l’apporto dato dall’ingresso delle donne nel sindacato nella definizione delle piattaforme rivendicative, nello sviluppo di un welfare universale, nel sostegno all’occupazione femminile. L’analisi prende in considerazione gli anni del dopoguerra fino all'inizio degli annai Sessanta, periodo meno frequentato negli studi sulle organizzazione di rappresentanza del lavoro.

 

Parole chiave: donne, lavoro, sindacati, Italia, XX secolo, gender studies

 

Profilo:

Debora Migliucci, dottore di ricerca in Storia delle donne e dell’identità di genere in età moderna e contemporanea all'Università L’Orientale di Napoli, è professore a contratto all’Università di Milano e direttrice dell’Archivio del lavoro, centro di documentazione e ricerca della Camera del lavoro di Milano.
Ha pubblicato studi di storia costituzionale con particolare attenzione all’evoluzione dei diritti e studi di genere, specialmente sul lavoro femminile e l’acquisizione di diritti da parte delle donne, tra cui si ricordano, Storia e Costituzione. Le basi giuridiche e istituzionali dei 150 anni d'Italia (2011) e La politica come vita. Storia di Giuseppina RE, deputato al Parlamento italiano (2012). 

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Il saggio dà conto di un percorso formativo per la costruzione di una cittadinanza attiva compiuto da e con gruppi di donne nel contesto socio-culturale che caratterizza l'oriente boliviano di Santa Cruz de la Sierra. Essere donna in Bolivia è ancora oggi difficile: le vecchie radici maschiliste hanno creato un'apartheid dura a morire. In questo contesto, i movimenti femministi degli anni Ottanta, come Mujeres Creando, insieme ai movimenti sociali come la Coordinatora della Mujer, hanno esercitato forti pressioni sulle istituzioni e hanno accompagnato il processo di transizione dalla dittatura alla nuova fase democratica, contribuendo alla realizzazione di importanti  riforme costituzionali e allo sviluppo di quel dinamismo culturale che ha avviato il processo di cambiamento socio-culturale ed economico tuttora in atto. Tra le riforme dell'attuale governo boliviano la Legge integrale per garantire alle donne una vita libera dalla violenza (Legge 348 del 2013) affronta un fenomeno sociale considerato una urgenza nazionale: la violenza fisica, sessuale e psicologica, di cui è quotidianamente vittima la donna. Per essere efficace tale legge ha bisogno di essere sostenuta da un processo culturale in grado di decostruire quegli atteggiamenti che fanno della Bolivia un paese dove il fenomeno della violenza di genere assume dimensioni impressionanti. In tal senso il problema della violenza sulle donne chiama in causa l'intero sistema della formazione e richiede la realizzazione di percorsi pedagogici connotati da reciprocità, dialogo, solidarietà, in un clima di riflessione, di cooperazione e di non-violenza. La consapevolezza dei propri diritti e gli strumenti per il loro riconoscimento e tutela sono stati gli obiettivi del progetto di ricerca realizzato dall’Associazione Mujeres por la Solidaridad e promosso all’interno del Master I percorsi dello storytelling dell'Ateneo Roma Tre. L’approccio incentrato sulla narrazione e sulla competenza emotivo-affettiva ha permesso di identificare le diverse forme di violenza di genere e gli strumenti per prevenire ed affrontare tali situazioni nella vita quotidiana delle donne nel Municipio di San José de Chiquitos. I risultati della ricerca, in linea con la Risoluzione 1325 dell’ONU su Donne, Pace e Sicurezza, possono rappresentare un esempio concreto, e il primo passo di un progetto, per costruire, a partire da buone pratiche, reti solidali a livello planetario.

 

Parole chiave: donne, Bolivia, violenza di genere, diritti, storytelling, formazione

 

Profili:

Barbara De Angelis è professore associato di Didattica e pedagogia speciale all’Università degli Studi Roma Tre dove dirige il Master I percorsi dello storytelling.

Fabiola Del Vecchio, insegnante, cofondatrice dell’Associazione italo-boliviana Mujeres por la Solidaridad presso la quale coordina e partecipa a progetti.

Ana Maria Montenegro, educatrice, cofondatrice dell’Associazione italo-boliviana Mujeres por la Solidaridad presso la quale coordina e partecipa a progetti.

Philipp Botes, dottore di ricerca in Pedagogia, è docente al Master I percorsi dello storytelling dell’Università Roma Tre.

 

 

 

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