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Cora Ranci
Violenza politica e criminalità organizzata: quale futuro per la documentazione giudiziaria italiana?
Appunti dal convegno La digitalizzazione della documentazione giudiziaria su stragi, terrorismo e criminalità organizzata: lo stato dei lavori e le proposte metodologiche (Archivio di Stato di Milano, 13 ottobre 2016)
Censire, conservare e far conoscere la documentazione giudiziaria italiana storicamente rilevante presente negli archivi dei tribunali su tutto il territorio nazionale. È questo l’obiettivo cui stanno concretamente lavorando archivisti di Stato e funzionari del ministero della Giustizia, che il 13 ottobre 2016 si sono riuniti all’Archivio di Stato di Milano per il convegno La digitalizzazione della documentazione giudiziaria su stragi, terrorismo e criminalità organizzata: lo stato dei lavori e le proposte metodologiche. Scopo del convegno – che si immagina essere il primo di una serie – è stata l’elaborazione di proposte per una corretta applicazione del protocollo d’intesa stipulato il 6 maggio 2015 tra i ministri della Giustizia e dei Beni Culturali, che dispone la digitalizzazione dei processi di interesse storico “relativi alle tematiche concernenti il terrorismo, la criminalità organizzata e la violenza politica”. http://memoria.san.beniculturali.it/c/document_library/get_file?uuid=6a93848c-3737-46f6-a33e-8e7468a12f03&groupId=11601
Il problema è noto da tempo sia tra gli archivisti, sia tra le organizzazioni della società civile impegnate nel fare memoria di quella stagione della storia recente italiana. Decenni di inchieste e indagini su molti fatti di terrorismo, violenza politica e criminalità organizzata in Italia hanno prodotto una vastissima mole di fascicoli giudiziari, conservati negli archivi di deposito dei Tribunali e delle Corti di Assise su tutto il territorio nazionale, dal Veneto alla Sicilia. A causa delle inadeguate – spesso pessime – condizioni di conservazione delle carte, e della mancanza di personale archivistico qualificato all’interno dei tribunali, questi documenti, così importanti per la loro rilevanza storica, si trovano a rischio distruzione o scarto, prima ancora che passi il tempo necessario al loro versamento agli archivi di Stato – di norma, ora ridotto da 40 a 30 anni.
La mancanza di un meccanismo organico virtuoso che permetta, almeno, la salvaguardia e la conservazione della documentazione considerata storicamente rilevante potrebbe portare alla scomparsa di fascicoli di processi cruciali per la storia del nostro Paese. È quello che stava per accadere, ad esempio, alle carte del processo del “caso Sifar”, che nel 2014 sono state salvate dal macero grazie all’accortezza di un funzionario dell’Archivio di Stato di Roma.
http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/2615000/2612418.xml?key=Stefania+Miccolis&first=1&orderby=1&f=fir
A Milano, l’urgenza data dalle pessime condizioni in cui versavano le carte conservate in tribunale ha recentemente portato alla scansione digitale di diversi "processi famosi" tenuti tra il 1950 e il 2000, tra cui la strage di piazza Fontana (le cui carte risultavano già in larga parte danneggiate per aver preso acqua e muffa), PAC – proletari armati per il comunismo, Feltrinelli, omicidi Tobagi, Calabresi e Caccia, NAR – nuclei armati rivoluzionari, Banco Ambrosiano e Sindona.
È dal 2003 che, grazie allo stimolo delle Associazioni dei famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi, vengono sperimentati progetti per la tutela e la conservazione dei fascicoli processuali riguardanti il terrorismo e le mafie. Da Roma a Milano, passando per Cremona, Bologna e Padova, efficienti sinergie tra archivi privati, associazioni di famigliari delle vittime del terrorismo, archivi di Stato, procure e tribunali hanno reso possibile la creazione di laboratori di digitalizzazione della documentazione giudiziaria.
A Bologna, si è già provveduto al versamento all’Archivio di Stato di 18 fascicoli processuali (compreso l’omicidio di Marco Biagi), tra cui spiccano per dimensioni e importanza le documentazioni dei processi per le stragi dell’Italicus e del 2 agosto 1980. La digitalizzazione – che in mancanza di fondi è stata fatta da volontari AUSER – è già stata portata a termine. A Padova, invece, la digitalizzazione di 32 fascicoli per il processo 7 aprile è in via di conclusione, nonostante le diverse difficoltà pratiche legate allo stato delle carte e alle norme di tutela della privacy delle persone coinvolte nei processi. Mentre la Sicilia si trova ancora indietro, con versamenti della documentazione giudiziaria fermi agli anni Venti e Trenta del XX secolo, il tribunale di Roma ha acconsentito al versamento anticipato del processo del "caso Moro" (che verrà digitalizzato da un team di detenuti di Rebibbia solo dopo essere stato inventariato) e dato disponibilità per tutto l’archivio della Corte d’Assise – salvo, per il momento, il processo per la strage di Ustica, che conta oltre 2 milioni di atti di cui 500mila classificati.
Per quanto virtuose, le diverse esperienze già avviate non sono però sufficienti a garantire l’effettiva salvaguardia della documentazione giudiziaria a livello nazionale. Dal convegno milanese prenderà le mosse un percorso unitario, coordinato – così come previsto esplicitamente dal protocollo d’intesa – dal Centro Documentazione Archivio Flamigni, promotore della Rete degli Archivi per non Dimenticare, che comprende oltre 60 archivi privati e molti archivi di stato e il cui sito web sarà il canale di fruizione della documentazione digitalizzata. La Rete è nata nel 2005 proprio per conservare e rendere accessibili le fonti documentarie sui temi legati al terrorismo, allo stragismo, alla violenza politica e alla criminalità organizzata, affinché la memoria di quella tragica stagione della storia italiana venga trasmessa alle giovani generazioni. A questo scopo, essa collabora con la Direzione Generale degli Archivi ai portali tematici www.memoria.san.beniculturali.ite www.fontitaliarepubblicana.it.
In realtà, come sottolineato dalla maggior parte degli interventi al convegno, la gestione del flusso di documenti prodotti dai tribunali è un problema di fondo, di ordine sistemico, da affrontare nella sua generalità, e non solo per quanto riguarda i processi di rilevanza storica. I provvedimenti "spot", basati sul livello di celebrità di un evento storico, rischiano infatti di rimandare ulteriormente la risoluzione di un problema più ampio e profondo che riguarda la memoria documentale italiana nel suo complesso. La conservazione degli archivi giudiziari e la loro confluenza negli archivi di stato rappresenta un problema distinto da quello della fruibilità delle carte dei processi "famosi".
Il convegno milanese, pur sottolineando i limiti metodologici e sostanziali del protocollo d’intesa, ha voluto comunque ribadire l’importanza di un’operazione la cui urgenza e necessità sono sentite dalla società civile e dagli studiosi, alla cui esigenza civile di conoscenza non si intende restare indifferenti. Di questa stessa volontà è del resto espressione la direttiva Renzi del 22 aprile 2014, che dispone la declassificazione e il versamento anticipato agli archivi di Stato di tutta la documentazione relativa a "gravissimi eventi che hanno segnato la storia italiana" - Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell'Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984). http://acs.beniculturali.it/cosa-conserviamo/documentazione-declassificata/