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Maria Chiaia, Donne d’Italia. Il Centro Italiano Femminile, la Chiesa, il Paese dal 1945 agli anni Novanta, Roma, edizioni Studium, 2014, pp. 401

(Elena Musiani)

 

Il denso volume di Maria Chiaia va ad arricchire la bibliografia sulla storia del Centro italiano femminile (Cif), caratterizzata in particolare dal libro del 1995 a cura di Cecilia Dau Novelli (Donne del nostro tempo: il Cif 1945-1995), e quello del 2001 di Fiorenza Taricone (Il Cif dalle origini agli anni 70), entrambi frutto di ricerche svolte a partire dai documenti conservati nell’archivio del Cif nazionale, riordinato nel 1993 e riconosciuto di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio nel 1996. A questi saggi, che tracciano una storia del centro a livello nazionale, vanno poi ad aggiungersi i numerosi studi svolti dalle differenti sezioni locali dell’associazione.
Il libro di Maria Chiaia sceglie una cornice storico-cronologica dove centrale diviene la conquista di una cittadinanza femminile: si apre infatti agli albori della Repubblica italiana, con il referendum del 2 giugno 1946 e la con la conquista del voto alle donne e si sviluppa lungo un arco cronologico che giunge agli anni Novanta del XX secolo, chiudendo con le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della conquista di quel diritto. Una storia che ha come focus la riorganizzazione dello spazio pubblico femminile, grazie anche alla presenza delle due principali associazioni che andarono organizzandosi fin dal 1944 sul fronte laico e su quello cattolico: l’Unione donne italiane e il Centro italiano femminile.
Le basi per la creazione del Centro italiano femminile furono poste nell’ottobre del 1944 in occasione di una riunione presso la casa degli Assistenti dell’Azione cattolica a Roma, con l’idea di riprendere l’eredità dell’associazionismo femminile cattolico. Un contributo essenziale venne anche dall’impegno delle donne cattoliche nella Resistenza, prima fra tutte Maria Federici, presidentessa del Cif e una delle cinque donne chiamate a far parte della commissione che avrebbe dovuto elaborare il progetto per la Costituzione Repubblicana. La stessa Federici ricordava come se anche la «data ufficiale del Cif» fosse da situare ai primi del 1945 la «genesi» dell’associazione «si svolse il 1944 in sedute pur esse clandestine, benché non segrete, […] che a buon diritto possono essere considerati un aspetto saliente della Resistenza» (p. 43). In questa fase originaria della ricostituzione di un associazionismo femminile dopo gli anni del fascismo, intensi furono i rapporti con l’Unione donne italiane: «nei primi programmi di lavoro preval[s]e un comune desiderio di liberarsi dalle pastoie di una condizione socio culturale più che depressa» (p.43). A differenza dell’Udi, il Cif non prevedeva l’adesione al partito, e la struttura era federativa: era prevista la formazione di comitati provinciali, comunali (cui a partire dal 1971 si aggiunsero quelli regionali).
La storia del Cif è qui tracciata dall’autrice in connessione con le tappe principali dell’evoluzione storico-politica e sociale dell’Italia repubblicana. Ogni capitolo, dei sette che costituiscono la prima parte del volume, presenta una breve sintesi degli avvenimenti, un inquadramento più specifico sul ruolo e la presenza della Chiesa nella vita pubblica italiana e una sezione più consistente sul rapporto tenuto dal Cif nei confronti di queste istituzioni. Le cesure storiche scelte coincidono con i principali decenni che hanno caratterizzato la seconda metà del Novecento, un secolo che l’autrice sceglie di terminare con gli anni Novanta, da un lato per inserirsi in quella scelta di celebrare al contempo i cinquant’anni dell’associazione e del voto alle donne, dall’altro per aderire all’interpretazione storiografica che definisce il Novecento come “secolo breve”.
Interessante in questa prima parte è la ricerca di un nesso tra la storia nazionale e l’attività del Cif, volta ad evidenziare come quell’associazione nascesse certamente con un’apertura alla donna come soggetto pubblico (una delle prime battaglie fu quella contro l’astensionismo femminile), senza perdere di vista la centralità del privato e della famiglia. L’attività del Cif fu fin da subito intesa «in un continuo sconfinamento tra civile e politico, etico e religioso e riguardava[…] soprattutto la tutela dei minori, della lavoratrice madre e il consolidamento della famiglia, fondamento dell’ordine etico-sociale e della comunità nazionale» (p. 49). Scopo del Cif fu quello di porsi come perno per la creazione di «una coscienza civile e solidale», che doveva partire dal privato per estendersi al pubblico e avrebbe dovuto portare alle realizzazione di «una capillare rete dei servizi, una sorta di welfare moderno» (p. 51). Da qui l’attenzione rivolta nel secondo dopoguerra ai reduci ed alle loro famiglie, alle donne del sud d’Italia ed all’infanzia, così come numerosi furono gli interventi volti a favorire l’educazione femminile e l’inserimento nel mondo del lavoro. Un accento particolare viene inoltre posto sul progressivo spostamento dello sguardo dell’associazione dal nazionale, all’Europa e poi alla mondializzazione. L’autrice sceglie infatti di ricordare tra i momenti fondativi del Cif la partecipazione alle conferenze mondiali sulla donna a partire da quella di Città del Messico del 1975, fino alla conferenza Onu di Pechino del 1995.
Continuità e cesure sono i due elementi che segnano nel complesso questa narrazione, laddove la rottura più significativa è quella con le scelte e i valori del femminismo degli anni Settanta e di conseguenza anche con l’altra associazione femminile, l’Udi, che di quegli ideali si fece in certo senso “la portavoce”.
La prima parte del volume si chiude con un’interessante appendice documentaria che sceglie come fonti principali la rivista ufficiale dell’associazione – inizialmente «Bollettino», poi «Cronache» e dal 1962 «Cronache e Opinioni» – e gli Atti dei congressi nazionali.
Gli editoriali di «Cronache e Opinioni» dal 1989 al 1997 costituiscono inoltre il fulcro della seconda parte del volume intitolata: Gli anni della grande transizione. Questa sezione si presenta come una narrazione autobiografica, dove l’autrice sceglie di pubblicare alcuni degli editoriali da lei scritti per la rivista negli anni della sua presidenza, segnati dal grande cambiamento dell’orizzonte europeo e mondiale e rappresentano al contempo un interessante spaccato sulle scelte e sulle posizioni dell’associazione in quel difficile e contrastato momento storico.
Ricco di spunti, il volume, che si chiude con una ricca bibliografia, offre nel complesso una interessante sintesi della storia dell’associazione.

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