Antonio Zanotti, La governance societaria: società per azioni e cooperative a confronto (Tito Menzani)

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Antonio Zanotti, La governance societaria: società per azioni e cooperative a confronto, Rubettino, Soveria Mannelli 2013

(Tito Menzani) 

 

Il testo che qui si recensisce è una ricerca che mancava nel contesto delle discipline economico-aziendali, e soprattutto che si attendeva da tempo. Antonio Zanotti vanta una lunga e proficua carriera nel movimento cooperativo, nell’area amministrazione, finanza e controllo di alcune importanti imprese, e poi anche come amministratore e sindaco revisore. Ma è anche ben conosciuto nel mondo scientifico per i vari contributi euristici che ha dato, molti dei quali interdisciplinari, visto che spazia dall’area economico-aziendale a quella della storia e della storia del pensiero cooperativo. Anche per queste ragioni, il volume La governance societaria: società per azioni e cooperative a confronto è molto più che un trattato analitico sull’argomento dichiarato dal titolo, ma attinge in maniera esplicita da queste altre discipline, fornendo una chiave interpretativa per certi versi diacronica.
Il tema della corporate governance, del resto, è da un po’ di tempo sulla cresta dell’onda, sia perché la ulteriore crescita di molte imprese già grandi si è sovrapposta al ricambio generazionale di proprietà e dirigenza, sia per questioni di stringente attualità, visto che alcuni scandali dovuti al malfunzionamento della governance hanno fatto da cassa di risonanza presso l’opinione pubblica e la classe dirigente.
E così una lunga stagione di studi ha indagato i meccanismi del rapporto tra proprietà e controllo, naturalmente là dove queste due compagini si presentano separate. La stragrande maggioranza di questa letteratura si è occupata di imprese for profit convenzionali, cosicché non solo altri generi d’impresa, come quella cooperativa, si sono trovati ai margini del dibattito, ma hanno poi finito per adottare il paradigma emerso, facendolo proprio. L’idea che sviluppa Zanotti è che questa scelta sia stata infelice, perché l’impresa cooperativa ha una natura diversa dall’impresa privata tradizionale e quindi ha bisogno di strumenti di governance peculiari, e non di una asettica acquisizione di strumenti e modelli maturati in un altro contesto.
Per Zanotti, il fundamentum divisionis tra cooperativa e impresa convenzionale non sta in primo luogo nella diversità tra mutualismo (interno ed esterno) e logica del profitto (eventualmente accompagnata dalla responsabilità sociale d’impresa) – il tutto a volte richiamato dalla formula homo cooperativus vs homo oeconomicus – bensì in una diversa configurazione dei diritti di proprietà. Questa difformità, di fatto, può essere articolata in quattro punti fondamentali: 1) gli azionisti di un Società per azioni (Spa) partecipano al processo decisionale nominando il Consiglio di amministrazione (Cda) e attraverso poche altre formalità, mentre i soci di una cooperativa sono molto più coinvolti, 2) nelle Spa i membri del Cda sono eletti in funzione delle loro competenze professionali, mentre nelle cooperative sono quasi sempre soci o rappresentanti dei soci, 3) nelle Spa i manager sono spesso scelti sul mercato, mentre nel movimento cooperativo prevale la logica della crescita endogena, 4) nelle Spa il mercato azionario espone al rischio delle scalate ostili e quindi disciplina il lavoro dei manager, mentre in cooperativa questa forma di pressione è assente.
Poiché da quanto sopra espresso, le cooperative appaiano meno efficienti delle imprese convenzionali – ovviamente nel caso adottassero i medesimi strumenti di governance – Zanotti si domanda quale possa essere un modello specifico in grado di funzionare nell’ambiente cooperativo. Ecco, quindi, che nelle pagine del libro si ripercorrono alcuni dei principali assetti di governance societaria – a partire da quelli che hanno meccanismi adeguati per le imprese cooperative – e si arriva a concludere che il movimento debba investire più risorse intellettuali nella definizione di un modello adeguato alla propria natura. In particolare si sottolinea come la nota formulazione della teoria principale-agente non appaia affatto idonea per un’impresa cooperativa, che invece potrebbe lavorare nella direzione di un affinamento della stewardship theory.
Resta naturalmente molta strada da fare, ed entro certi limiti può essere l’analisi di casi concreti ad offrire risposte importanti in tal senso. Qui anche la storia d’impresa può avere un ruolo di rilievo, sia per la capacità di contestualizzazione dei fenomeni, che per quella di dare conto delle svolte cruciali lungo la linea evolutiva degli strumenti di governance all’interno di un ipotetico campione di aziende.

 

 

 

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