Emanuela Miniati, Antifascisti liguri in Francia. Caratteristiche e percorsi del fuoriuscitismo regionale

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Emanuela Miniati

Antifascisti liguri in Francia. Caratteristiche e percorsi del fuoriuscitismo regionale

 

L’esilio antifascista si connota per il suo legame con l’emigrazione di massa in Francia tra le due guerre, assumendone e rielaborandone caratteristiche, percorsi, modalità di installazione. Tale fenomeno ha radici nell’emigrazione politica della fine degli anni Dieci, conseguente alla repressione delle lotte operaie del biennio rosso. La sorveglianza sempre più sistematica degli oppositori da parte del regime fascista alimentò gli espatri oltralpe dai primi anni Venti fino alla Seconda guerra mondiale, seppure con ritmi e fasi differenti. I primi a fuggire dall’Italia furono sindacalisti, militanti di base, piccoli quadri di partito che si erano compromessi nelle battaglie sociali del primo dopoguerra. Questa ondata popolare fu seguita dall’espatrio dei veri e propri leader politici. Dal 1926 infatti, con l’emanazione delle leggi eccezionali, i partiti soppressi dal fascismo ricostituirono all’estero gli organi dirigenti, privilegiando come sede d’esilio la capitale parigina (Nota 1).
Riformando la Direzione generale di pubblica sicurezza, l’apparato di repressione del regime si potenziò ed estese oltre i confini italiani, per sorvegliare l’attività dei fuoriusciti e delle comunità emigrate (Nota 2).
Accanto alle figure di spicco dell’Aventino, che ebbero un ruolo simbolico e reale nell’esilio antifascista, espatriavano masse di persone comuni: gli antifascisti erano coinvolti insieme alle loro famiglie, con dinamiche strettamente connesse all’emigrazione economica. Questo fuoriuscitismo popolare era un prodotto della modernità, della politicizzazione di massa, delle guerre e dei totalitarismi del Novecento (Nota 3). Il legame tra migrazione economica e politica è infatti tipico dell’emigrazione antifascista in generale, un legame che nello specifico presenta peculiarità regionali e locali (Nota 4). In tal senso la Liguria si rivela un caso interessante in quanto regione di confine, dove la mobilità transalpina è una tradizione locale (Nota 5). Il contesto ligure-francese consente infatti di mettere a fuoco continuità e simmetrie con l’emigrazione di prossimità, e di valutare l’influenza delle nuove reti politiche nell’incanalarne o deviarne le direttrici.
All’indomani della Grande guerra, la Francia divenne il principale bacino di accoglienza dell’emigrazione italiana, economica e politica. Infatti l’emigrazione oltreoceano si ridimensionò largamente, in conseguenza della recessione statunitense del dopoguerra, e la chiusura nazionalista americana si riversò con particolare veemenza sulla colonia italiana, all’epoca della vicenda Sacco e Vanzetti (Nota 6). Si optò allora per la meta francese, una scelta che trovava le sue ragioni strutturali nel contesto socio-economico di Italia e Francia del primo dopoguerra. All’indomani del conflitto il governo francese si ritrovava in una disastrosa situazione demografica, che comprometteva la ricostruzione, mentre l’Italia usciva dalla guerra provata dalla disoccupazione, dalla crisi rurale e dal peso demografico. Si erano create cioè le premesse per una complementarietà di interessi tra i due paesi che aprì la strada ad accordi governativi per agevolare i flussi di manodopera italiana in Francia (Nota 7).
Anche nel caso ligure lo spostamento migratorio verso la Francia non si deve a semplici ragioni di vicinanza. Per i liguri infatti la prossimità non era mai stata un fattore determinante nella scelta delle destinazioni. Lo era stata piuttosto un’abitudine alla mobilità, praticata di generazione in generazione, che non poneva frontiere alle opportunità di crescita della comunità (Nota 8). Anche durante la cosiddetta grande emigrazione, la meta transalpina continuò a coesistere accanto alla preponderante scelta americana: si mantennero così più opzioni anche all’interno di una stessa famiglia. Fu il Ponente, per ovvie ragioni di vicinanza, a intrattenere più stretti legami con la Francia, e questa continuità si sarebbe manifestata anche nell’emigrazione ligure antifascista (Nota 9).

 

Dal dopoguerra all'avvento del fascismo: il tessuto antifascista popolare

Caratteristica dell’emigrazione ligure economica e antifascista fu sin dai suoi esordi la pluralità dei soggetti coinvolti per livello sociale e politicizzazione. Da un lato vi erano le campagne povere dell’entroterra, che spingevano all’emigrazione contadini e piccoli commercianti agricoli: per essi la mobilità era una strategia per alleggerire il carico dell’economica familiare, un fattore di riequilibrio della vita di paese (Nota 10), tanto più per le famiglie che subivano le conseguenze delle persecuzioni fasciste. Parallelamente i grandi poli industriali genovese, savonese e spezzino sprofondavano nella crisi all’indomani della Grande guerra, con la smobilitazione dell’industria bellica. La grave disoccupazione che ne seguì andò a colpire le classi lavoratrici urbane. È in questo contesto che maturò il movimento operaio ligure, mobilitandosi nei sindacati nelle grandi aziende e poi nelle campagne dei pendolari. Una tale politicizzazione di massa, legata all’intensa industrializzazione ligure voluta dallo Stato unitario, influì nel determinare un fuoriuscitismo popolare (Nota 11).
In Liguria si erano sviluppati movimenti sociali differenziati, in relazione anche alla frammentarietà del territorio, cosa che avrebbe inciso sul diverso dispiegarsi delle reti migratorie locali. La sinistra genovese era legata al socialismo riformista, che organizzava i lavoratori portuali e gestiva i rapporti con il padronato. La frazione comunista prevaleva invece nelle zone industriali, nella Valpolcevera e sulla costa di Ponente, dove forti erano anche anarchici e sindacalisti (Nota 12). A Porto Maurizio primeggiavano i riformisti, a Oneglia i comunisti. Savona, principale centro comunista in Liguria, assieme al Vadese e alla Val Bormida era caratterizzata dal tessuto industriale urbano e da un movimento operaio combattivo. A La Spezia l’Unione Sindacale Italiana, di ispirazione libertaria, dava voce ad un radicato movimento anarchico (Nota 13).
Fu dopo il successo socialista alle elezioni del 1919 che il fascismo cominciò ad attecchire in Liguria. Nell’estate 1920 le squadre d’azione si diedero ad un’intensa attività di organizzazione, anche se di fatto in Liguria il movimento si sviluppò meno rapidamente che altrove (Nota 14). Nonostante le prove di resistenza dei lavoratori liguri (Nota 15), nell’agosto del 1922, tra le ultime regioni del paese, la Liguria cadeva sotto i colpi del fascismo. Le municipalità socialiste erano delegittimate e iniziava la repressione padronale con licenziamenti di massa, le formazioni di camicie nere davano il via a persecuzioni contro gli organizzatori dei moti popolari in città e in campagna, mentre i dirigenti politici subivano arresti, violenze, esecuzioni sommarie. Intanto famiglie intere pagavano le conseguenze delle rappresaglie del costituendo ordine fascista (Nota 16).

 

I primi flussi degli anni 20: sindacalisti e militanti di base a Nizza e Marsiglia

Fu allora che iniziarono le prime fughe di antifascisti dalla Liguria. Come nel resto del paese, le partenze erano cominciate già durante l’occupazione delle fabbriche e così i primi a lasciare la regione furono sindacalisti e militanti di base. Si trattava di uomini compromessi politicamente e come privati cittadini, “sovversivi” additati pubblicamente. Si comprende allora l’implicazione della vita privata e familiare, turbata da irruzioni, angherie, licenziamenti fatali per la sussistenza domestica. Le esigenze di mettersi in salvo e di assicurare un lavoro al capofamiglia andavano ad alimentare un’emigrazione antifascista intrecciata a quella economica (Nota 17).
È difficile distinguere nettamente tra migrazione politica ed economica. A livello qualitativo gli storici sono ormai d’accordo nel considerare l’emigrazione antifascista come fenomeno in gran parte popolare legato ai flussi economici di massa. Più incerta rimane la stima quantitativa, soprattutto per la discordanza delle fonti (Nota 18). Tuttavia gli studi focalizzati su reti locali e sull’uso di fonti differenti restituiscono un quadro più articolato del fenomeno. L’intreccio di fonti italiane e francesi mette in luce la compenetrazione di vari progetti migratori e la loro evoluzione a contatto con la società di accoglienza. Inoltre le fonti private, e specialmente la corrispondenza, restituiscono una preponderante dimensione familiare della migrazione politica, nella mobilità, nei rapporti mantenuti con la comunità di partenza, nell’immaginario. Il fuoriuscitismo antifascista è così collocato nel suo contesto politico ma anche migratorio, e studiato attraverso categorie proprie della storia sociale e della gente comune (Nota 19).
I primi espatri erano fughe frettolose, gestite privatamente da piccoli gruppi locali, dettate dall’urgenza del momento. In tali condizioni di precarietà ci si poteva appoggiare soltanto a solidarietà già strutturate, poiché di fronte al precipitare degli eventi i movimenti popolari non riuscivano ancora a mobilitarsi. I pionieri sfruttarono così le preesistenti reti migratorie intessute dalle comunità locali, fatte di vincoli di amicizia, parentela, vicinato (Nota 20). Ci si dirigeva nelle aree di maggiore concentrazione ligure, dove il savoir-faire migratorio delle comunità di provenienza poteva guidare correndo meno rischi: Nizza e Marsiglia.
Per comprendere le dinamiche migratorie degli antifascisti liguri è importante riferirsi alle loro reti economiche articolate in Francia. Tradizionalmente insediati tra Marsiglia e Tolone, fra le due guerre i liguri si erano approssimati al confine italiano, installandosi nelle Alpi Marittime e in particolare a Nizza. Fino alla Grande guerra Marsiglia era stata la prima destinazione italiana in Francia e i liguri vi figuravano tra le principali comunità regionali, ma a partire dagli anni Venti venne scalzata da Parigi. Non fu però così per i liguri, che predilessero la migrazione di prossimità (Nota 21). Vi fu sì un fuoriuscitismo ligure nella regione parigina, ma si trattò di una minoranza sperimentata, perlopiù urbana, indirizzatavi dai partiti. La gran parte dei liguri si installò piuttosto a Nizza, dove in epoca fascista gli italiani raggiunsero il 25% della popolazione. I legami tradizionali con Marsiglia, seppur minoritari, non vennero però allentati dai liguri ed anzi sarebbero stati alimentati da un filone ben determinato per appartenenza politica e provenienza regionale.

 

La Spezia: la rete anarchica nel Var e nelle Bouches-du-Rhône

Nello Spezzino gli espatri oltralpe avvennero fin dai primi tempi dell’affermazione dello squadrismo. Nella primavera del 1921 il movimento anarchico locale ne fu investito con particolare veemenza. Il fascismo recuperava Sarzana “la perduta”, percepita nell’immaginario dell’epoca come avamposto irriducibile di un anarchismo ribelle e sanguinario. Le violenze di massa culminarono nei noti fatti del 21 luglio, momento di spartiacque che segnò l’inizio di un esodo spontaneo con l’avvio dei processi agli antifascisti (Nota 22).
I primi spezzini a lasciare la regione espatriarono tra il 1922 ed il 1923, un’emigrazione antifascista precoce in Liguria che presentò caratteristiche piuttosto omogenee fin dai suoi esordi: si tratta di un gruppo di militanti locali di spicco legati all’anarchismo dell’anteguerra (Nota 23). Il personaggio di maggiore levatura politica, capo carismatico, fu Ugo Boccardi, il “Ramella” che già alla fine del 1922 prese clandestinamente la via della Alpi. Dopo una tappa provvisoria in Costa Azzurra, dettata probabilmente dalla prossimità, si spostò a Marsiglia e a La Seyne-sur-Mer, nel vicino dipartimento del Var; non era forse un caso che si installasse proprio nel Marsigliese, che aveva accolto le personalità più celebri dell’esilio anarchico italiano nella belle époque (Nota 24). Grazie al suo ascendente e alle capacità organizzative Boccardi fece di La Seyne un punto di ritrovo dell’anarchismo spezzino, attraendo nuovi esuli dal paese natale e stabilendo una rete transnazionale in grado di mobilitare uomini, risorse, aspettative (Nota 25). Già nella prima metà degli anni Venti un folto gruppo di antifascisti spezzini, perlopiù anarchici, si insediò tra Marsiglia e La Seyne, dando vita ad una colonia dalla spiccata identità regionale e politica (Nota 26). Negli anni successivi e per tutti gli anni Trenta la filiera spezzina di La Seyne avrebbe continuato a nutrirsi di nuovi arrivi, richiamati dalla comune ascendenza libertaria e dalla volontà di ricongiungersi ai familiari (Nota 27). Il Marsigliese diventava una seconda patria per gli anarchici della Lunigiana.
Anche la Costa Azzurra costituì un punto di riferimento per molti spezzini in fuga. Per alcuni fu una tappa temporanea legata alle migrazioni tradizionali tanto quanto le tappe americane. Non erano stati rari, infatti, i casi di emigrazione di anarchici spezzini nelle Americhe prima della Grande guerra (Nota 28). Fu in particolare Mentone a raccogliere i sovversivi in fuga dalla Val di Magra in modo sempre più organizzato e tra Mentone e Ventimiglia si creò una piccola rete di assistenza per organizzare le fughe e assicurare contatti tra fuoriusciti e antifascisti rimasti in patria, che faceva capo al negozio di un barbiere sarzanese (Nota 29). C’era poi chi giungeva nel Nizzardo per restare, in particolare una piccola filiera proveniente dal paese di Arcola che ritrovò una colonia ligure numerosa. Gli insediamenti di antica data come questo godevano del sostegno di associazioni e società mutualistiche a base comunitaria e regionale, che facilitavano l’inserimento nella società straniera. Negli anni Trenta le famiglie spezzine richiamarono mogli, figli, parenti dall’Italia. Altri rimasero in patria, senza che per questo i contatti venissero interrotti (Nota 30).
Una direttrice minoritaria che avrebbe coinvolto varie famiglie spezzine fu quella gravitante attorno alla Librairie Moderne di Parigi. La Librairie era gestita da un ingegnere di La Spezia vicino all’antifascismo democratico e distribuiva stampa antifascista. Attraverso le filiali che impiantò a Lione e ad Algeri, la Librairie creò una rete di contatti tra anarchici e socialisti spezzini (Nota 31). Si era ormai a metà degli anni Trenta e i fuoriusciti avevano sviluppato solide strutture politiche e sociali: si poteva contare allora su reti di accoglienza e assistenza che offrivano alloggio, impiego, occasioni di incontro tra antifascisti (Nota 32). Dalla Librairie Moderne sarebbe passato uno dei più celebri personaggi del fuoriuscitismo ligure, garibaldino, maquis in Francia e poi tra i fondatori della Federazione Anarchica Italiana; si tratta di una figura meno interiorizzata dalla memoria popolare locale, forse per la sua vicenda legata all’ambiente savonese e per la relativa estraneità alla rete di Boccardi: Umberto Marzocchi. Cresciuto a La Spezia accanto a figure come Pasquale Binazzi o Auro d’Arcola, Marzocchi visse e militò a Savona prima dell’esilio. Da Nizza, dove poteva contare sulla presenza di familiari là emigrati per motivi economici, l’impegno politico e dirigenziale lo condusse a Lille e poi a Parigi, dove lavorò proprio alla Librairie (Nota 33).

 

Savona: l’antifascismo popolare a Nizza, la rete socialista di Pertini, i quadri comunisti a Parigi

Anche dalla provincia di Savona l’antifascismo meno organizzato seguì le rotte della mobilità economica. Come nel resto della regione, i primi esuli si diressero nelle regioni francesi dove già erano installate colonie liguri. Si tratta dell’esperienza di fuoriusciti poco noti nella provincia, dove la memoria dell’emigrazione antifascista è legata alla preponderante figura di Sandro Pertini. Ma in effetti non furono i leader gli iniziatori del fuoriuscitismo savonese, quanto piuttosto militanti di base, perlopiù comunisti dei paesi del Vadese. Qui il radicato movimento dei lavoratori aveva portato a duri scontri con l’apparire delle prime spedizioni squadriste. Similmente allo Spezzino, anche nel Savonese fu un episodio in particolare a destare l’impressione dell’opinione pubblica: l’uccisione del fascista Andrea Prefumo alle celebrazioni del 1 maggio 1922. Ne seguirono aggressioni e rappresaglie e infine un processo che segnò la nascita del primo flusso di esuli (Nota 34). Questi pionieri si diressero nel Nizzardo e vi crearono una rete di conoscenze ancorate alla comune provenienza, capace di attrarre altri compaesani. Non pochi riuscirono già dai primi anni a ricongiungersi con mogli e figli all’estero e non furono rari i casi di matrimoni interni alla piccola comunità savonese immigrata (Nota 35).
Parallelamente si stabilivano in Francia anche migranti dell’entroterra, simpatizzanti meno coinvolti nelle lotte dell’epoca. Si installavano nel Nizzardo o nel Tolosano e tendevano a raggrupparsi secondo vincoli di parentela più che di affinità politica (Nota 36). Intanto vi era anche chi partiva per destinazioni antiche, come il socialista Giuseppe Scarrone, l’industriale altarese che portò l’arte vetraia del suo paese a Rio de Janeiro realizzando un progetto di “sogno americano”. Evidentemente negli anni pionieristici del fuoriuscitismo l’emigrazione oltreoceano destava ancora aspettative nei perseguitati politici (Nota 37).
Tra la fine degli anni Venti e nel corso degli anni Trenta vediamo consolidarsi l’emigrazione antifascista savonese, nel vicino Nizzardo ma anche nel Marsigliese e nel Var. I flussi meno politicizzati tesero a stabilizzarsi attraverso ricongiunzioni familiari, che portavano in generale una certa realizzazione socioeconomica. Non sono rari i casi di completa assimilazione delle famiglie, che in parte o al completo restarono in Francia per installarvisi definitivamente (Nota 38). Le naturalizzazioni del resto furono tipiche dell’era della stabilizzazione, di fronte all’assestamento del regime in Italia che portò a scelte di non ritorno, ma giocò a loro favore anche la politica di tutela dei lavoratori francesi, che sfavoriva l’assunzione di stranieri: la crisi economica colpiva allora la Francia e apriva la strada a un clima xenofobo, che guardava con sospetto immigrati soli, mentre accettava più facilmente la presenza di intere famiglie straniere (Nota 39).
Unico nel panorama del fuoriuscitismo d’esordio savonese è il caso di Giovanni Michelangeli, uno dei quadri comunisti locali più in vista negli anni dell’occupazione delle fabbriche. Sindacalista professionale, aveva militato accanto al socialista Mussolini e presenziato a Livorno alla fondazione del partito comunista d’Italia (Pcd’I). La sua emigrazione fu gestita fin dal 1922 dal Pcd’I e dal Komintern, che lo condussero in Svizzera, Germania, Spagna, Messico, Stati Uniti e infine a Parigi negli organi dirigenziali del partito (Nota 40). In generale infatti i quadri comunisti liguri si impiantarono a Parigi, dove la direzione concentrava gli elementi più sperimentati (Nota 41).
Con la fuga di Filippo Turati nel novembre 1926 prese il via a Savona la più nota emigrazione legata a Sandro Pertini (Nota 42). L’attività dei socialisti locali si era concretizzata soprattutto all’indomani del delitto Matteotti, attorno a Pertini e all’amico Giovanni Battista Pera (Nota 43): due avvocati rappresentanti di una sinistra di estrazione borghese, attivi negli ambienti intellettuali e politici di Torino, Firenze, Milano. Proprio Milano fu la città in cui si ideò la fuga, mobilitando attraverso Pertini i socialisti di Savona. Si organizzava una rete mista di solidarietà, regionalismo e obiettivi politici che condusse i capofila del socialismo savonese tra Nizza e Marsiglia, seguiti da tutta una serie di militanti minori. Essi furono coinvolti nelle strutture antifasciste franco-italiane, nella Concentrazione Antifascista, nella prestigiosa Lega dei diritti dell’uomo (Lidu) capeggiata da Luigi Campolonghi, nel movimento di Giustizia e libertà (Gl). Si creò un flusso di socialisti in movimento sotto le direttive del partito, che mantenevano i contatti tra Parigi e il Sud-Est della Francia (Nota 44). La vicenda personale di Pertini, figura solitaria, prototipo dell’esule lontano dalla famiglia che creò il mito dei fuoriusciti d’élite ai vertici dei partiti, è però poco rappresentativa dell’emigrazione socialista savonese. Essa infatti nelle sue componenti più o meno popolari si articolò secondo logiche di ricongiungimenti familiari, di progetti lavorativi comuni tra amici e compaesani, come fu ad esempio l’impresa di trasporti pubblici di Pera e di Italo Oxilia (Nota 45).
Curiosamente non si trovano tracce di relazioni tra esuli savonesi e spezzini nelle fonti dell’epoca, ugualmente impiantati tra Var e Marsiglia e legati alle medesime reti politiche della Lidu e di Gl. Se non è possibile affermare che non vi siano stati contatti tra socialisti ed anarchici liguri tra Marsiglia e Tolone, nondimeno l’assenza di informazioni in proposito rivela una caratteristica diffusa delle comunità italiane in Francia. L’apertura transnazionale delle reti migratorie di paese non valse a scardinare le dinamiche micro-regionali messe in atto dai “transalpini” tra le due guerre. La costituzione di reti allargate su più fronti nazionali ma limitate a precise appartenenze di città, villaggio, parentela o partito fu infatti un elemento tipico dell’installazione italiana in Francia, dove non si crearono vere e proprie “Petites Italies” sul modello americano (Nota 46). In questo senso il caso ligure si inscrive, confermandola, in una tendenza più generale.

 

Genova: anarco-sindacalisti nel Sud-Est, comunisti a Parigi

Il fuoriuscitismo genovese è legato all’esperienza di quadri di partito, alcuni dei quali avrebbero avuto parte attiva nella costruzione della Prima repubblica. La loro emigrazione si situa nel flusso dei capi politici che scelsero la via dell’esilio all’indomani della proclamazione delle leggi fascistissime del 1926. Ciò non toglie che anche nel Genovese si siano verificate emigrazioni precedenti. La prevalenza della corrente riformista in Genova aveva in una certa misura mitigato le spedizioni squadriste, ma non fu così per il Ponente sestrese, dove anarchici e sindacalisti rivoluzionari furono presi di mira dai fascisti già dal 1921. Fu tutta una serie di operai, attivissimi militanti di base, a nutrire i primi flussi d’esilio. Come altrove, molti di essi scelsero la Francia, ma rimase ancora battuta la via delle Americhe (Nota 47).
Tra le figure maggiori del fuoriuscitismo genovese il primo a espatriare fu Giovanni Battista Canepa, avvocato benestante di Chiavari, allora esponente di spicco del socialismo, poi del partito comunista (Nota 48). La sua intensa attività di propaganda gli attirò le mire squadriste e già nel 1924 dovette rifugiarsi a Parigi, dove fu messo in contatto con i maggiorenti del partito. Attraverso Sandro Pertini poté partire alla volta della Spagna rossa e alla fine degli anni Trenta giunse a Marsiglia, dove si installò con la moglie e si inserì tra i socialisti immigrati. A quel tempo il movimento antifascista locale era visto dall’Ovra come «il più noto e pericoloso della Francia», anche per il sostegno garantitogli dalle autorità locali filo-socialiste (Nota 49). I contatti tra Marsiglia e la Liguria erano solidi e negli anni del Fronte popolare accorsero nel Marsigliese responsabili liguri socialisti, comunisti, militanti di Gl, allora alleati. Evidentemente ai vertici del partito le reti a volte si allargavano attraversando le strutture micro-regionali (Nota 50).
Da Genova si mosse anche un’emigrazione massonica borghese, che si legò agli ambienti repubblicani e di Gl a Parigi (Nota 51). La figura più nota è quella di Raffaele Rossetti, tra i fondatori del movimento Italia libera, collaboratore stretto di Pacciardi, Schiavetti e Salvemini e poi dirigente di Gl con Rosselli, Lussu, Cianca e Tarchiani, infine cofondatore della Giovine Italia assieme a Facchinetti (Nota 52).
Fu solo più tardi che prese forma il flusso genovese più politicizzato di matrice comunista, quando il Pcd’I locale fu falcidiato dagli arresti nella seconda metà degli anni Venti. Raffaele Pieragostini, Emilia Belviso e il marito Attilio Tonini, Agostino Novella e Amedeo Ugolini sono solo i nomi più noti di tutta un’emigrazione comunista di estrazione urbana e popolare che si diresse quasi esclusivamente a Parigi. La capitale francese attirava in massa i comunisti più politicizzati dalla Liguria, in particolare da Genova e Savona. L’organizzazione fortemente centralizzata del Pcd’I canalizzava i percorsi dei suoi elementi più sperimentati, in quegli anni Trenta in cui il partito e le sue associazioni di massa erano ormai compiutamente strutturate e onnipresenti nelle comunità immigrate (Nota 53).
Giungevano poi da Genova a Parigi comunisti meno inseriti negli organismi di partito, che partivano anche con progetti economici familiari. Spesso le famiglie comuniste riuscivano a riunirsi nella capitale, agevolate dalla politica francese che privilegiava l’arrivo di interi nuclei. È nota nella memoria locale la storia della famiglia Diodati, che visse a Parigi con i numerosi figli, futuri protagonisti della resistenza in Francia e in Italia (Nota 54). Meno conosciuta è la vicenda dei Martini, che giunsero a Parigi fuggendo dal fascismo ma anche per realizzare una piccola impresa pasticcera nel quartiere di Montmartre, e che avrebbero partecipato alla resistenza parigina accanto ai Diodati e ai Pajetta (Nota 55).
Vi furono poi ancora casi di famiglie antifasciste che seguirono più rotte migratorie, differenziando i percorsi a seconda delle opportunità via via offertesi. Vi fu chi lasciò Nizza e i parenti lì emigrati per aprire un’attività più redditizia a Parigi o ancora chi dalla Francia si installò in America (Nota 56). Altri si ritrovarono in una stessa zona d’arrivo per motivi differenti, politici o di lavoro (Nota 57). C’era poi chi si installava nell’Algeria francese mentre altri familiari restavano in Francia o in Italia (Nota 58). Poteva capitare addirittura che un ramo della famiglia fosse coinvolto nell’emigrazione antifascista e un altro in quella coloniale al servizio dello stato fascista (Nota 59).

 

Imperia: un’emigrazione di gente comune in Costa Azzurra

Il caso imperiese si presenta molto più omogeneo rispetto alle altre province liguri. Si tratta in generale di un’emigrazione protesa verso la confinante Costa Azzurra, nutrita da contadini, giardinieri, piccoli commercianti agricoli, domestiche che si muovevano secondo le dinamiche dell’emigrazione di lavoro. Se si eccettua infatti il caso di un leader di fama nazionale come Giuseppe Amoretti, il fuoriuscitismo imperiese fu un fenomeno largamente popolare e contadino, legato al transnazionalismo locale. Qui non si verificarono veri e propri eventi separatori che segnarono l’inizio dei flussi in Francia. Espatri e rimpatri nel vicino Nizzardo erano stati costanti nelle vicissitudini delle famiglie coinvolte, dove gli elementi più anziani avevano già fatto esperienza di emigrazione oltralpe all’inizio del secolo, rimanendovi anche in modo definitivo (Nota 60). Si muovevano cioè su un territorio a loro familiare, sapevano valutare le opportunità offerte e godevano di conoscenze che agevolavano l’impiego, la socializzazione, l’inserimento e l’uso della lingua (Nota 61).
Furono soprattutto Sanremo, Ventimiglia e l’entroterra a ridosso del confine ad alimentare l’emigrazione antifascista in Francia. Le destinazioni furono spesso di tutta prossimità, Monaco, Mentone, Beausoleil, Nizza, indice della tipica pratica della frontiera. In queste cittadine a vocazione rurale i partiti comunista e socialista avevano destato consensi tra la popolazione, per l’influenza dei poli di Oneglia e Porto Maurizio (Nota 62). Vi fu anche ad Imperia una minoranza di anarchici e socialisti che scelse le rotte americane, solitamente abbandonando il paese prima dell’avvento del fascismo, e che sarebbe perlopiù rimasta definitivamente oltreoceano, realizzando discrete fortune (Nota 63).
Chi si spostava in Francia già nei primi anni del secolo finì in maggioranza con lo stabilizzarvisi con la famiglia. Sono molti i casi di antifascisti imperiesi che chiesero la naturalizzazione divenendo a tutti gli effetti cittadini francesi, seguendo il classico percorso di assimilazione promosso dalla politica francese. In effetti questi migranti crebbero fin da giovinetti in terra francese, apprendendone lingua e costumi, inserendosi nella comunità immigrata imperiese (Nota 64). A differenza degli altri casi regionali, per gli imperiesi il consapevole attivismo politico non fermò il processo di assimilazione: ci si integrò nel movimento sindacale francese, ci si arruolò volontari nell’Armée e nelle brigate internazionali a fianco dei francesi (Nota 65). Erano anche le conseguenze della radicata xenofobia anti-italiana della regione nizzarda che spingevano a francesizzarsi rapidamente (Nota 66). I migranti imperiesi degli anni Trenta tesero invece a rientrare in Italia con l’inizio del conflitto e alcuni di essi parteciparono alla lotta di liberazione. Forse il fatto di aver compiuto la propria formazione civica sotto il regime influì sulle scelte che si presentarono agli esuli con l’avvento della guerra; e ciò tanto più nella zona di confine e di occupazione, dove l’insofferenza per l’italianizzazione forzata di Mentone rendeva la permanenza italiana assai difficile (Nota 67).
Merita ricordare singolarmente il caso di Giuseppe Amoretti per la portata nazionale della sua esperienza. Sanremese, si formò a Torino dove condusse gli studi universitari e si inserì negli ambienti della sinistra comunista. A Milano giunse ai vertici del partito negli anni della clandestinità, collaborando alla direzione accanto a Palmiro Togliatti e Camilla Ravera e poi nel Centro interno. Scoperto e incarcerato, fu liberato nel 1934, quando espatriò clandestinamente a Marsiglia e poi in Unione sovietica lavorando per l’Internazionale (Nota 68).

 

Epilogo: la guerra e l’emigrazione di ritorno

L’avvento della guerra rappresentò un punto di svolta nei percorsi degli esuli, in Liguria come nel resto del paese. Le misure restrittive al soggiorno contro gli “étrangers indésirables” del 1938 si inasprirono con l’inizio del conflitto, moltiplicando rimpatri forzati ed espulsioni. Si proibiva agli stranieri qualsiasi ingerenza nelle questioni politiche e gli antifascisti ne furono inevitabilmente colpiti. La “pugnalata alla schiena” di Mussolini costò cara ai rifugiati italiani, internati in massa come nemici nei campi di concentramento. Fu allora che molti emigrati presero la via del ritorno, sollecitati anche dalla politica di rimpatri del regime (Nota 69). Di rado le fonti istituzionali permettono di seguire i percorsi dei singoli fuoriusciti durante la guerra (Nota 70).
Di fronte all’emergenza bellica e nello stato di ostilità con la Francia l’apparato poliziesco del regime non riusciva evidentemente più a condurre la sua capillare opera di sorveglianza all’estero, fino a quando questa non cessò totalmente con la caduta di Mussolini. Tuttavia la memorialistica e la memoria locale permettono di ricostruire una buona parte delle vicende degli esuli liguri e di gettare uno sguardo d’insieme sul fenomeno del ritorno. In alcuni casi, poi, le fonti francesi di naturalizzazione rivelano il carattere definitivo dell’immigrazione.
In generale chi si fermò in Francia in modo permanente aveva messo in atto progetti personali e familiari, raggiungendo una certa integrazione e stabilizzazione economica. Accadde in particolare nelle zone ad alta densità di liguri, dove la comunità immigrata era ben impiantata. La possibilità di avvalersi di una rete nutrita di compaesani, di conoscenze familiari e affinità politiche aveva facilitato l’inserimento in zone come La Seyne o Nizza, dove i fuoriusciti liguri potevano sentirsi “a casa”. La cultura della famiglia e della comunità non perdeva nemmeno allora il proprio ruolo: spesso i legami con il paese d’origine si mantennero anche all’indomani della guerra (Nota 71). I militanti più in vista del fuoriuscitismo seguivano però in maggioranza i flussi di ritorno. Chi non riuscì a rimpatriare perché colto dall’invasione nazista profuse il suo impegno nella resistenza francese; ma la gran parte dopo questa esperienza tornò in Italia, approfittando del capovolgimento della situazione nazionale il 25 luglio o al termine del conflitto (Nota 72). Per tutti gli altri l’inizio della guerra e l’avvicinarsi dell’esercito tedesco costituirono l’occasione per varcare definitivamente la frontiera, anche a costo di essere arrestati. Spesso furono gli stessi partiti ad organizzare il rimpatrio e ad avvicinare gli esuli al movimento antifascista clandestino in Italia per assumervi ruoli organizzativi di prima importanza, mettendo a frutto l’esperienza maturata all’estero (Nota 73).

 

Conclusioni

Un approccio storico al fuoriuscitismo rivolto alle esperienze della gente comune è in grado di approdare a risultati interessanti fino ad ora trascurati dalla storiografia più tradizionale sul tema. Dalle storie personali emergono vincoli profondi che gli esuli hanno mantenuto con la comunità di origine e i loro numerosi apporti economici, sociali, culturali. La memoria nazionale e locale ha prodotto un’immagine dell’esilio antifascista appiattita su figure-simbolo come Sandro Pertini e del resto lo stesso discorso politico francese ha creato i suoi cliché, elevando a emblemi del fuoriuscitismo italiano gli esuli che più contribuirono alla résistance: le due repubbliche hanno nazionalizzato la memoria della resistenza. Così è rimasto in ombra il ruolo strutturale che la gente comune ebbe nella ricostruzione. È nell’antifascismo vissuto in un contesto europeo che gli esuli maturarono una consapevolezza nazionale, un’idea di “Patria” fondata su valori alternativi al fascismo, che sfociò in una migrazione politica di ritorno consapevole, impegnata nell’edificazione della società civile repubblicana. In cui tanti migranti anonimi liguri fecero la parte dei protagonisti.

 

NOTE:

Nota 1 Per un approccio alla storia del fuoriuscitismo italiano, in particolare in Francia: A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Laterza, Roma-Bari 1953 e S. Tombaccini, Storia dei fuorusciti italiani in Francia, Mursia, Milano 1988. Torna al testo

Nota 2 Sull’apparato fascista di repressione e sorveglianza dell’opposizione politica: M. Franzinelli, I tentacoli dell’Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Bollati Boringhieri, Torino 1999. Sull’apparato all’estero: E. Franzina, M. Sanfilippo, Il fascismo e gli emigrati. La parabola dei fasci italiani all’estero (1920-1943), Laterza, Roma-Bari 2003; J. F. Bertonha, I Fasci italiani all’estero, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di) Storia dell’emigrazione italiana, vol. II, Arrivi, Donzelli, Roma 2002, pp. 527-533. Torna al testo

Nota 3 Cfr. S. Sassen, Migranti, coloni, rifugiati. Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa, Feltrinelli, Milano 1999 e M. Degl’Innocenti, L’esilio nella storia contemporanea in Id. (a cura di), L’esilio nella storia del movimento operaio e l’emigrazione economica, Lacaita, Manduria 1992, pp. 7-29. Torna al testo

Nota 4 Sul rapporto tra l’emigrazione antifascista e quella economica si è concentrato il Cedei di Parigi (Centre d’études sur la documentation de l’émigration italienne) in particolare grazie agli studi di Pierre Milza, Eric Vial, Ralph Schor. Torna al testo

Nota 5 I fenomeni migratori dalla provincia di Genova nei secoli XIX e XX, atti del convegno Genova 19 giugno 1987, Provincia di Genova, Genova 1987; La via delle Americhe. L’emigrazione ligure tra evento e racconto, Sapeg, Genova 1989; A. Gibelli, La risorsa America, in Storia d’Italia, Le regioni dall’Unità a oggi. La Liguria, Einaudi, Torino 1994, pp. 585-650; D. Albera, P. Corti (a cura di), La montagna mediterranea. Una fabbrica d’uomini? Mobilità e migrazioni in una prospettiva comparata (secoli XV-XX), Gribaudo, Cavallermaggiore 2000. Torna al testo

Nota 6 Sull’evoluzione delle direttrici dell’emigrazione italiana e in particolare verso la Francia cfr. ad esempio P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di) Storia dell’emigrazione italiana, 2 voll., Donzelli, Roma 2001-2002 e in particolare E. Vial, In Francia, ivi, vol. 2, cit., pp. 138-139; P. Milza, Voyage en Ritalie, Plon, Paris 1993; L. Teulières (éd.), Italiens, 150 ans d’émigration en France et ailleurs, Editalie, Toulouse 2011. Torna al testo

Nota 7 P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 72-77; M. C. Blanc-Chaléard, Les italiens dans l’est parisien. Une histoire d’integration (1880-1960), Ecole française de Rome, Roma 2000, pp. 193-194, 197-199; S. Tombaccini, Storia dei fuorusciti, cit., pp. 2-3. Torna al testo

Nota 8 Sulla cultura della mobilità ligure vedere ad esempio La Via delle Americhe, cit.; Dal golfo al mondo: immagini dell’emigrazione spezzina, Lunensi, Sarzana 1993; A. Gibelli, La risorsa America, cit. Torna al testo

Nota 9 Cfr. La Via delle Americhe, cit., pp. 600-604; Dal golfo al mondo, cit.; Gibelli, La risorsa America, cit., pp. 588-589, 596-600. Torna al testo

Nota 10 Cfr. La via delle Americhe, cit., p. 11; A. Gibelli, La risorsa America, cit., pp. 597-599. Torna al testo

Nota 11 Sulla storia del fascismo e dell’antifascismo in Liguria: S. Antonini, Storia della Liguria durante il fascismo, 4 voll., De Ferrari, Genova 2003-2008; G. Bianco, G. Perillo, I partiti operai in Liguria nel primo dopoguerra, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, Genova 1965; A. Bianchi, Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana, Editori Riuniti, Roma 1975; R. Badarello, Cronache politiche e movimento operaio del Savonese 1850/1922, Comune di Savona, Savona 1987; Arrigo Cervetto, Ricerche e scritti. Savona operaia dalle lotte della siderurgica alla Resistenza, Edizioni Lotta Comunista, Milano 2005; G. Barroero, Anarchismo e resistenza in Liguria, Edizioni AltraStoria, Genova 2004. Torna al testo

Nota 12 G. Bianco, G. Perillo, I partiti operai in Liguria, cit., pp. 9-18, 23-45. Torna al testo

Nota 13 Ibidem. Torna al testo

Nota 14 Ivi, pp. 47-49. Torna al testo

Nota 15 Cfr. ivi, pp. 67-111, 123-133. Sull’arditismo ligure: La storia come identità: i fatti di Sarzana del 21 luglio 1921 nella storiografia nazionale ed europea, Atti del convegno 2002, Ippogrifo Liguria, Lerici 2002. Torna al testo

Nota 16 Cfr. in generale S. Antonini, Storia della Liguria, cit.; G. Bianco, G. Perillo, I partiti operai in Liguria, cit., pp. 129-145; R. Badarello, Cronache politiche, cit., cap. XXIII; A. Bianchi, Storia del movimento operaio, cit., pp. 137-163. Torna al testo

Nota 17 Sull’emigrazione antifascista popolare: M. Degl’Innocenti (a cura di), L’esilio nella storia del movimento operaio, cit.; S. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti, cit., p. 3; M. C. Blanc-Chaléard, Les Italiens dans l’est parisien, cit., pp. 222-223; L’Italia in esilio: l’emigrazione italiana in Francia tra le due guerre, Archivio Centrale dello Stato di Roma e Cedei, Roma 1984. Nei fascicoli del Casellario Politico Centrale (d’ora in poi CPC) in Archivio centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Ministero dell’Interno (d’ora in poi MI), Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari generali e riservati si ritrovano indagini sulla “condotta morale e civile” oltre che politica degli antifascisti. Il Cpc era uno schedario degli oppositori politici concepito come strumento di controllo e repressione. Istituito nel 1894 dalla Direzione generale di Pubblica sicurezza in età crispina, il Cpc fu assai più largamente impiegato in epoca fascista. All’Acs i fascicoli si arrestano perlopiù con la fine della guerra, mentre nei fondi locali delle Questure si ritrovano talvolta aggiornamenti del dopoguerra. Per brevità si indicherà la collocazione archivistica ACS, CPC. Torna al testo

Nota 18 Il Cpc contiene 22.351 fascicoli di antifascisti emigrati in Francia su un totale di 152.588, dei quali 22.173 su 149.089 aperti in epoca fascista. La memorialistica riporta cifre differenti: Aldo Garosci stimò 200-300.000 oppositori espatriati (cfr. P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 221-228, 262-263). Le fonti francesi sono lacunose: non si registravano gli ingressi dall’Italia, fino alla crisi degli anni Trenta si tolleravano i “sans-papier” e i censimenti non riportavano informazioni politiche sugli immigrati. Torna al testo

Nota 19 Questa ricerca si basa su uno studio bilaterale tra Italia e Francia, con un approccio non generale bensì qualitativo, intrecciando fonti istituzionali e private. Fonte privilegiata resta il Cpc (231 fascc. del Cpc per 56 famiglie di cui 12 di Genova, 10 di Imperia, 17 di Savona, 17 di La Spezia). L’emigrazione dal punto di vista privato della gente comune è stata affrontata dai gruppi di lavoro dell’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), del Museo Storico di Trento e dagli studi di Emilio Franzina. Cfr. ad esempio A. Gibelli, F. Caffarena, Le lettere degli emigranti, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana, vol. I, Partenze, Donzelli, Roma 2001, pp. 563-574. Torna al testo

Nota 20 S. Tombaccini, Storia dei fuoriusciti, cit., p. 3; M. C. Blanc-Chaléard, Les italiens dans l’est parisien, cit., pp. 222-223; L’Italia in esilio, cit. Torna al testo

Nota 21 P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 445-449; J. Girault, Les Italiens du Var entre les deux guerres, in A. Bechelloni, M. Dreyfus, P. Milza (éds.), L’Intégration italienne en France, Editions Complexe, Bruxelles 1995, pp. 251-269; R. Schor, L’intégration des Italiens dans les Alpes-Maritimes, ivi, pp. 271-279. Torna al testo

Nota 22 A. Bianchi, Storia del movimento operaio, cit., pp. 114-143. Sui fatti di Sarzana: I fatti di Sarzana: 21 luglio 1921, Città di Sarzana, Sarzana 1971; L. M. Faccini, Un poliziotto perbene, Ippogrifo Liguria, Lerici 2002; G. Meneghini, La Caporetto del fascismo: Sarzana, 21 luglio 1921, Mursia, Milano 2011. Torna al testo

Nota 23 ACS, CPC, b. 389, fasc. Bruno Bassano; b. 683, fasc. Ugo Giuseppe Boccardi; b. 3465, fasc. Ugo Musetti; b. 2869, fasc. Orlando Luciani. Torna al testo

Nota 24 P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 185-194. Torna al testo

Nota 25 Archivio E. Miniati, intervista di Emanuela Miniati a Giuseppe Meneghini, Werter Bianchini, Antonio Luciani, Sarzana 21.8.2012; cfr. G. Meneghini, La Caporetto del fascismo, cit.; ACS, CPC, b. 683, fasc. Ugo Giuseppe Boccardi; ACS, MI, Direzione Generale Polizia Politica (d’ora in poi DGPP), b. 36, fasc. 13. Sulla presenza anarchica a Marsiglia di fine Ottocento cfr. P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 187-194. Torna al testo

Nota 26 Cfr. G. Meneghini, La Caporetto del fascismo, cit.; intervista a G. Meneghini et al., cit.; ACS, CPC, b. 683, fasc. Ugo Giuseppe Boccardi; b. 389, fascc. Bruno Bassano; Emma Bassano; b. 1116, fascc. Domenico Carro; Guglielmo Carro; Ruggero Carro; Silvio Carro; b. 1529, fascc. Aldo Cresci; Umberto Vittorio Cresci; b. 1142, fasc. Antonio Silvio Casella; b. 2565, fasc. Ernesto Guastini; b. 2868, fasc. Amore Massimo Luciani; b. 2869, fascc. Francesco Luciani; Orlando Luciani; b. 2866, fasc. Mansueto Lucherino; b. 4972, fascc. Alessandro Stretti; Oreste Dante Stretti; Archives Nationales de Fontainebleau, Fichier Central Sureté, versement 19940434, art. 423; ACS, MI, DGPP, b. 36, fasc. 13. Torna al testo

Nota 27 ACS, CPC, b. 3465, fasc. Ugo Musetti; b. 2866, fasc. Mansueto Lucherino; b. 2868, fasc. Amore Massimo Luciani, b. 2869, fascc. Francesco Luciani; Orlando Luciani; b. 2565, fasc. Ernesto Guastini; b. 4972, fascc. Alessandro Stretti; Oreste Dante Stretti; intervista a G. Meneghini et al., cit. Torna al testo

Nota 28 ACS, CPC, b. 4232, fasc. Tintino Persio Rasi; b. 2869, fasc. Francesco Luciani; b. 3950, fasc. Luigi Picedi. Il Cpc conta 128 spezzini emigrati nelle Americhe (124 in epoca fascista). Torna al testo

Nota 29 ACS, CPC, b. 4231, fascc. Adino Rasi; Enrico Rasi; b. 4232, fasc. Tintino Persio Rasi; b. 3950, fascc. Amilcare Picedi; Balilla Guerrino Picedi; Guido Picedi; intervista a G. Meneghini et al., cit. Torna al testo

Nota 30 ACS, CPC, b. 3950, fascc. Adolfo Picedi; Amilcare Picedi; Balilla Guerrino Picedi; Dino Picedi; Guido Picedi; Luigi Picedi; Teresio Picedi; b. 4231, fascc. Adino Rasi, Enrico Rasi; b. 4232, fasc. Tintino Persio Rasi; b. 4790, fascc. Orlando Sgorbini; Riceri Saulle Sgorbini; Archivio di Stato de La Spezia, Questura, A8, b. 130, fasc. 12 Ezio Rolando Sgorbini; archivio E. Miniati, intervista di Emanuela Miniati a Mimma Rolla, Sarzana 25.7.2012. Sul ruolo delle associazioni italiane in Francia cfr. ad esempio A. Bechelloni, M. Dreyfus, P. Milza (éds.), L’Intégration italienne en France, cit.; L’Italia in esilio, cit. Torna al testo

Nota 31 ACS, CPC, b. 389, fasc. Bruno Bassano; b. 1142, fasc. Antonio Silvio Casella; b. 2868, fasc. Amore Massimo Luciani; b. 2869, fascc. Francesco Luciani; Orlando Luciani; b. 3117, fasc. Umberto Marzocchi; ACS, MI, DGPP, b. 36, fascc. 8; 13. Torna al testo

Nota 32 Sull’impianto delle strutture antifasciste in esilio e le associazioni di massa cfr. in generale L’Italia in esilio, cit. e nello specifico E. Vial, L’Union Populaire Italienne 1937-1940: une organisation de masse du parti communiste italien en exil, Ecole Française de Rome, Roma 2007 e Id., Une organisation antifasciste en exil, la Ligue italienne des droits de l’homme, thèse de doctorat de l’Ecole des Hautes Etudes, sous la diréction de P. Milza, Paris 1996. Torna al testo

Nota 33 G. Sacchetti, Senza frontiere: pensiero e azione dell’anarchico Umberto Marzocchi, Zero in condotta, Milano 2005; archivio E. Miniati, intervista di Emanuela Miniati a Adria Marzocchi, Savona 4.6.2011. ACS, MI, DGPP, b. 36, fascc. 8; 13; ACS, CPC, b. 3117, fasc. Umberto Marzocchi. Torna al testo

Nota 34 ACS, CPC, b. 165, fascc. Andrea Aonzo; Girolamo Aonzo; b. 4675, fascc. Giuseppe Giacomo Scarrone; Maria Scarrone; b. 3011, fasc. Giuseppe Marabotto. Torna al testo

Nota 35 Ivi e ACS, CPC, b. 3011, fascc. Ernesto Marabotto; Giuseppe Marabotto; Silvio Marabotto; archivio E. Miniati, intervista di Emanuela Miniati a Georgette Marabotto, Savona 23.6.2011. Torna al testo

Nota 36 ACS, CPC, b. 209, fascc. Alberto Ernesto Astegiano; Ernesto Astegiano; b. 4708, fascc. Clemente Scola; Emanuele Scola; Emanuele Severino Scola; Florindo Scola. Torna al testo

Nota 37 ACS, CPC, b. 2924, fasc. Costantino Magliotto; b. 3262, fasc. Giovanni Michelangeli; b. 4675, fascc. Giuseppe Scarrone; Pietro Scarrone; b. 5457, fasc. Giovanni Vivaldi. Torna al testo

Nota 38 ACS, CPC, fasc. Ernesto Astegiano cit.; b. 2900, fasc. Michele Macciò; b. 4043, fasc. Andrea Poggi; b. 4044, fasc. Gerolamo Andrea Poggi; b. 4045, fasc. Paolo Poggi; b. 3011, fascc. Ernesto Marabotto; Giuseppe Marabotto; Silvio Marabotto; interviste a A. Marzocchi e G. Marabotto cit. Torna al testo

Nota 39 Cfr. J. Girault, Les Italiens du Var, cit., pp. 261-268; F. Ramella, Reti sociali, famiglie e strategie migratorie, in P. Bevilacqua, A. De Clementi, E. Franzina, Storia dell’emigrazione italiana, vol. 1, cit., pp. 143-160; M. C. Blanc-Chaléard, Les italiens dans l’est parisien, cit., pp. 385-439, 441-451; R. Schor, L’opinion française et les étrangers 1919-1939, Publications de la Sorbonne, Paris 1985; E. Vial, In Francia, cit., pp. 140-141. Torna al testo

Nota 40 ACS, CPC, b. 3262, fascc. Leone Michelangeli; Giovanni Michelangeli; archivio E. Miniati, interviste di Emanuela Miniati a A. Michelangeli, Savona primavera 2006. Torna al testo

Nota 41 ACS, CPC, b. 478, fasc. Emilia Belviso; b. 3262, fasc. Giovanni Michelangeli; b. 2532, fasc. Pietro Umberto Grillo. Torna al testo

Nota 42 Sulla figura di Pertini in esilio: A. Chiarle, Sandro Pertini, Ars graphica, Savona 1978; M. Zino, La fuga da Lipari, Nicola, Milano 1968; L. Di Vito, M. Gialdroni, Lipari 1929: fuga dal confino, Laterza, Roma-Bari 2009; R. Di Stefano, Mia cara Marion…: 1926-1949: dal carcere alla Repubblica: gli anni bui di Sandro Pertini nelle lettere alla sorella, De Ferrari, Genova 2004; V. Faggi, Il processo di Savona. Dagli atti processuali del 1927. Due tempi di Vico Faggi, Edizioni del Teatro Stabile di Genova, Genova 1965. Torna al testo

Nota 43 Giovanni Battista Pera: imprenditore antifascista, L. Editrice, Savona 2008; ACS, CPC, b. 3847, fasc. Giovanni Battista Pera. Torna al testo

Nota 44 Cfr. P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 194-210, 227-230; ACS, CPC, b. 801, fascc. Emanuele Boyancé; Emilio Boyancé; Giuseppe Boyancé; b. 1568, fasc. Lorenzo Da Bove; b. 3627, fasc. Italo Oxilia; b. 3847, fasc. Giovanni Battista Pera; b. 3881, fasc. Alessandro Pertini. Torna al testo

Nota 45 ACS, CPC, b. 3627, fasc. Italo Oxilia; b. 3847, fasc. Giovanni Battista Pera. Torna al testo

Nota 46 Les Petites Italies dans le monde, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2007 e in particolare l’introduzione di M. C. Blanc-Chaléard, pp. 13-22. Torna al testo

Nota 47 G. Barroero, Anarchismo e resistenza, cit., pp. 7-9; ACS, CPC, b. 1001, fascc. Giovanni Canepa; Giovanni Battista Enrico Guerra Canepa; Lorenzo Davide Canepa. Torna al testo

Nota 48 G. B. Canepa, Grand-mère était génoise. Récit, Edizioni del partigiano, Chiavari 1946; Id., La repubblica di Torriglia, Di Stefano, Genova 1985; ACS, CPC, b. 1001, fasc. Giovanni Battista Enrico Guerra Canepa. Torna al testo 

Nota 49 ACS, MI, DGPP, b. 9, fasc. 10. Torna al testo

Nota 50 ACS, CPC, b. 389, fasc. Bruno Bassano; b. 801, fascc. Emanuele Boyancé; Emilio Boyancé; Giuseppe Boyancé; b. 1001, fasc. Giovanni Battista Enrico Guerra Canepa; b. 3262, fasc. Giovanni Michelangeli; b. 3565, fasc. Agostino Novella; b. 3627, fasc. Italo Oxilia; b. 3847, fasc. Giovanni Battista Pera; b. 3881, fasc. Alessandro Pertini; Fondazione Gramsci Roma, Partito Comunista d’Italia, inventario 3, unità archivistica 7; ACS, MI, DGPP, b. 1, fasc. 5. Torna al testo

Nota 51 ACS, CPC, b. 745, fasc. Enrichetta Boralevi; b. 1694, fasc. Adele Ernesta Maria Dell’Isola; b. 3575, fascc. Stefano Oberti; Zaccaria Oberti; b. 4425, fasc. Giovanni Raffaele Rossetti; S. Oberti, Esilio a Parigi: 1922-1943, s.n. Torna al testo

Nota 52 R. Rainero, Raffaele Rossetti. Dall’affondamento della Viribus Unitis all’impegno antifascista, Marzorati, Settimo Milanese (MI) 1989; ACS, CPC, b. 4425, fasc. Giovanni Raffaele Rossetti. Torna al testo

Nota 53 ACS, CPC, b. 105, fasc. Giuseppe Amoretti; b. 478, fasc. Emilia Belviso; b. 1809, fasc. Vladimiro Diodati; b. 2532, fasc. Pietro Umberto Grillo; b. 3042, fasc. Teresa Benedetta Maria Marcolla; b. 3104, fasc. Martino Martini; b. 3262, fasc. Giovanni Michelangeli; b. 3565, fasc. Agostino Novella; b. 3954, fasc. Raffaele Pieragostini; b. 5151, fasc. Attilio Tonini; b. 5262, fasc. Amedeo Ugolini; sull’associazionismo comunista in esilio si veda E. Vial, L’union populaire, cit. Torna al testo

Nota 54 ACS, CPC, b. 1809, fasc. Vladimiro Diodati; archivio E. Miniati, intervista di Emanuela Miniati a Martine Martini, Genova, 4.9.2012; cfr. S. Schiapparelli, Ricordi di un fuoriuscito, Edizioni del Calendario, Milano 1971; Istituto Italiano di Cultura di Parigi, archivio Cedei, trascrizioni di interviste a immigrati italiani, intervista a Bianca Diodati. Torna al testo

Nota 55 ACS, CPC, b. 3102, fasc. Francesco Martini; b. 3104, fasc. Martino Martini; b. 3106, fasc. Tosca Martini; intervista a M. Martini cit.; F. Martini, Il sindaco, Genova 1991, s.d. Torna al testo

Nota 56 ACS, CPC, b. 4231, fascc. Adino Rasi; Enrico Rasi; b. 4232, fasc. Tintino Persio Rasi; b. 3011, fascc. Ernesto Marabotto; Giuseppe Marabotto; Silvio Marabotto; intervista a G. Marabotto cit. Torna al testo

Nota 57 ACS, CPC, b. 1694, fasc. Adele Ernesta Maria Dell’Isola. Torna al testo

Nota 58 ACS, CPC, b. 127, fasc. Filippo Antonio Anfosso; b. 165, fasc. Girolamo Aonzo; b. 1142, fasc. Antonio Silvio Casella. Torna al testo

Nota 59 ACS, CPC, b. 1694, fasc. Adele Ernesta Maria Dell’Isola. Torna al testo

Nota 60 ACS, CPC, b. 761, fasc. Caterina Borgogno; b. 2581, fascc. Celestino Ettore Guglielmi; Giovanni Guglielmi; Giuseppe Guglielmi; Oberto Guglielmi; b. 2895, fasc. Andrea Michele Maccario; b. 2896, fascc. Giuseppe Antonio Maccario; Maria Teresa Maccario. Torna al testo

Nota 61 Cfr. P. Corti, R. Schor, L’esodo frontaliero: gli italiani nella Francia meridionale, in «Recherches régionales», numéro spécial (1995); cfr. gli studi del Centre de la Méditerranée di Nizza e la sua rivista «Cahiers de la Méditerranée»; P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 445-459. Torna al testo

Nota 62 ACS, CPC, b. 105, fasc. Augusto Lodovico Amoretti; b. 127, fasc. Filippo Antonio Anfosso; b. 128, fasc. Guido Anfosso; b. 611, fascc. Andrea Biancheri; Aristide Biancheri; Ester Biancheri; Santino Biancheri; b. 761, fasc. Caterina Borgogno; b. 2581, fascc. Celestino Ettore Guglielmi; Giovanni Guglielmi; Giuseppe Guglielmi; Oberto Guglielmi; b. 2795, fasc. Giusto Antonio Liprandi; b. 2896, fasc. Giuseppe Antonio Maccario; b. 5457, fasc. Giovanni Battista Vivaldi. Torna al testo

Nota 63 ACS, CPC, b. 105, fasc. Enrico Amoretti; b. 5457, fascc. Benedetto Vivaldi; Enrico Vivaldi; b. 4741, fasc. Antonio Semeria. Torna al testo

Nota 64 ACS, CPC, b. 761, fascc. Caterina Borgogno; Palmiro Borgogno; b. 2581, fascc. Celestino Ettore Guglielmi; Giovanni Guglielmi; Giuseppe Guglielmi; Oberto Guglielmi; b. 4741, fasc. Onorato Semeria; b. 5457, fascc. Enrico Vivaldi; Giovanni Vivaldi; Giovanni Battista Vivaldi. Torna al testo

Nota 65 ACS, CPC, b. 2581, fascc. Celestino Ettore Guglielmi; Giovanni Guglielmi; Giuseppe Guglielmi; Oberto Guglielmi. Torna al testo

Nota 66 P. Milza, Voyage en Ritalie, cit., pp. 452-453. Torna al testo

Nota 67 ACS, CPC, b. 2794, fascc. Angela Liprandi; Annita Laura Liprandi; Arturo Mario Dino Antonio Liprandi; b. 2795, fascc. Giovanni Battista Liprandi; Giusto Antonio Liprandi; Liutprando Liprandi; b. 4291, fasc. Linda Revoir; b. 4794, fasc. Nino Siccardi. Sull’occupazione italiana in Francia J. L. Panicacci, L’occupation italienne. Sud-Est de la France, juin 1940-septembre 1943, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2010. Torna al testo

Nota 68 ACS, CPC, b. 105, fasc. Giuseppe Amoretti. Torna al testo

Nota 69 E. Vial, In Francia, cit., pp. 141-146; Police et migrants: France 1667-1939, Pur, Rennes 2001. Torna al testo

Nota 70 La maggior parte dei fascicoli del Cpc all’Acs si arresta tra il 1941 e il 1943. Le fonti dei ministeri degli esteri sono perlopiù statistiche. Torna al testo

Nota 71 ACS, CPC, b. 2866, fasc. Mansueto Lucherino; b. 2868, fasc. Amore Massimo Luciani; b. 2869, fascc. Francesco Luciani; Orlando Luciani; b. 3011, fascc. Ernesto Marabotto; Giuseppe Marabotto; Silvio Marabotto; b. 4043, fasc. Andrea Poggi; b. 4044, fasc. Gerolamo Andrea Poggi; b. 4045, fasc. Paolo Poggi; b. 2895, fasc. Andrea Michele Maccario; interviste a G. Marabotto, A. Marzocchi e G. Meneghini et al. cit. Sulla cultura della famiglia dei migranti cfr. i lavori di Emilio Franzina o dell’Alsp; sulla cultura degli antifascisti cfr. G. De Luna, Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana 1922-1939, Bollati Boringhieri, Torino 1995. Torna al testo

Nota 72 Interviste a G. Marabotto, M. Martini, A. Marzocchi cit. Torna al testo

Nota 73 Cfr. G. Gimelli, La Resistenza in Liguria: cronache militari e documenti, Carocci, Roma 2005; Giovanni Battista Pera, cit.; interviste a G. Marabotto, A. Michelangeli e M. Rolla cit.; N. Simonelli, Raffaele Pieragostini (1899-1945), Contributo ad una storia del partito comunista a Genova, Pci Genova, Genova 1974; Id., Agostino Novella e il Pci a Genova (1945-1947), De Ferrari, Genova 2008; R. Rainero, Raffaele Rossetti, cit.; F. Biga, “U curtu”: vita e battaglie del partigiano Mario Baldo Nino Siccardi…, Dominici, Imperia 2001. Torna al testo

Questo saggio si cita: E. Miniati, Antifascisti liguri in Francia. Caratteristiche e percorsi del fuoriuscissimo regionale, in «Percorsi Storici», 1 (2013) [http://www.percorsistorici.it/numeri/numero-1/titolo-e-indice/saggi/emanuela-miniati-antifascisti-liguri-in-francia-caratteristiche-e-percorsi-del-fuoriuscitismo-regionale]

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