Andrea Brazzoduro, Soldati senza causa. Memorie della guerra d’Algeria (Riccardo Caporale)
Andrea Brazzoduro, Soldati senza causa. Memorie della guerra d’Algeria, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 318
(Riccardo Caporale)
Il lavoro di Brazzoduro si occupa della memoria della guerra di Algeria, combattuta dalla Francia tra il 1954 ed il 1962. Non è un libro di storia che lavora su fonti archivistiche, ma utilizza la memoria collettiva che la guerra ha prodotto, seguendo la lezione di Maurice Halbwachs.
L’autore analizza tutti gli strumenti che la memoria utilizza per diventare il «presente del passato» nella società francese. Da un lato lascia parlare i reduci che lamentano, a tutt’oggi, una «parola confiscata», cioè la difficoltà a render pubbliche le proprie testimonianze dirette. Dall’altro, una copiosa produzione letteraria ha forse saturato il bisogno dell’oralità della memoria, anche se forse non ha reso giustizia ai combattenti, che solo nel 1974 sono stati riconosciuti come tali.
I reduci hanno utilizzato come scrigno privilegiato delle proprie memorie personali le due maggiori associazioni combattentistiche, la Fnaca e l’Ucn: questo però ha prodotto in molti casi due memorie antagoniste ed antitetiche. La Fnaca raccoglie i combattenti che vissero come una catarsi positiva il cessate il fuoco; l’Ucn invece, ancorata alla memoria continuativa delle guerre che la Francia ha combattuto, senza differenze di sorta, è formata principalmente da chi ritenne uno sbaglio l’abbandono dell’Algeria.
La lotta per la memoria pubblica tra le due associazioni non si è risolta nella discussione su quale fosse la data del “ricordo” per i caduti: per la Fnaca il 19 marzo, giorno della firma del cessate il fuoco, per l’Ucn il 16 ottobre, giorno della inumazione, nel 1977, del milite ignoto caduto in Algeria. Solo nel novembre del 2012 si è deciso, tra polemiche feroci, che la data celebrativa fosse il 19 marzo, creando una frattura forse insanabile tra le due associazioni.L’autore utilizza anche il cinema come fonte della memoria collettiva data l’importanza che riveste tra le fonti storiografiche della storia contemporanea.
Nonostante ciò che si potrebbe pensare, la produzione cinematografica dedicata alla guerra d’Algeria è copiosa sin dall’inizio. Si parte da film di propaganda per passare poi a film “engagés” della Nouvelle Vague dove la guerra, se non è il soggetto principale, allunga la propria ombra per poi diventare, negli anni seguenti al 1962, soggetto a se stante: si pensi al film Muriel di Alain Resnais del 1964. Tuttavia il cinema non riesce a suscitare quel dibattito sulla guerra che forse gli autori avrebbero auspicato e si dovrà arrivare agli anni Novanta e alla programmazione in tv per avere un risveglio della memoria. Altro fattore mnesico è il “cortocircuito”, ben analizzato dall’autore, tra la memoria oscurata di Vichy e l’Algeria. Negli anni Novanta, quando si processa Maurice Papon, solerte deportatore di ebrei assieme alla Gestapo, si ricorda che, nell’ottobre 1961, era prefetto di Parigi. Egli rispose con una violenza spropositata ad una manifestazione di algerini sostenitori del Fln, tanto che si ebbero molti i morti e diverse persone gettate nella Senna dalle forze di polizia. Le due memorie si sono sovrapposte e disvelate reciprocamente.
Nella memoria non mancano i “buchi” o le omissioni: gli algerini compaiono marginalmente in tutta la produzione mnesica e la questione della tortura spesso è marginalizzata dai reduci, che addossano ogni responsabilità ai corpi speciali, come i parà e la legione straniera.
Il lavoro di Brazzoduro è prezioso, sia perché apre una finestra su una vicenda ancora poco conosciuta di storia europea, sia perché si può utilizzare come strumento storiografico per la lettura della memoria collettiva. Il testo evidenzia come il ricordo della guerra d’Algeria abbia trovato un posto nella storia della Francia contemporanea, chiamata a confrontarsi con il suo passato coloniale.
Forse un lavoro tanto puntuale e prezioso avrebbe potuto essere arricchito dalla memoria dei coscritti figli di immigrati di prima generazione, soprattutto italiani e spagnoli: potrebbe essere in futuro un valido e originale oggetto di studio per il bravo autore.