Natalja Puzina, I campi di concentramento in Estonia durante la seconda guerra mondiale
Natalja Puzina
I campi di concentramento in Estonia durante la seconda guerra mondiale
Introduzione
L’Estonia uscì ufficialmente dall’orbita sovietica ben vent’anni fa e nel 2004 aderì all’Unione Europea e alla Nato. Ciononostante, si tende ancora ad associare la storia di questo piccolo paese baltico alla storia dell’Urss e all’ideologia comunista. Quest’associazione è facilmente comprensibile, poiché mezzo secolo di controllo da parte dell'Unione Sovietica (Nota 1) costituisce un'eredità significativa, che ha lasciato molte tracce nei Paesi baltici. Se poco si sa della storia dell'Estonia in generale, ancora meno conosciuta è la sorte di questo paese durante il periodo che più ha segnato il suo destino: la seconda guerra mondiale. Sia in Estonia sia all’estero, ad esempio, non si sa, oppure a volte si ignora, che durante il secondo conflitto mondiale gli estoni subirono, oltre a quella sovietica, anche l’occupazione nazista. Quest’ultima, durata dal 1941 al 1944, portò inevitabilmente il popolo estone a combattere accanto alla Wermacht (non di rado volontariamente). Partendo da tale premessa, lo scopo di questo contributo sarà di fare luce proprio sull’occupazione nazista in Estonia. In particolar modo, verrà messo a fuoco lo strumento di repressione attuato dai nazisti con la collaborazione della popolazione locale, ovvero, i campi di concentramento (Nota 2). Nonostante la mancanza di un’esaustiva documentazione a riguardo, è comunque possibile stilare un quadro generico e soffermarsi su alcuni dettagli che caratterizzarono il fenomeno. Ciò sarà fatto grazie alle, seppur scarse, fonti ufficiali sovietiche ed estoni, alle analisi dei ricercatori contemporanei, nonché alle testimonianze dirette dei prigionieri, riportate nei diari o nelle interviste.
L’occupazione nazista
Malgrado il patto di non-aggressione stretto con i sovietici, la Germania nazista decise di attaccare l’Urss, avanzando rapidamente verso il fronte orientale. Il 22 giugno 1941 iniziò l’operazione Barbarossa. Partendo dal sud dei Paesi baltici, già nell’ottobre dello stesso anno, le truppe tedesche completarono l’occupazione di tutta l’Estonia. L’arrivo dei nazisti comportò la totale riorganizzazione delle strutture civili e, in primis, di quelle militari. Su ordine dei nazisti fu costituito il Commissariato del Reich per il territorio orientale (Reichskommissariat Ostland), gestito dal commissario Hinrich Lohse. I cosiddetti territori orientali (Ostland), che comprendevano i Paesi baltici, più la Bielorussia, caddero sotto la giurisdizione del Ministero per i territori occupati orientali (Ostministerium), costituito il 17 luglio 1941 e gestito da Alfred Rosenberg (Nota 3). All’interno del Reichskommissariat Ostland, ogni stato aveva un proprio distretto generale (Generalbezirk), guidato dai Commissari generali nazisti (Generalkomissare). A Tallinn questo ruolo veniva ricoperto da Karl Litzmann. Allo stesso tempo, furono costituiti i cosiddetti Direttorati, ovvero le amministrazioni locali autonome (Landseigene Verwaltungen). Il Direttorato estone (Nota 4) era sottoposto al direttore Hjalmar Mäe. Tale organo di amministrazione locale fu costituito per facilitare la gestione del territorio, permettendo ai tedeschi di risparmiare le proprie risorse. Inoltre, l’autonomia concessa al Direttorato permetteva all’amministrazione locale di mantenere le proprie forze di polizia, le quali, assieme ai tedeschi, partecipavano alla cattura ed esecuzione di ebrei, zingari o estoni, questi ultimi considerati nemici e “occupanti” per i legami (veri o presunti) che avevano con i sovietici. In seguito, tali forze di polizia furono inserite all’interno della Polizia di sicurezza (Sipo (Nota 5)) estone, a sua volta suddivisa in vari dipartimenti. Un ruolo particolarmente importante era svolto dal dipartimento B IV (Polizia politica) che tra le sue competenze aveva quella di attuare la persecuzione politica delle organizzazioni religiose e degli stranieri immigrati sul territorio estone, tedeschi esclusi, di occuparsi della “questione ebraica” e, successivamente, anche dei campi di rieducazione al lavoro (Arbeitserziehungslager, AEL).
I tedeschi, per promuovere la collaborazione, scelsero una forma di governo non aggressiva, basata su di una presunta fiducia. È importante sottolineare, a tal proposito, che l’arrivo dei nazisti fu accolto positivamente in Estonia. Infatti, mossi dall’ostilità nei confronti dei sovietici e dal desiderio di vendicarsi per le deportazioni di massa del 1941 (Nota 6), gli estoni accolsero i tedeschi come dei liberatori, sperando che il loro arrivo sul territorio permettesse all’Estonia di riottenere l’indipendenza. Tale atteggiamento di collaborazione svolse un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi sociali, ideologici ed economici dei nazisti.
I campi di concentramento estoni
Com’è ben noto, l’occupazione dei territori da parte dei nazisti comportava l’attuazione della politica nazista del terrore e della repressione. Di essa facevano parte svariate tipologie di campi di concentramento che ospitavano diverse categorie di detenuti. Parlando dei campi sorti in Estonia, occorre innanzitutto precisare che non si trattava di campi di sterminio, giacché non ci furono né camere a gas, né furono svolti esperimenti sui detenuti. Si trattava, invece, di campi di concentramento dove i deportati trovavano la morte fisica e mentale: per fame o attraverso fucilazioni di massa eseguite in luoghi appartati, nel primo caso; poiché costretti a vivere in luoghi separati dal mondo esterno, sottoposti a lavori forzati e umiliazioni, nel secondo. Due erano le categorie di campi estoni. La prima comprendeva i luoghi di detenzione che, nonostante fossero sotto il controllo dei tedeschi, vennero lasciati in gestione agli estoni e, in particolar modo, dal 1942 furono gestiti dalla Sipo e SD estone. L’autonomia concessa agli estoni nella gestione di questi campi costituisce un fatto spesso ignorato o sottostimato. All’inizio, si trattava perlopiù di ex prigioni o di campi improvvisati, poi, nel 1942 alcuni di essi furono riorganizzati e ufficialmente rinominati campi di rieducazione al lavoro, AEL (Arbeitserziehungslager). Gli AEL comprendevano una struttura in cui i detenuti abitavano e lavoravano e un luogo dove avvenivano le esecuzioni appartato, spesso rappresentato da un fosso anticarro. Per quanto riguarda i prigionieri essi furono, dapprima, detenuti politici e criminali comuni e, successivamente, anche zingari ed ebrei estoni provenienti dall’estero.
La seconda categoria è quella che s’identifica nella rete dei campi di Vaivara, situata nel nord-est dell’Estonia, un sistema di campi subordinato all’Ufficio centrale economico e amministrativo delle SS (WVHA), gestito dai tedeschi. Il campo principale della rete (Stammlager) si trovava nell’omonima località di Vaivara, mentre il resto dei sottocampi (Aussenlager) (Nota 7), tanti dei quali esistettero solo per un breve periodo, era collocato nella zona circostante. Creato nel 1943, il campo di Vaivara, a differenza di quelli di rieducazione al lavoro, fu un vero e proprio campo di concentramento (Konzentrazionlager), che rientrava nell’elenco ufficiale dei campi di concentramento nazisti (Nota 8). Che utilità avrebbero potuto avere per i tedeschi dei campi del genere in un paese così piccolo?
Dal 1942, la Germania iniziò a subire delle sconfitte nelle regioni del Caucaso ricche di petrolio. Fu per questo motivo che, nel gennaio del 1943, le truppe tedesche iniziarono a ritirarsi da quei territori. L’accesso al Mar Caspio e alle fonti di petrolio era ormai precluso per la Germania nazista, la quale per coprire il proprio fabbisogno fu costretta a cercare di altri luoghi di approvvigionamento delle materie prime e individuò negli impianti di scisto bituminoso del nordest dell’Estonia una valida alternativa. Fu qui che venne impiegata la manodopera forzata, rappresentata in un primo momento dai prigionieri di guerra sovietici e, successivamente, anche degli ebrei stranieri (Nota 9).
Gli ebrei in Estonia
I prigionieri dei campi estoni costituivano, secondo l’ideologia nazionalsocialista, un “gregge subumano” (Nota 10) che minava l’ordine pubblico. Gli elementi asociali, quali zingari, scansafatiche o prostitute, e i prigionieri di guerra sovietici erano portati in campi specifici (Nota 11) per svolgere lavori forzati. A essi si aggiungevano i prigionieri politici, identificati sostanzialmente con la minoranza russa del paese – sospettata di sostenere il regime comunista o di avere legami con i prigionieri di guerra sovietici – e, infine, gli ebrei locali e stranieri.
Per quanto riguarda gli ebrei, vale la pena menzionare che la società estone non era antisemita e che le politiche razziali importate dalla Germania nazista non ebbero successo in Estonia, almeno non dal punto di vista delle loro basi razziste. Tale fallimento si dovette al fatto che in Estonia la popolazione ebraica non costituiva un grande gruppo etnico. Infatti, nel periodo tra le due guerre, la popolazione ebraica in Estonia si attestava a circa 4.500 persone, di cui la maggior parte riuscì a scappare dal paese prima dell’arrivo dei nazisti. Nonostante la mancanza di un odio a sfondo razziale, si manifestò, quello a sfondo politico e sociale. Gli estoni disprezzavano gli ebrei in quanto li associavano al precedente regime sovietico, durante il quale si riteneva essi avessero ottenuto maggiore peso politico, occupando, in alcuni casi, incarichi importanti, persino negli organi repressivi. Inoltre, storicamente, gli ebrei avevano una maggiore affinità con i russi residenti in Estonia, piuttosto che con gli estoni nativi. Per questa serie di motivi, ciò che realmente ebbe successo in Estonia fu il mito dell’ebreo-bolscevico diffuso dai nazisti. Molti degli ebrei venivano arrestati in base ai loro presunti “sentimenti ostili nei confronti del popolo estone e dello stato” o perché ritenuti sostenitori dei comunisti e, pertanto, traditori del popolo. Nei casi in cui non fosse possibile comprovare tale accusa, allora gli ebrei venivano tacciati come nemici del nuovo ordine. È sorprendente osservare come, nei casi esaminati dallo storico estone Weiss-Wendt, non ci fosse alcun riferimento all’ideologia razzista (Nota 12).
Lo scarso numero di ebrei estoni fece di questo popolo una facile preda dei nazisti. Quasi tutti gli ebrei rimasti sul territorio estone durante la guerra, infatti, furono catturati e sterminati già nella prima metà del 1941, per un totale di 980 vittime. Il raggiungimento di tale “traguardo” fece sì che l’Estonia fosse proclamata il primo paese in Europa “libero dagli ebrei” (Judenfrei) alla Conferenza di Wannsee del 1942. I dati relativi agli ebrei nei campi di concentramento negli anni successivi riguardano solo ebrei stranieri.
Il campo di Klooga
Il campo di Klooga rappresenta il simbolo di tutti i campi di concentramento in Estonia. Si trattava di una filiale dislocata della rete di Vaivara, situata nelle vicinanze di Tallinn e creata per sfruttare la manodopera degli ebrei stranieri nelle officine, in un impianto di calcestruzzo e in una segheria. Il regime di Klooga era simile a quello di altri campi della rete di Vaivara e non era particolarmente rigido. Tuttavia, non mancavano atti di violenza, perpetrati sia dai “datori di lavoro” e dai comandanti del campo, sia dai loro aguzzini. Alcuni dei deportati nei loro diari o durante gli interrogatori ad opera dei sovietici nel dopoguerra] testimoniarono che nel campo furono inflitte pesanti punizioni corporee anche per una minima infrazione. Sempre secondo tali dichiarazioni, venivano perpetrati atti di violenza nei confronti delle donne e uccisioni dei malati (Nota 13). Tuttavia, a differenza di quanto si potrebbe pensare, i deportati disponevano di tempo libero in cui avevano la possibilità di leggere i giornali tedeschi e discutere sull’andamento della guerra. Allora perché, vista la “normalità” delle condizioni dei detenuti, Klooga è diventato il simbolo di tutti i campi di concentramento estoni? La risposta sta nel fatto che Klooga fu testimone della maggiore brutalità commessa in Estonia in un solo giorno, il 19 settembre 1944, durante la liquidazione del campo.
In vista della veloce avanzata dell’Armata Rossa e dello spostamento della linea di fronte nei pressi di Tallinn, tutti i campi nel territorio estone vennero liquidati in fretta, uno dopo l’altro. Il giorno in cui fu deciso di liquidare il campo di Klooga, a una parte dei deportati fu ordinato di recarsi nei boschi a pochi chilometri dal campo, per tagliare della legna. Una volta pronta, fu intimato loro di preparare delle cataste su cui, infine, dovettero stendersi per essere fucilati e poi bruciati. Successivamente, altri deportati furono condotti nel bosco e sterminati. Anche buona parte di coloro che rimasero nel campo ad aspettare vennero uccisi, dopo esser stati raccolti nelle baracche o negli spazi aperti del campo. Una volta portate a termine le esecuzioni, il 19 settembre il campo fu abbandonato dai tedeschi e, la mattina del giorno seguente, anche dalle guardie estoni. L’armata Rossa il 24 settembre giunse al campo di Klooga, dove scoprì lo sterminio di 1.800-2.000 persone e trovò circa 80 superstiti (Nota 14).
Sebbene il numero di vittime coinvolte in questo massacro sia paragonabile a quello di alcuni campi della rete di Vaivara, Klooga fu uno dei primi campi liberati dai sovietici e le pire, con i cadaveri ancora in fiamme, ebbero un forte impatto sui soldati e sui giornalisti sovietici. Klooga ricevette un maggiore rilievo mediatico anche da parte dei giornalisti occidentali, giunti sul luogo dopo la conquista di Tallinn da parte dell’Armata Rossa. Furono proprio quei giornalisti, infatti, a essere testimoni delle prime immagini dell’Olocausto: i grandi campi di sterminio sul territorio polacco e tutti gli orrori a essi legati dovevano ancora essere scoperti.
Conclusione
Quanto riportato in questo contributo è solo una goccia nel mare, rispetto a quanto accaduto nello stesso periodo nel resto dell’Europa, ma non per questo ha meno diritto di essere ricordato. La liquidazione del campo di Klooga pose fine alla triste storia dell’occupazione nazista in Estonia, ovvero, quel periodo spesso considerato come una mera parentesi tra le due occupazioni sovietiche. Ufficialmente, in Estonia si riconosce la tragedia dei deportati nei campi estoni, condannandola assieme a coloro che la resero possibile. Ciononostante, la società e alcuni storici estoni, non attribuiscono il giusto peso a tale tragedia, di cui una fetta del popolo estone fu in parte responsabile, avendo assunto un atteggiamento di collaborazione nei confronti dei tedeschi, senza praticamente opporre resistenza. Agli occhi degli estoni, infatti, la tragedia dei deportati nei campi dell’Estonia appare inferiore rispetto a quella da loro subita durante la lunga occupazione sovietica.
Ogni anno, laddove sorgeva il campo di Klooga, si commemorano le vittime ebree dell’Estonia (Nota 15) e il 27 gennaio è riconosciuto a livello istituzionale come il giorno della memoria. Tuttavia, non va dimenticato che il dramma ebraico, pur essendo quasi l’unico a essere sotto i riflettori a livello nazionale e internazionale, costituisce solo un tassello nel mosaico delle vittime dei campi estoni. Infatti, oltre agli ebrei, morirono circa 800 zingari, 9.000 prigionieri politici e 15.000 prigionieri di guerra: cifre significative per il piccolo paese baltico, che non possono certamente essere dimenticate.
NOTE:
Nota 1 L’Estonia subì due occupazioni sovietiche, la prima dal 1940 al1941 in seguito al patto Molotov-Ribbentrop, e la seconda, dal 1944 al 1991. Torna al testo
Nota 2 Questo articolo è un estratto dalla tesi di laurea I campi di concentramento in Estonia durante la seconda guerra mondiale. Un pezzo di storia sconosciuto da me presentata presso la Scuola di Lingue e letterature, traduzione e interpretazione campus di Forlì, Università degli Studi di Bologna, nell'anno accademico 2013-2014, relatore prof. M. Maggiorani, correlatore prof.ssa S. Slavkova. Torna al testo
Nota 3 Rosenberg era un tedesco baltico nato e cresciuto a Tallinn. Rosenberg fu noto per le sue idee antisemite che lo avevano portato già nel 1919 a concepire una teoria su un complotto mondiale giudaico-bolscevico-massonico. Torna al testo
Nota 4 Nonostante il Direttorato non godesse di una piena libertà d’azione, le sue competenze venivano esercitate in modo indipendente rispetto alle autorità tedesche e in conformità con le leggi della Repubblica estone, a meno che non ci fossero delle riserve o normative speciali imposte dal comando tedesco. Torna al testo
Nota 5 La Polizia di sicurezza e SD (Sipo e SD) in Estonia creata nel 1942 fu costituita da due uffici paralleli: la Sipo tedesca (detta anche gruppo A) e la Sipo estone (detta anche gruppo B), subordinati al Capo della Polizia di sicurezza e SD in Estonia e che erano formalmente sotto la giurisdizione del Capo dell'Amministrazione locale, Hjalmar Mäe. Torna al testo
Nota 6 Va ricordato che almeno l’1% della popolazione fu soggetto alle prime deportazioni sovietiche (circa 10.000 persone). Torna al testo
Nota 7 Si trattava di circa 22 sottocapi. Torna al testo
Nota 8 M. Maripuu, R. Västrik , Prison camps in Estonia 1941-1944, inEstonia 1940–1945. Reports of the Estonian International Commission for the Investigation of Crimes Against Humanity, Tallinn 2006, p. 680. Torna al testo
Nota 9 M. Maripuu, Soviet prisoners of war in Estonia in 1941-1944, in Estonia 1940–1945, cit., pp. 764-765. Torna al testo
Nota 10 V. E. Giuntella, Il Nazismo e i lager, Studium, Roma 2008, p. 53. Torna al testo
Nota 11 In Estonia ci furono due categorie dei campi per i prigionieri di guerra: gli Stalag e i Dulag, subordinati al Comandante delle retrovie del Gruppo di armate nord e alle imprese che sfruttavano la loro manodopera: le tedesche Baltöl e l’Organizzazione Todt. Torna al testo
Nota 12 A. Weiss- Wendt è uno storico e ricercatore estone che ha dedicato i suoi lavori all’Olocausto in Estonia nonché allo sterminio degli zingari estoni. Vedi A.Weiss-Wendt,“Еврейские папки” inУбийство без ненависти, Syracuse University Press, Syracuse-New York 2009, p. 2. Torna al testo
Nota 13 Testimonianza di Seintraun, studente dell’Università di Vilnius, che fu deportato a Klooga. Vedi V. S. Grossman, I. Erenburg, Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici, 1941-1945, a cura di Arno Lustiger, Milano, Mondadori, 1999, p. 632 e Сборник архивных документов, Эстония. Кровавыйследнацизма. 1941-1944, Европа, Mosca 2006, pp. 64, 85. Torna al testo
Nota 14 Vedi A. Weiss-Wendt, Murder without hatred: Estonians and the Holocaust, Syracuse, Syracuse University Press, 2009, p. 318. Torna al testo
Nota 15 Oggigiorno si conoscono i nomi di 980 vittime tra gli ebrei locali, mentre il numero degli ebrei stranieri sterminati in Estonia oscilla tra 10.000 e 20.000. Torna al testo
Questo contributo si cita: N. Puzina, I campi di concentramento in Estonia durante la seconda guerra mondiale, in «Percorsi Storici», 3 (2015) [www.percorsistorici.it]
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