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Il saggio espone i risultati della ricerca di tesi dell’autrice sul percorso di Renato Tartarotti all’interno delle forze armate della Repubblica sociale italiana e sulla nascita e l’operato della Compagnia autonoma speciale, da lui comandata, tra il settembre 1943 e l’ottobre 1944. Sull’onda dell’escalation di violenza di quei mesi la Compagnia realizzò numerose azioni ai danni della popolazione e dei partigiani compiendo arresti, torture, fucilazioni sommarie ma anche rapine aggravate, requisizioni e perquisizioni. Teatro delle azioni fu la città di Bologna. Al termine della guerra i processi punirono duramente solo Tartarotti, l’unico in città la cui sentenza di morte fu realmente eseguita. Attraverso lo studio del fondo della Corte d’Assise straordinaria di Bologna, tuttavia, si delinea un quadro ben più complesso, in cui emergono sia la figura cruciale e carismatica di Tartarotti sia l’importanza di quanti, in qualità di suoi sottoposti o superiori, fornirono un apporto decisivo e fondamentale alle azioni del capitano e della compagnia.

Parole chiave: Bologna, 1943-1945, Resistenza, polizia, Renato Tartarotti

Abstract - Marco Torello, Tra antimilitarismo e antifascismo: i sovversivi bolognesi visti attraverso i fascicoli della Questura tra il 1918 e il 1922

Nel corso dei primi anni del Novecento la Questura di Bologna iscrive nel novero dei sovversivi un numero considerevole di individui, ritenuti colpevoli di aver attentato alla stabilità politica delle istituzioni con attività di tipo eversivo. Tra il 1918 e il 1922 sono circa 598 gli uomini e le donne considerati pericolosi per la sicurezza dello Stato. Persone di età, provenienze, professioni e ideologie profondamente diverse tra loro, accomunati dalla ingerente presenza delle forze dell’ordine nel loro vissuto quotidiano. Tale presenza può essere oggi analizzata grazie ai fascicoli del fondo “Gabinetto di Questura” serie IV 305bis “Persone pericolose per la sicurezza dello Stato” in modo da ottenere sia un profilo ideale del sovversivismo tra la fine della prima guerra mondiale e l’avvento del fascismo, sia un’analisi dell’evoluzione dell’atteggiamento delle forze dell’ordine (e delle istituzioni) nei confronti degli stessi sovversivi.

Parole chiave: sovversivi; Bologna; 1918-1922; antimilitarismo; antifascisti; polizia

L’autrice affronta la storia della nascita e del funzionamento della Corte d’Assise nell’Italia postunitaria e si concentra sulla Corte bolognese attraverso lo studio delle carte conservate presso l’Archivio di Stato di Bologna. L’analisi mette in luce il carattere della Corte come apparato di repressione del dissenso rispetto all’ordine costituito, come strumento con cui lo Stato intendeva punire quei comportamenti giudicati pericolosi per la propria sicurezza, già sottoposti a controllo attraverso gli apparati di polizia. Nel caso dei procedimenti per reati di natura politica sottoposti a giudizio dell’Assise di Bologna si assiste a un andamento variegato con picchi negli anni che precedono e seguono la prima guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra per la punizione dei reati di collaborazionismo e con curiosi cali negli anni delle leggi eccezionali di fine Ottocento e nel periodo fascista, quando all’attività della magistratura ordinaria si preferì anteporre altre pratiche di repressione del dissenso esercitate dalle strutture di polizia, da tribunali militari o da tribunali speciali.


Parole chiave: Corte d’Assise, reati politici, codice penale, archivi, repressione del dissenso

Le fonti di polizia consentono di ricostruire l’universo del socialismo di epoca liberale a Bologna, dove tra il 1872 al 1913 vengono schedati 700 socialisti, per lo più appartenenti alle classi sociali più umili. Tra i soprusi subiti per opera della polizia, comune era l’esperienza del carcere. La strategia dello Stato liberale era quella di declassare l’opposizione politica a delinquenza comune, adoperando i delitti contro l’ordine pubblico che, senza connotare politicamente i reati, colpivano con efficacia le libertà di pensiero e di espressione. Il contributo più originale della fonte sta nella possibilità di indagare le categorie interpretative e l’universo mentale degli agenti di Pubblica sicurezza che giudicavano sulla pericolosità dei socialisti: ad essere temuta era la capacità di partecipazione alla vita pubblica, e per questo si voleva imporre uno stile di vita in cui prevalesse l’ambito privato. Vengono così delineati i luoghi comuni sul socialista “medio”, con attenzione al carattere di ambiguità proprio di ogni pregiudizio, compreso quello circa la subordinarietà della donna.

Parole chiave: socialismo, Stato liberale (1872-1913), ordine pubblico, Pubblica sicurezza, donna

Il testo prende in esame il fondo del casellario politico della Questura di Bologna conservato presso l’Archivio di Stato di Bologna, analizzandolo sotto i profili quantitativo, qualitativo e cronologico. L’autore, nell’interrogarsi sulle motivazioni storico-politiche delle variazioni nel numero dei fascicoli e nelle tipologie dei sovversivi controllati, evidenzia come la prassi della schedatura di polizia, nata prima del fascismo, conobbe la sua massima espansione negli anni della dittatura mussoliniana, per poi proseguire, in misura via via ridotta, in età repubblicana fino agli anni Ottanta del Novecento.


Parole chiave: 1872-1983; sovversivi; fascismo; casellario politico di Bologna; archivi

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