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Paola Zagatti

Scordiamoci la didattica laboratoriale

 

Nelle aule italiane si stanno diffondendo con discreta velocità le Lim, acronimo per Lavagna interattiva multimediale.

            Apparentemente si tratta di un semplice potenziamento della dotazione informatica degli istituti scolastici, iniziata negli anni ’90 del secolo scorso con i laboratori informatici. In realtà, rispetto a questi, si tratta di un radicale cambiamento di rotta nel campo della didattica. Cercherò di spiegare il perché cominciando dall’oggetto Lim. Per chi ancora non le conosca, le lavagne multimediali consistono in uno schermo ampio almeno quanto una lavagna tradizionale, ma di spessore maggiore, e in un proiettore. Questi due elementi sono connessi ad un normale computer. Si tratta quindi a tutti gli effetti di periferiche del computer. Lo schermo, grande, permette di mostrare contemporaneamente all’intera classe, qualunque sia il numero degli alunni, ciò che è possibile vedere sullo schermo di un computer, dal dvd al pdf, dalla presentazione in powerpoint a un testo su word, dal video di Youtube al sito del Louvre (di qui l’aggettivo “multimediale” riferito alla nuova lavagna). Bello, ma qual è la differenza fra una Lim e il ben più economico videoproiettore? Fin qui nessuna, ma non dobbiamo dimenticare che sempre di lavagna si tratta, ed è in questa funzione che consiste la differenza: le Lim sono vendute insieme a un software che permette di scrivere e disegnare sulla sua superficie mediante una penna speciale oppure con le dita, di usare i colori, di costruire disegni geometrici, di importare testi o immagini e di modificarli a proprio piacimento, di memorizzare il lavoro fatto in appositi file. Bello, e non c’è bisogno di sottolineare le differenze fra questa e la vecchia lavagna nera di ardesia, se non il prezzo (costo dell’intera apparecchiatura Lim vs costo dei gessetti, perché attualmente anche la più disastrata delle aule italiane contiene almeno una lavagna di tipo tradizionale) e il fatto che, qualsiasi uso se ne voglia fare, anche mostrare come si scrive la b maiuscola corsiva, adoperare la Lim comporta l’accensione di un computer e di due periferiche con i relativi consumi energetici.

            Che cosa è invece un laboratorio informatico? È un’aula, diversa da quella di classe, dotata di un certo numero di computer in rete tra loro e connessi a internet. In genere possiede anche un sistema (uno dei più diffusi in ambito bolognese è Alice) attraverso il quale un computer detto “docente” può accedere direttamente a tutti i computer dell’aula, contemporaneamente o a uno in particolare, interagendo con essi o inviando a tutti il medesimo input.

            Gli alunni della classe che accede al laboratorio hanno quindi a disposizione un certo numero di computer dotati di tastiera, mouse e generalmente sistema audio, da utilizzare da soli nei rari casi in cui il numero degli alunni sia pari a quello dei computer a disposizione, più frequentemente in coppia, nei casi più sfortunati in tre o quattro per postazione.

            L’insegnante può utilizzare l’aula in vari modi: per far comporre testi, costruire presentazioni, effettuare ricerche, eseguire esercitazioni, impostare contatti fra scuole diverse afferenti al medesimo progetto (numerosi progetti di scrittura creativa sono stati sviluppati utilizzando la rete) o anche per mostrare a tutta la classe contemporaneamente file video, testi, immagini, ecc. attraverso programmi come il citato Alice. Ed è solo quest’ultima modalità d’uso, quella passiva, che fa somigliare l’aula informatica a quella dotata di Lim. Tutti gli altri usi dell’aula di - o laboratorio di - informatica se ne distinguono in modo sostanziale, poiché mettono in grado gli alunni di lavorare in prima persona con lo strumento che hanno a disposizione e di arrivare autonomamente a un risultato finale, personale o di gruppo, che non è la ricezione di contenuti trasmessi dall’insegnante ma qualcosa di nuovo costruito dall’attività degli alunni. Nel laboratorio il ruolo dell’insegnante è quello di fornire l’impulso di partenza per il percorso che l’alunno si costruirà autonomamente, mentre il numero di alunni in attività agisce come moltiplicatore delle esperienze.Al termine del lavoro sarà infatti possibile confrontare i diversi percorsi e le diverse conclusioni, con la dimostrazione delle varie possibili modalità di sviluppo di uno stesso input. Ogni alunno avrà quindi avuto modo di sperimentare un’attività e si arricchirà anche delle esperienze degli altri.

            Durante il passato anno scolastico nella scuola secondaria di primo grado della cintura bolognese dove insegno mi è capitato di utilizzare il laboratorio informatico in modo singolarmente produttivo. Ho lavorato con una classe terza e l’esperienza si è svolta in collaborazione con l’associazione Mappe urbane (http://mappe-urbane.org) e l’Istituto Gramsci Emilia-Romagna. Partecipavano al progetto, denominato Le vie della memoria: itinerari a Bologna tra storia ed emozioni, altre tre scuole bolognesi ma, a differenza della mia, si trattava di secondarie di secondo grado.

            Motore del lavoro era il geoblog Percorsi emotivi (http://percorsi-emotivi.com), sito relativo alla città di Bologna e ai suoi luoghi posto in essere dal Laboratorio Mappe Urbane, uno dei gruppi di ricerca attivi all’interno della Fondazione Istituto Gramsci Emila-Romagna. Il sito mette a disposizione una mappa di Bologna alla quale chiunque voglia scrivere qualcosa su di un qualsiasi luogo della città può apporre il proprio post, che sarà contraddistinto da un simbolo diverso a seconda dell’emozione che quel luogo suscita in lei/lui.

            Utilizzando il laboratorio informatico, agli alunni è stato inizialmente presentato il sito, sul quale si sono liberamente esercitati nell’apporre post sui luoghi che preferivano. Ognuno poteva postare una o più “emozioni”, elaborando il testo come preferiva. Dopo questa prima fase conoscitiva di un luogo virtuale, si è passati alla fase due: gli alunni si sono recati realmente, e autonomamente, dopo la scuola, ad osservare tre monumenti ai caduti della Resistenza del loro circondario, indicati da chi scrive. Il compito consisteva nell’individuare il monumento, osservarlo e trascrivere i nomi dei partigiani che comparivano su di essi. Ogni alunno ha visitato un solo monumento, quello più vicino alla sua abitazione.

            La fase successiva si è svolta di nuovo nel laboratorio informatico. Ogni alunno ha individuato sulla mappa del geoblog il luogo del monumento visitato e vi ha apposto, mettendo a frutto le abilità apprese la volta precedente, le sue impressioni, spesso improntate alla meraviglia («C’ero passato davanti tante volte ma non l’avevo mai notato!»)

            Come ulteriore passo ad ogni alunno è stato affidato il compito di scoprire, via web, a chi appartenesse il nome di uno dei caduti. Attraverso i siti della memoria disponibili sulla Resistenza bolognese, come ad esempio il Dizionario biografico online. Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese: 1919-1945, a cura di Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri (http://www.comune.bologna.it/iperbole/isrebo/strumenti/strumenti.php) e il sito del museo virtuale della Certosa di Bologna (http://certosa.cup2000.it/2/index.php), ogni alunno ha potuto apprendere e trascrivere la biografia di uno dei partigiani caduti e le informazioni sulle circostanze della sua morte.

            A questo punto del lavoro, che si è svolto nel periodo in cui nel corso di storia venivano trattate la Seconda guerra mondiale e la Resistenza, l’attività curricolare e il laboratorio hanno incrociato un’ulteriore attività, prevista, indipendentemente dalle altre, fin dall’inizio dell’anno: l’incontro della classe con un ex partigiano del luogo (tutti gli anni l’ANPI locale organizza questo incontro con le classi terze della scuola secondaria di primo grado).

            È stata questa la circostanza in cui l’esperienza ha raggiunto - senza che ciò fosse preordinato -  il suo culmine: gli alunni infatti, dopo aver ascoltato il racconto del testimone, gli hanno chiesto, nome per nome, se conoscesse le persone di cui avevano in mano la vicenda biografica. Trattandosi nella maggior parte dei casi di persone del luogo, il testimone, entusiasta delle conoscenze già in possesso dei ragazzi, ha potuto in molti casi rispondere affermativamente ed aggiungere ulteriori particolari sulla vita e sulla personalità dei caduti, arricchendone le figure soprattutto dal lato umano («Correva in bicicletta»; «Era bravissimo a giocare a calcio»). Al termine dell’incontro ogni alunno singolarmente e la classe nel suo complesso avevano sperimentato come segni sul territorio, storia e testimonianza viva siano legati da un orizzonte di senso che non li esclude, ma anzi appartiene a ciascuno.

            Questo a mio parere è un uso delle nuove tecnologie che arricchisce effettivamente le possibilità didattiche dell’insegnante, che le utilizza per uno scopo preciso e non perché «Ci sono e quindi vanno usate» (Nota 1). Gli insegnanti vengono spesso tacciati di inadeguatezza, di non essere “al passo coi tempi”. Ma per essere al passo con i tempi devono forse rinunciare alle proprie capacità critiche e non denunciare che ciò che talvolta viene propagandato come innovazione - le Lim - non è altro che la riproposizione della vecchia lezione frontale, con il digitale al posto dell’ardesia? Non dico che la Lim non possa essere utile, perché di lezioni frontali si fa ancora ampio uso e le classi sono sempre più numerose e qualcosa che le incanti sarà sempre utile, ma desidererei che a fianco degli stanziamenti per l’acquisto di questi strumenti almeno altrettanti ne venissero fatti per il mantenimento e potenziamento degli ormai obsolescenti - loro sì - laboratori informatici.   

 

NOTE

Nota 1 Su questo punto si veda l’illuminante intervista di Marina Boscaino ad Antonio Calvani, ordinario di Metodi e Tecnologie educative, in «Pubblico giornale», 22 dicembre 2012, p. 8. Torna al testo

 

Questo contributo si cita: P. Zagatti, Scordiamoci la didattica laboratoriste, in «Percorsi Storici», 1 (2013) [http://www.percorsistorici.it/numeri/numero-1/titolo-e-indice/rubriche/paola-zagatti-scordiamoci-la-didattica-laboratoriale]

Questo contributo è coperto da licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia

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